Uomini: non siamo più all’età della pietra. Siete responsabili dei figli non nati, degli aborti e degli infanticidi quasi quanto le donne che li compiono.

 

 

 

ACCADEMIA DEI PARMENIDEI
UFFICIO STAMPA

 

Alessia Pifferi, la madre di Diana, la bimba morta di stenti a diciotto mesi, ha lasciato la piccola abbandonata per giorni, da sola, a casa. Il padre della povera Diana pare sia un modesto imprenditore di Ponte Lambro. Che abbia o no saputo che i suoi “trasporti sessuali” avessero dato luogo a una nascita (indesiderata?), non sappiamo. Forse Alessia ha deciso di non dirglielo. Forse.

Chiara Petrolini è la madre dei neonati trovati morti nel giardino della sua abitazione a Vignale di Traversetolo (Parma). Forse andrà in carcere. La nonna dei bambini mai nati (che, effettivamente, deve vivere momenti di tristezza), non sapeva nulla di quello che accadeva al figlio, ora ex fidanzato che dice: “Devo ancora metabolizzare la notizia”. Qualcuno lo definisce “il fidanzatino”. Però, per favore: diamo il peso alle parole. Dice ancora: “Vorrei che il primo figlio, nato il 12 maggio 2023, si chiamasse Domenico, perché è il nome del mio migliore amico. Il secondo, invece, Angelo. Perché grazie a questo bimbo, ritrovato per primo sotto la terra del giardino abbiamo scoperto tutto questo orrore. È il nostro angelo”: 

Certo: la colpa è della madre. Indiscusso. Ma il “fidanzatino” aveva rapporti sessuali evidentemente non protetti con una donna. Era certo che “ci pensasse lei?”. Chi glielo assicurava? Se ci avesse pensato lui con i preservativi sarebbe stato meglio. Quei due “angioletti” non ci sarebbero stati e Chiara Petrolini non avrebbe dovuto/potuto/voluto ucciderli.

Oggi gli uomini devono rendersi conto che non viviamo più “nell’età della pietra”. Riprodursi era l’atto più naturale e privo di necessità razionali che esistesse. E nessuno, tanto meno i primi ominidi, sapeva di essere genitori. Ci volle tempo perché si scoprisse il legame tra rapporto sessuale e procreazione in quanto tra il concepimento e il parto c’era un lungo lasso di tempo e non si evidenziava una loro qualsiasi relazione. Per millenni, quindi, gli esseri umani non seppero che fosse il maschio a fecondare la donna, la quale sembrava dunque essere l’unica titolare della capacità di procreare. L’uomo era meritevole nel provvedere al nutrimento e alla difesa del gruppo, però era la donna che metteva al mondo nuove creature per cui occupava un ruolo di primaria, indiscussa importanza. Quasi una divinità, come testimoniano le statuine che la ritraggono: grosse mammelle, grosso ventre come la Venere di Hohle Fels, la statuina paleolitica scolpita nell’avorio di un mammut, lunga appena sei centimetri, ritrovata nella grotta di Hohle Fels, nei pressi di Schelklingen, in Germania, nel 2008, che risale a 35.000 anni fa, agli inizi del periodo Aurignaziano. In media, una donna nel Neolitico metteva al mondo tra gli otto e i dieci figli. Non stupisce: l’hanno fatto per secoli successivi molte donne, anche nostre nonne e in qualsiasi ruolo: Maria Carolina d’Asburgo Lorena, moglie di Ferdinando IV di Napoli, III di Sicilia, nell’arco di ventuno anni diede alla luce diciotto figli. Col primo aveva vent’anni.

In Italia viviamo il calo delle nascite e l’aumento dei morti. Siamo al minimo storico, secondo Istat, dopo il 1860.

Ma oggi non siamo più considerate divinità. E le donne sono cambiate.

