Mediazione e conflitti.
ACCADEMIA DEI PARMENIDEI
UFFICIO STAMPA
Mediazione e conflitti: si potesse realizzare nel mondo.
22 Maggio 2024 | Pasquale Martucci.
Mediare i conflitti è la ragione che spinge l’uomo a sopravvivere nelle complesse società, che oggi si caratterizzano per un approccio pessimistico, legato a paure, violenze, odio, guerre.
E ciò nonostante il progresso (industrializzazione, comunicazione, tecnologia) e l’affermazione della democrazia, dei diritti e dell’emancipazione dell’uomo, che sono le forme a cui le società dovrebbero aspirare. Al centro è invece posta la vita economica e finanziaria, con tutti gli inevitabili problemi che comportano spesso il ricorso ad azioni drammatiche e tragiche, che comportano la distruzione dell’essenza stessa dell’uomo, usando la violenza politica come risorsa per l’acquisizione del potere.
Per realizzare una convivenza democratica è indispensabile l’opera di mediazione dei conflitti, ovvero la presenza di un terzo imparziale che si pone in maniera equivicina alle parti che hanno abbandonato la capacità di convivere e di riconoscere la presenza gli uni e degli altri.
Georg Simmel nella sua intera proposta teorica affronta i temi dell’azione reciproca come fattore strutturante della realtà sociale, l’approccio formale allo studio della società, la funzione integrativa del conflitto. In quest’ultimo caso, il riferimento è alla figura del mediatore che si colloca entro i caratteri interazionali e reciproci dei rapporti sociali. (1)
Egli si pone nella relazione tra le parti coinvolte che aspettano un suo intervento e un determinato comportamento, ovvero quello di essere terzo rispetto alle dinamiche conflittuali.
Per entrare nella logica di Simmel, gli aspetti della mediazione si caratterizzano per la forma e il contenuto, anche se forma e contenuto sono comunque elementi interrelati. Si realizza una triade, l’unità sociologica che può generare dinamiche sociali differenti non certamente riconducibili ad una delle parti, ma qualitativamente relazionali. Ampliando il discorso si determinano anche formazioni sociali più ampie, reti sociali, nella prospettiva di possibili ed infinite configurazioni.
Il mediatore ha la funzione di imparziale all’interno della relazione conflittuale, offrendo la possibilità di uscire dal contrasto assoluto, per far sì che si superi il concetto di massimizzazione dell’interesse di una o dell’altra parte e si trovino soluzioni che in genere vengono definite win-win. Per Simmel la mediazione non è solo nella struttura ma anche nel risultato: l’intervento del terzo consente “di far uscire da un riduttivo faccia a faccia i due soggetti contrapposti all’interno di una dinamica conflittuale”. (2)
Il primo assunto da cui partire è il conflitto che supera la prospettiva patologica e assume al contrario connotazione fisiologica se non addirittura positiva. Secondo questa visione si tratterebbe di dissonanza di molteplici manifestazioni (elemento interattivo, cooperativo) piuttosto che di fallimento. Il conflitto adempie funzioni sociali tanto quanto la cooperazione: chiaramente ci si riferisce ad un certo grado di conflitto che potrebbe assicurare la persistenza del gruppo; la dissonanza è se lo stesso si basa su odio, invidia, avidità.
Dal momento che Simmel si occupa di conflitto formale, si può cogliere dal contrasto non la fase dissociativa ma quella costruttiva. È considerato l’effetto della socializzazione indotta dal contrasto, che “obbliga i protagonisti ad andare l’uno di fronte all’altro, ad avvicinarsi l’uno all’altro”. È un processo di trasformazione degli individui, un modo di entrare in relazione, perché nella vita quotidiana “il conflitto tra due individui può facilmente modificare uno dei due, non solo nella relazione con l’altro ma anche in se stesso”. (3)
L’indicazione è però di assumere il contrasto come connotazione positiva, a patto che l’antagonismo e la contrapposizione entrino in una dinamica relazionale. Anche in questo caso è la forma e non le cause in sé che fanno compiere l’integrazione. Occorre accettare le forme, che significa subordinazione alle leggi e riconoscimento delle parti: è chiamato “conflitto giuridico su larga base di unitarietà e di concordanza tra nemici”. Le parti di una trattativa devono riconoscere le norme vincolanti che le legano. Siamo sul terreno del riconoscimento normativo. (4)
Oggi tuttavia ci sono anche conflitti non negoziabili, che partono dalla frammentazione e divisione politica e morale e sono al di fuori di ogni relazione; viene meno il riconoscimento di un terreno comune su cui confliggere; viene a mancare la spinta integrativa e costruttiva.
Dunque, viene meno la mediazione che Simmel intendeva con la presenza di un terzo che consente la trasformazione della relazione conflittuale: per il sociologo se la mediazione è semplice nel suo funzionamento, è altrettanto rigorosa nelle regole che la rendono percorribile. Del resto, il mediatore non è colui che impone l’accordo, bensì colui che permette alle parti la libertà di riconoscersi liberamente e comprendersi reciprocamente, ristabilendo una comunicazione che non necessariamente comporta la risoluzione del conflitto. Ed infatti, il ruolo del terzo imparziale è di ascoltare e non giudicare le ragioni dei contendenti, le modalità che hanno determinato il loro confliggere.
Il mediatore restituisce anche le ragioni dell’uno o dell’altro e, attraverso la narrazione e la riformulazione, permette “una sorta di reificazione del conflitto che perde, almeno parzialmente, la sua coloritura emotiva”. (5)
Se si può sintetizzare, il mediatore di Simmel porta alla luce le forme e lascia cadere i contenuti. Diventa essenziale l’interazione che viene a crearsi grazie alla presenza del terzo imparziale. Conclude: “l’esistenza dell’imparziale serve alla sussistenza del gruppo”; il mediatore è come il “rappresentante dell’energia intellettuale di fronte alle parti momentaneamente dominate più dalla volontà e dal sentimento egli li integra, per così dire, nella completezza dell’unità psichica che abita nella vita del gruppo”. (6)
Il mediatore può fungere da guida quando l’antagonismo dei contendenti paralizza le stesse forze che determinano l’interazione e la funzionalità di un gruppo.
Note:
- G. Simmel, Il mediatore, Armando, 2014.
- Ivi, p. 15.
- Ivi, pp. 17-18.
- Ivi, p. 18.
- Ivi, p. 23.
- Ivi, p. 49.