Perché gli infanticidi oggi? “L’onere dell’onore” attraversa i secoli e le legislazioni?

ACCADEMIA DEI PARMENIDEI

UFFICIO STAMPA

 

Perché gli infanticidi oggi? “L’onere dell’onore” attraversa i secoli e le legislazioni?

Restiamo allibiti e sconcertati, come se ci trovassimo di fronte ad un’enormità sociale inspiegabile e nuova nel tempo (nuova purtroppo non è), quando ci rendiamo conto che una ragazza “per bene”, che vive in una famiglia all’apparenza organica, sia capace di azioni terribili: avere rapporti sessuali non protetti e, a “causa” di ciò, partorire un figlio una prima volta (il 12 maggio 2023), e quindi una seconda volta, il 7 agosto, senza che nessuno (?) sapesse che fosse incinta, farlo nascere da sola (dopo essersi informata sul Web sulle modalità del parto di un secondogenito), quindi lasciare che muoia (dissanguato dal cordone ombelicale, il secondo ?) e seppellire i bambini in anni successivi, nel giardino di casa, in modo neanche troppo accurato, visto che il secondo corpicino era stato coperto soltanto da un sottile strato di terra per cui è stato poi trovato da un cane pochi giorni dopo. A vederlo la nonna della ragazza, cui era stata affidata la casa e la cura dei cani. Questa, dando loro il cibo, si è meravigliata dell’attenzione di questi ultimi, rivolta verso un punto del giardino. Lì, la povera donna, davvero sarà restata senza fiato nel notare il corpo di un neonato, in posizione fetale e con ancora il cordone ombelicale attaccato. Accanto al piccolo ha poi scoperto un asciugamano giallo e un sacchetto biodegradabile.

La logica porta a pensare che sia stato disseppellito dai cani, in quanto vicino a un’aiuola c’era una buca poco profonda. 

Sì: orrore.

Personalmente “precipito” nel ricordo di un infanticidio del passato, di cui mi sono occupata studiando un documento originale che lo riporta: la lettura in chiave umana e legale di una storia che riguarda una donna cilentana, che risale a 149 anni fa: “De Marco Marinella uccise davvero il figlio? Dallo scritto in nostro possesso non si evince. La freddezza dimostrata dalla donna nell’indicare il luogo in cui la creaturina era stata abbandonata (viva o morta? Nata viva o nata morta?) non basta a chiarire gli eventi. Occorre così poco per fermare il respiro di un piccolo essere venuto al mondo in circostanze sfortunate e difficili già di per se stesse… Una sentenza della Corte di cassazione a tale proposito precisava[3]«La vitalità dell’infante non è un estremo del reato d’infanticidio, il quale giuridicamente esiste, purché l’infante ucciso fosse nato vivo»”1

Già: nato vivo o morto fa la differenza e la farà anche per il caso di Chiara (mi limito al nome), che in questi giorni sta riempiendo le cronache.

Dovremmo appigliarci all’attuale formulazione dell’art. 578, però non sembra più adatto a formulare una sorta di “comprensione morale e legale”, verso la donna che commette l’infanticidio: non riscontriamo la totale mancanza di assistenza pubblica e sanitaria, non ritroviamo l’abbandono invocato dalla norma, che diverrebbe ipotesi del tutto eccezionale; dove prevedere in Chiara una vulnerabilità dal punto di vista psicologico nell’imminenza del parto a causa dell’abbandono morale dei genitori o del padre del bambino? E neanche la scusa il salvare “l’onore”, dopo l’emanazione della legge n. 442 del 1981, con la quale si è deciso di sopprimere in maniera risolutiva appunto, la causa d’onore. L’art 578 ha attribuito maggiore rilevanza giuridica al disagio sociale, allo svantaggio economico, ad uno stato di emarginazione, di miseria, di solitudine e isolamento, alla carenza di aiuti e clandestinità al momento del parto.

Ma a questo punto viene fatto di pensare a come si sia potuto sentire “il padre biologico” di quei bambini, che oggi ne richiede la paternità legale. Viene fatto di chiedersi che “potere” avrebbe avuto, anche sapendolo in anticipo, qual ora Chiara gli avesse chiarito di volere abortire: parrebbe nessuno. La legge 194 individua nella donna l’unica titolare del diritto all’interruzione volontaria della gravidanza

“Il padre può opporsi al diritto della madre di abortire?” La risposta è: “La scelta ultima di abortire resta, nel nostro ordinamento, una prerogativa della donna, senza che ad essa il padre del concepito possa opporsi.

A questo punto viene fatto di dirsi che l’uomo che ha un rapporto sessuale con una donna, che sia sporadico o, tanto di più, in una relazione solida, da fidanzato, da convivente e persino da coniuge, oggi abbia l’obbligo morale di fare sì che la donna non rischi una gravidanza. Che chieda e si assicuri (qual ora il figlio non sia desiderato), che la compagna sessuale usi un mezzo anticoncezionale o, meglio, lo usi su se stesso. Soltanto in questo modo potrà evitare di trovarsi in una situazione scomoda e straziante come quella che sta vivendo oggi il fidanzato (ex), di Chiara.

L’ultimo rapporto aggiornato sugli infanticidi in Italia pubblicato dall’Eures ci dice che dal 2000 al 2014 sono stati 379 i bambini uccisi da un genitore nel nostro Paese. In media poco più di venticinque bambini morti ogni anno. Da allora non esistono rapporti ufficiali, ma le stime più aggiornate parlano di un numero ormai arrivato a 500 vittime.