Esistono specie, come i polpi, i quali, sebbene siano molto intelligenti e dotati di superpoteri come cambiare colore e rigenerare gli arti, subiscono (se femmine) una morte tragica: dopo avere deposto una covata di uova, smettono di mangiare e deperiscono a tal punto che quando le uova si schiudono, sono già morte. Quindi per gli infanticidi non possiamo accusarci di essere “animali”. Non offendiamoli.

Dal 1978, in base alla legge 194 in Italia la donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi novanta giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Questo intervento è regolato dalla Legge 194/78, che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza.

5,8 aborti volontari ogni 1.000 donne in Italia nel 2021. Con 182 procedure di aborto medico ogni 1000 nati, l’Italia ha uno dei tassi di aborto più bassi d’Europa. La legge dovrebbe garantire libero accesso all’aborto chirurgico o farmacologico, benché in Italia esistano tanti e indicativi vincoli e limitazioni, come per esempio l’alto numero di obiettori di coscienza tra ginecologi (media nazionale del 63%, con picchi dell’80% in alcune regioni), medici di base e farmacisti. Ci si mette anche il Papa: Aborto: ‘I medici che lo praticano sono dei sicari”. Fortunatamente apre sulla pillola, “Un’altra cosa sono gli anticoncezionali”, per i qiali, ai miei tempi (sono del1949), occorreva confessarsi.

La legge 194, in ogni caso individua nella donna l’unica titolare del diritto all’interruzione volontaria della gravidanza

Domanda: “Il padre può opporsi al diritto della madre di abortire?”

Risposta: La scelta ultima di abortire resta, nel nostro ordinamento, una prerogativa della donna, senza che a essa il padre del concepito possa opporsi.

Ecco una ragione in più perché l’uomo, il maschio, si renda responsabile nel rapporto. Se non vuole figli, si deve assicurare lui stesso per non averne. Se li vuole, deve essere certo che la propria compagna sia d’accordo. Così da non trovarsi il “vedovo” (non esiste in italiano una parola per definire chi ha perso un figlio),o l’orfano di due bambini seppelliti in un giardino o di una bimba di diciotto mesi lasciata morire di fame e di sete.

Forse le mamme dei figli maschi devono educarli in merito.

Veniamo a quelli che non nascono: In altri paesi la legge sull’aborto consente l’interruzione volontaria di gravidanza anche oltre le 12 settimane. Per esempio: Austria, Aborto fino a 14 settimane

Francia: Aborto fino a 14 settimane; Spagna, Aborto fino a 22 settimane; Olanda, Aborto fino a 23 settimane; Inghilterra, Aborto fino a 24 settimane; Romania,Aborto fino a 14 settimane; Svezia; Aborto fino a 18 settimane. È utile ricordare che un feto è definito “a termine” quello il cui parto avviene tra le 37 e le 41 settimane. Pretermine (o parto prematuro) quella in cui il parto avviene prima delle 37 settimane. Estremamente pretermine, prima della 28^ settimana di gestazione. Tanti bambini pretermine nascono e vivono una vita normale.

Leggo: “Otto anni fa da oggi è nato Iver.

Mia moglie, Robyn, il cui cervello aveva smesso di funzionare, ma il cui corpo e il cui cuore avevano tenuto in vita Iver per le settimane 22-28 della sua gravidanza, sarebbe stata staccata dal supporto vitale.

Le 5 ore tra l’incontro con Iver e il momento di addio a Robyn sono stati i momenti più difficili della mia vita. Ho perso mia moglie, ma mi è stato dato il dono di diventare padre del mio piccolo uomo miracoloso.

Iver è nato con un peso di 2 libbre e 13 once (un chilo e 277), e abbiamo trascorso le successive 12 settimane in TIN prima che tornassi a casa con lui.

Oggi ha 8 anni. È incredibilmente intelligente, divertente, premuroso, estroverso, amorevole, premuroso, avventuroso e gentile. Sono grato per ogni giorno trascorso con questo meraviglioso bambino e per il dono di essere suo padre.

Buon compleanno, Iver.”

Meditate maschi, meditate.

Bianca Fasano, giornalista e scrittrice.

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