L’Imprenditoria oggi nel ritratto di Guadagnuolo ad Adriano Olivetti come modello di promozione umana.
Nella sua fabbrica si producevano oggetti meccanici come le macchine da scrivere, od oggetti elettronici come calcolatrici o parti di computer. Ecco distinguersi il suo servizio comunitario, la sua disposizione del progetto lavorativo olivettiano: la responsabilità ricorrente a rendere migliore oltre il lavoro in fabbrica, la salute del lavoratore.
Da sempre la maestria italiana è affermata nel mondo e sono molti le personalità che si sono riconosciuti in svariati settori. Tra tali precursori Camillo Olivetti ideatore, promotore dell’impresa che il figlio Adriano ha tramandato alla storia dell’imprenditoria, rinnovando in maniera etica e sociale il lavoro in fabbrica. É proprio nel modello di Olivetti che possiamo identificare una nuova strada possibile da muoversi nell’innovazione imprenditoriale, che poi facilita anche l’economia italiana e la produzione, allargandosi in tutto il mondo finanziario. Offrire questo modello olivettiano al mondo della politica e all’economia nell’epoca attuale, incita a riconoscere il giusto scopo, costruendo stratagemmi di una valida qualità del lavoro umano.
Guadagnuolo ha pensato che debba esserci oggi un modello Olivetti che deve esprimere un bene vitale per la nascente imprenditoria italiana che possa confrontarsi alle imprese con idee cosmopolite. La sua figura è stata un modello che Guadagnuolo ritiene giusto potesse diventare la chiave di lettura per tutti i giovani che volessero fare gli imprenditori.
Tanto più se si pensa al ritratto che ha realizzato l’artista per restituire l’aspetto singolare del sapiente Ingegnere Adriano Olivetti (l’industriale della “felicità collettiva” che ha creato valore), personaggio unico, per la Città industriale di Ivrea. Il ritratto (tecnica mista e collage) si estende in maniera verticale, dove in basso si vede la figura di Adriano Olivetti, in esso traspira tutta la sua umanità, in alto la celebre macchina da scrivere “Lettera 22”. La “Lettera 22” è stata esposta al Museum of Modern Art di New York, come fosse un vero manufatto d’arte. Tra il ritratto e la macchina c’è l’incontro di luce tra l’eccellente visionario Adriano e il suo prodotto meccanico di vero design e funzionalità. Dice il Maestro: “Il collage mi ha consentito di unire pittura ed apporto tecnologico-lavorativo e di scoprire una sintesi artistica nell’opportunità di avviare una comunicazione tra arte lavoro e tecnologia. I colori che ho usato nel ritratto di Olivetti vanno dai blu oltremare ai rossi carminio che si fondono ai grigi evocando la natura e il rispetto che egli aveva nei confronti dell’ambiente circostante in un periodo tra il ‘50 e il ‘60 quell’intramontabile decennio storico del marchio Olivetti”. Un avvenimento, l’interessante manifestazione organizzata il 27 maggio 2024, da E.S.S.E. a Roma via della Greca, 5 (Bocca della verità) con la partecipazione di imprenditori italiani, impegnati anche all’estero, in diversi settori e politici, che vede l’esposizione della composizione di questo ritratto e le vicende di Olivetti che con le sue creazioni ha messo sù la sua impresa pensando ad un legame in ambito meccanico e digitale. Un imprenditore, attirato dalle apprezzabilità del suo territorio e alla cura dell’ambiente, che riceve in eredità dal padre Camillo, una contenuta fabbrica, la rinnova e la fa diventare una delle più considerevoli multinazionali italiane.
Nel pensiero di Olivetti la classe operaia è stata sviluppata socialmente, economicamente e politicamente attraverso l’indipendente impulso degli stessi operai. Infatti, nel Natale del 1955 parlando ai suoi lavoratori, Adriano Olivetti diceva: «Noi crediamo che, sul piano sociale e politico, spetti a voi un compito insostituibile e di fondamentale importanza. Le classi lavoratrici, più di ogni altro ceto sociale, sono le rappresentanti autentiche di un insopprimibile valore: la giustizia; e incarnano questo sentimento con uno slancio talora drammatico e sempre generoso […]. Nell’esperienza tecnica dei primi tempi, quando studiavo i problemi di organizzazione scientifica e di cronometraggio, sapevo che l’uomo e la macchina erano due domini ostili, l’uno all’altro, che occorreva conciliare. Conoscevo la monotonia terribile e il peso dei gesti ripetuti all’infinito davanti a un trapano o a una pressa e sapevo che era necessario togliere l’uomo da questa degradante schiavitù. Ma il cammino era tremendamente lungo e difficile».
In questo ritratto di Guadagnuolo appare l’utopia e la visionarietà dello storico imprenditore che è riuscito a cambiare l’industria.