I farmacisti non possiedono le competenze di un medico e non sarà un corso di poche settimane a permettere loro di averle. Occorre ripartire dalla valorizzazione delle professioni sanitarie e non adottare decisioni tappabuchi e pericolosamente controproducenti.
ROMA 28 MAG – «Si sta delineando il preoccupante quadro, e non è certo la prima volta che accade nel nostro sistema sanitario, di scelte e modus operandi, da parte della politica, che rappresentano il frutto di percorsi tortuosi, di decisioni paradossali, che sembrerebbero poter e voler risolvere le carenze del nostro SSN, ma in realtà rappresentano fragili toppe a voragini, vedi il deficit di personale, che hanno bisogno di ben altro per essere sanate.
Noi di Aisi, Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti, siamo ad oggi estremamente preoccupati per quanto sta accadendo, con la possibile emanazione di un Decreto-legge che intende abbattere le liste di attesa coinvolgendo le farmacie e allargando in modo spropositato “il campo di azione” dei farmacisti, ben oltre le proprie competenze e ben al di là del proprio percorso di studi.
Da non crederci, le farmacie potrebbero diventare veri e propri ambulatori medici senza possedere in alcun modo la solidità e le condizioni per poter arrivare ad una trasformazione che non ha ragion d’essere e che rischia di trasformarsi in un pericoloso boomerang che rischia di minare la già precaria qualità della tutela della salute della collettività.
Per un elettrocardiogramma si potrà andare a fare dal farmacista che tutto ha studiato tranne che medicina. È vero, gli verrà data la possibilità di effettuare un mero corso di poche settimane (davvero pensate possano essere paragonabili agli anni di studio di un medico?) che gli insegnerà dove mettere gli elettrodi. E senza visitare il paziente, fare un’anamnesi e stilare un quadro clinico, relazionerà con il Medico a distanza (dove lo si prende questo medico vista la mancanza di professionisti non si sa) l’elettrocardiogramma, o l’holter ECG o il monitoraggio pressorio, o anche una analisi del sangue, o una spirometria ecc. ecc..
Siamo davvero al paradosso e il fine, quello di abbattere le liste di attesa, non giustifica affatto i mezzi.
Soprattutto si rischia non solo di abbassare nettamente la già precaria qualità delle prestazioni sanitarie, ma in questo modo ci si allontana dal cuore del problema, quello di sanare la carenza di medici, quello di arginare le fughe all’estero, di garantire sempre più specializzazioni, quello di offrire ai camici bianchi e agli altri professionisti sanitari una valorizzazione economico-contrattuale che è legittimata da competenze, studi, esperienza sul campo e qualità umane non indifferenti, quello di ripartire dalla formazione, dalla ricerca, e di ridonare appeal e attrattività alle professioni sanitarie, creando le basi per concrete e indispensabili per ricambi generazionali.
È davvero come costruire un palazzo partendo dal tetto! Forse si dimentica che prima di un esame strumentale si deve valutare la storia clinica del paziente, chiedere quali malattie ha avuto, la familiarità, i luoghi di lavoro ecc.ecc. (anamnesi remota) e poi passare alla sintomatologia per cui richiede l’esame come per esempio se ha dolore al petto, come insorge questo dolore, quanto dura, dove si irradia ecc. ecc. (anamnesi prossima) e per ultimo eseguire l’esame strumentale, ma non sempre necessario.
E tutto ciò può e deve farlo solo il medico, formato per arrivare a questo.
Non abbiamo nulla contro i farmacisti, sia chiaro. La collaborazione interprofessionale può solo far bene alla collettività, ma nel rispetto dei ruoli, delle competenze e del percorso di studi.
Occorre ricostruire la sanità di prossimità. Occorre aprire più ambulatori che supportino gli ospedali e ne snelliscano i carichi di pazienti per i casi meno gravi. Ma al loro interno ci vogliono medici e professionisti dell’assistenza qualificati.
Riteniamo doveroso chiedere alla politica di rivedere determinate decisioni. È in gioco la stabilità della tutela della salute della collettività, obiettivo che deve accomunarci e permetterci di adottare decisioni equilibrate e frutto di buon senso».
Così Giovanni Onesti, Direttore Generale di Aisi, Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti.
UFFICIO STAMPA AISI
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