Dal 2001 al 2008 vi sono stati cinquantotto infanticidi commessi dalle madri in sette anni, in altre parole 8,28 infanticidi l’anno. Fortunatamente il numero è sempre in declino (sono stati tre nel 2010, due nel 2011, e due nel 2012), ossia da quando è entrata in vigore la legge sul così detto parto anonimo: La legge consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’ospedale in cui è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2) affinché sia assicurata l’assistenza e anche la sua tutela giuridica. Legge che Chiara, così attenta nelle sue ricerche sul Web, avrebbe dovuto ben conoscere però pare non intendesse utilizzare, visto che i suoi bambini li partoriva “in strette fasce temporali” laddove sarebbe passata inosservata la sua assenza e per il secondo ha previsto persino una nascita farmacologicamente anticipata. Il piccolo è nato il 7 agosto 2024, poco più di un giorno prima della data prevista per il viaggio in America. C’è da chiedersi: come avrebbe partorito negli Stati Uniti, peraltro alla costante presenza di padre, madre e fratello? Insomma: doveva nascere prima.

Altre donne si disfanno del figlio appena nato in vari modi e i dati pubblicati dalla Sin (Società italiana di neonatologia) chiariscono che il 73% dei bambini rifiutati sembra sia figlio di donne italiane, il 27% di donne migranti. Le minorenni sono solo il 6%. Spiegano che «in Italia, ogni anno, sono circa 3mila i neonati che sono ripudiati subito dopo la nascita e, che solo 400 di loro, ogni anno, sopravvivono perché vengono lasciati negli ospedali”. I bambini di Chiara sono stati trovati, ma di tanti si perde ogni traccia oppure vengono trovati anche questi quando ormai è troppo tardi.

Ci sarebbe ben altro da dire, associandoci alla questione legata all’aborto, altro tema doloroso sul quale riportiamo soltanto un intervento di Maria Rachele 

Ruiu, Membro del consiglio direttivo presso Pro Vita e Famiglia Onlus: “L’aborto oltre la 12sima settimana è vietato a meno che al figlio non sia, per esempio, rilevata la presenza della sindrome di Down. È inquietante e discriminatoria una società che permette l’uccisione di una vita a causa di una sua condizione”. 

Concludiamo, invece, con la classificazione del figlicidio proposta da Resnick nel 1969, a seguito di una ricerca effettuata fra il 1951 e il 1967 su figlicidio per mano di madre, basata su cause e motivazioni del delitto.

Resnick propone cinque categorie:2

  1. Nel figlicidio altruistico, uccidendo il figlio, la madre intenderebbe salvarlo dalle sofferenze e dalla rovina imminente causata dalla propria inadeguatezza (omicidio pietatis causa). Spesso, la madre si suicida dopo aver ucciso il figlio.
  2. Nel figlicidio psicotico, la madre uccide in preda ad allucinazioni.
  3. Nel figlicidio di bambino indesiderato, la madre è immatura, in fase adolescenziale, o ha avuto il figlio da una relazione extraconiugale.
  4. Il figlicidio accidentale sarebbe associato alla sindrome del bambino maltrattato. La madre ne causerebbe la morte in occasione di un gesto impulsivo, conseguente ai ricorrenti pianti o alle urla del bambino. Spesso queste madri sono ignorate dal partner, affetti da disturbi di personalità, irritabilità, comportamento impulsivo e hanno subìto violenza da piccole.
  5. Nel figlicidio per vendetta sul coniuge, la madre uccide il figlio per risentimento riguardo a un torto – vero o presunto – che ha subìto da parte del marito.

Potremmo forse ascrivere il caso di Chiara al numero tre? Non è certo. La legge dovrà decidere su molti punti oscuri, compresa l’eventualità che altri fossero al corrente. Per intanto insistiamo sul fatto che, visti gli orrori possibili in caso di un figlio non desiderato, il maschio, nella coppia, non si comporti come nella preistoria, ossia prima del 5000/4000 a.C, laddove, secondo Lenzen3 si giunse alla scoperta del nesso tra atto sessuale e fecondazione, e dunque, alla nascita dell’archetipo dell’autorità e all’affermazione del patriarcato.

Peccato per le donne; pare che il matriarcato si sia perduto agli albori della società: difatti Bachofen; lo studioso svizzero, sostiene di aver scoperto nella storia dell’umanità una”era ginecocratica” in cui dominava la donna e dove, il potere familiare sarebbe stato delle madri e non dei padri e il dominio politico nelle mani delle donne.

Forse è venuto il momento che ciascuno, nella coppia, si assuma le proprie responsabilità fin dal concepimento. Che, se casuale, almeno sia conosciuto e accettato da entrambi.

 

 

 

BIANCA FASANO

1 Da “Polvere di storia”. Novembre 1991, Loffredo editore. Ristampa “POLVERE DI STORIA” In appendice: “Stio tra storia e leggenda e cenni sulla Baronia di Magliano” Testo storico, sociologico e delle codificazioni. Copertina flessibile – 2 maggio 2017

2 ^ Vincenzo Mastronardi, Luana De Vita, Federica Umani Ronchi, Alcune ricerche italiane sul fenomeno del figlicidio (PDF), Il Pensiero Scientifico Editore, 2012. Da Wichipedia.

3 Lenzen D., 1994, Alla ricerca del padre, Laterza, Bari p.39

 

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