Roma, 22 giugno 2024 – La mostra Luigi Bartolini incisore rende omaggio a uno degli artisti marchigiani più complessi e interessanti del Novecento italiano, a sessant’anni dalla sua scomparsa.
Fortemente voluta dalla figlia, Luciana Bartolini, che presiede l’Archivio Luigi Bartolini, la mostra è ospitata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dal 26 giugno al 1° settembre 2024, e segue le esposizioni a lui già dedicate recentemente a Macerata (Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi) e Urbino (Palazzo Ducale).
Luigi Bartolini (Cupramontana, 1892 – Roma, 1963) è stato uno dei più importanti incisori dello scorso secolo, inesauribile sperimentatore, poliedrico ed eclettico, è stato anche pittore e critico d’arte, scrittore di poesie e prose di notevole valore letterario, tra cui Ladri di biciclette – pubblicato per l’editore romano Polin nel 1946 – suo maggior capolavoro, reso immortale da Cesare Zavattini e Vittorio De Sica nella omonima pellicola vincitrice dell’Oscar nel 1948.
Da un’idea di Vittorio Sgarbi, la mostra è curata da Alessandro Tosi – professore associato di storia dell’arte moderna all’Università di Pisa -, promossa dall’Archivio Luigi Bartolini, prodotta e organizzata da AMIA – Associazione Marchigiana Iniziative Artistiche, con il coordinamento scientifico di Stefano Tonti e Arianna Trifogli, con il sostegno della Fondazione Roma e il patrocinio della Fondazione Marche Cultura.
Artista presente al suo tempo, Bartolini divenne presto punto di riferimento per i giovani artisti e intellettuali a lui contemporanei. Fu sempre animato da un profondo tormento interiore e da una feroce tensione polemica nei confronti della realtà, che riflesse nei suoi lavori in uno stile estremamente poetico, ma inquieto, insistito e a volte brusco.
Attraverso l’osservazione delle sue suggestive acqueforti, l’esposizione alla GNAM vuole far luce sul punto centrale della riflessione bartoliniana, ossia il processo generativo dell’arte, considerato l’unico momento in cui è possibile il rivelarsi di una verità altra e più profonda, di cui l’artista cercò sempre di farsi portavoce.
“Ci vuole riflessione, meditazione lenta e partecipe, per capire un artista tanto solitario e tanto profondo, che, interpretandolo, non lascia il mondo come lo ha trovato. – dichiara Vittorio Sgarbi – Lo abbiamo rivisto nelle mostre che io ho voluto per lui, con l’amore della figlia Luciana, a Macerata, a Urbino, a Camerino, a Osimo. Le Marche gli hanno restituito quello che lui, nato a Cupramontana, ci ha dato, interpretandole nella loro profonda spiritualità. In quelle terre e’ il suo spirito. – prosegue – Ora, a Roma, la città dove ha lavorato e vissuto, si rivedono finalmente le sue incisioni nella sede più propizia, la Galleria nazionale d’arte moderna”.
“Correva dietro ai sogni, il grande artista marchigiano, fermandoli sulla carta, sulla tela e soprattutto sulla lastra – scrive in catalogo Alessandro Tosi. Nascono, da un sentimento tanto libero e potente, magistralmente espresso nelle trame chiaroscurali e tonali dell’acquaforte, strepitosi frammenti di paesaggio marchigiano, dei dintorni di Osimo, di Macerata, Camerino, Caltagirone; indimenticabili brani di genziane alpine e violette, piante grasse e vasi fioriti su balconi e davanzali; i ritratti di calabroni, scarabei, farfalle, pesci, uccelli o topolini a formare – prosegue il curatore – un’intima Wunderkammer delle cose minime, in cui ritrovare tutta la magia di una fragile conchiglia; e ancora i ricordi di passeggiate e visioni che restituiscono un suggestivo diario di affetti, amori, emozioni”.
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