AISI, ASSOCIAZIONE IMPRESE SANITARIE INDIPENDENTI.
In uno scenario del genere, la politica può e deve fare molto di più, sostenendo maggiormente quelle imprese sanitarie private che possono rappresentare una svolta, sia per alleggerire i carichi del nostro SSN, sia per contribuire ad elevare la qualità delle prestazioni, forti di tempi di attesa non certo biblici per esami e visite specialistiche, organizzazione, strumenti e competenze di non poco conto, ed in grado naturalmente di non gravare sulle tasche dei cittadini.
ROMA 11 GIU 2023 – «In un momento storico così delicato per il nostro sistema salute, dove l’obiettivo comune della politica, dei sindacati, dei professionisti responsabili delle cure e delle associazioni come la nostra che rappresentano le imprese sanitarie, può e deve essere prima di tutto la tutela della qualità delle prestazioni offerte ai cittadini, emerge sempre di più la necessità che pubblico e privato possano e debbano sostenersi l’un l’altro, allo scopo di ricreare quell’equilibrio e quelle sinergie di cui abbiamo bisogno per superare i numerosi deficit che ci attanagliano.
Riteniamo, allora, di dover richiamare l’attenzione delle istituzioni, e confidiamo di poterlo presto fare seduti ad un tavolo dove essere chiamati in causa per essere ascoltati e per prendere parte attiva ad un indispensabile piano di rilancio e ricostruzione, su quello che può essere, più che mai in tale frangente, il ruolo chiave, secondo noi, delle strutture sanitarie private».
Così esordisce Giovanni Onesti, DG di Aisi, Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti.
«La doverosa riflessione emerge dalle prime autorevoli indiscrezioni sul nuovo Piano Nazionale Cronicità: sarebbe pronto per essere licenziato dalla Direzione Generale Programmazione del Ministero della Salute.
Il quadro è a dir poco preoccupante. Accanto alle dieci patologie croniche previste dal Piano del 2016, oggetto di intesa Stato-Regioni, dagli uffici diretti dal professor Americo Cicchetti, oltre tutto ospite alla nostra recente Seconda Assemblea Nazionale, ne figurano ora altre tre per un totale di circa 7,6 milioni di potenziali nuovi pazienti: obesità (4 milioni di pazienti, molti con altre co-morbidità), endometriosi (circa 3 milioni di donne affette) ed epilessia (600 mila casi circa).
Si allarga così drammaticamente il bacino dei cronici, tenendo anche presente che sono malati cronici quasi metà dei 24 milioni di anziani italiani over 65. Ma ancora una volta, come 8 anni fa, non viene per ora menzionata alcuna copertura per garantire il diritto alla presa in carico di questi e degli altri pazienti.
Sulle patologie croniche inquadrate, quattro per l’età evolutiva e sei per gli adulti (malattia renale cronica, artriti, Crohn e coliti ulcerose, insufficienza cardiaca, Parkinson e Bpco), il Piano valuta le criticità assistenziali e indica alle Regioni obiettivi generali e specifici, linee di intervento, regole per monitorare i risultati attesi.
Ricordiamo anche che il Piano per la cronicità “uscente” non è stato certo applicato in tutte le regioni. In otto anni sono riuscite le giunte del Centro-Nord, tranne la Valle d’Aosta, le Province autonome di Trento e Bolzano, e la Liguria che però di recente ha approvato alcuni contenuti nel Piano Socio-Sanitario.
Non possiamo nasconderci, continua Onesti. L’Italia è ai primi posti in Europa per invecchiamento della popolazione e per numero effettivo di malati cronici (circa 14 milioni su 60 milioni di abitanti), nonché per livello di mortalità legato alle patologie che ne derivano, ma è anche tra i Paesi del Vecchio Continente che investono meno nel proprio sistema sanitario e con la maggiore carenza di personale ormai diventata cronica.
Dunque, investiamo molto meno di altre nazioni nel nostro Sistema Sanitario ma, sia chiaro, una popolazione con crescenti fabbisogni di cure legate all’aumento di patologie croniche è soprattutto una popolazione che costa di più in termini di spese pubbliche ad un Governo. Siamo, quindi, di fronte ad un pericolosissimo controsenso, visto che occorrono maggiori investimenti da una parte, ma dall’altra il reale rilancio economico in termini di risorse su personale e strutture latita nel vero senso della parola.
In uno scenario del genere, la politica può e deve fare molto di più, incentivando l’immagine e il sostegno di quelle strutture sanitarie private che possono rappresentare una svolta, sia per alleggerire i carichi del nostro SSN, sia per contribuire ad elevare la qualità delle prestazioni, forti di tempi di attesa non certo biblici per esami e visite specialistiche, organizzazione, strumenti e competenze di non poco conto, ed in grado naturalmente di non gravare sulle tasche dei cittadini.
Come Aisi ribadiamo il nostro impegno e la nostra disponibilità nei confronti della politica per un percorso di collaborazione dal quale pensiamo non si possa prescindere», conclude Onesti.
UFFICIO STAMPA AISI
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