AMSI-UMEM 1 APRILE 2024
ROMA 1 APR 2024 – Lo hanno definito, usando parole quanto mai forti e ad effetto, “il nuovo colonialismo”. L’allarme, e prima o poi dovevamo aspettarcelo, è arrivato dai Paesi africani che oggi denunciano l’Europa, su tutti il Regno Unito, di attuare una politica sanitaria fin troppo aggressiva e di contribuire così apertamente a indebolire i già precari sistemi sanitari africani, reclutando ogni anno centinaia di professionisti locali che fuggono in massa verso il Vecchio Continente, attratti da proposte economiche che consentono loro un cambiamento di vita radicale.
«Sappiamo bene che sull’assunzione del personale medico esistono linee guida ben specifiche da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Le norme vietano in particolare di sottoscrivere contratti con professionisti originari di Paesi nella “lista rossa” dei più fragili senza che siano stati prima firmati accordi quadro a livello di governo.
Ad un incontro, che si è svolto nei giorni scorso a Kigali, in Ruanda, hanno preso parte rappresentanti di una quarantina di Paesi africani. Con loro anche Baboucarr Cham, presidente dell’Associazione nazionale degli infermieri del Gambia. Secondo il dottore, il trasferimento del personale sanitario più qualificato in Europa o negli Stati Uniti “sta creando molti problemi”. Cham ha fatto l’esempio di un ospedale della capitale Banjul dove erano in servizio 300 infermieri ma dove solo lo scorso anno in 53 hanno deciso di lasciare il Paese.
Come Amsi, associazione Medici di Origine Straniera in Italia e anche come Umem, Unione Medici Euromediterranea, siamo stati in assoluto tra i primi a chiedere alla politica internazionale di agire prontamente per fermare questo esodo incontrollato di professionisti provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina. Le responsabilità non possono però essere addossate solo ai Paesi europei, che pure mettono nella condizione, se ci pensate bene, medici e infermieri africani e asiatici, di poter avere un futuro migliore. Chiaro che occorre un equilibrio, tutti dobbiamo contribuire ad una immigrazione mirata e selezionata, tutti dobbiamo fare in modo di creare terreno fertile in continenti come l’Africa, per invogliare i professionisti sanitari a non fuggire via, indebolendo così sistemi sanitari già assai poco stabili.
Come Amsi e Umem, per questa ragione, oltre a lavorare sul dialogo con i governi locali, grazie ai nostri oltre 120 rappresentanti nel mondo, promuoviamo formazione a distanza e supportiamo i paesi in difficoltà, con la presenza anche temporanea di nostri medici e infermieri che giungono sul posto per aggiornare il personale locale e contribuire a creare le basi per consentire loro di non emigrare. Chiaro che senza il sostegno di tutti non si possono ottenere risultati soddisfacenti.
Il progetto “Aiutiamoli a casa loro”, da una parte, rappresenta, da anni, l’impegno costante di Amsi e Umem. Dall’altro non possiamo impedire che nel mondo avvenga una immigrazione controllata, qualificata, mirata, perché soprattutto l’Europa in questo momento deve anche poter risolvere i propri problemi di carenza di medici e infermieri e contare su personale straniero qualificato può essere una buona soluzione.
In tal senso Germania e Regno Unito si distinguono per snellire le pratiche burocratiche e favorire in modo più agevole l’ingresso di medici e infermieri stranieri nei propri sistemi sanitari. Allo stesso modo dovrebbe fare l’Italia, non alzando muri, non chiedendo l’obbligo della cittadinanza, ma nel contempo occorrono rigore e regole ferree, legate all’uniformità e al controllo dei titoli di studio e all’obbligo di corsi di formazione linguistica, perché in paesi come la Germania occorrono ad esempio al giorno d’oggi veri e propri full immersion linguistici, con periodi anche di 9 mesi, e l’obbligo di un livello minimo di tedesco C1 per cominciare a lavorare con i pazienti e i soggetti fragili. Questo è giusto e doveroso per la sicurezza e le necessità dei pazienti, a differenza di una Lombardia che lo scorso dicembre ha inserito professionisti sanitari latinoamericani nell’azienda sanitaria di Varese dopo appena 4 settimane di corso di lingua italiana, che a nostro modo di vedere non sono affatto sufficienti.
Ci fa anche piacere ricordare che nei giorni scorsi ben 100 professionisti sanitari stranieri hanno risposto alla richiesta della Regione Sicilia. Di questi la maggior parte avevano contattato l’Amsi, e per questo siamo fieri di aver offerto il nostro ennesimo contributo, e certo non ci fermeremo nei nostri progetti “Aiutiamoli a casa loro”, per fermare l’esodo incontrollato di professionisti dall’Asia e dall’Africa verso l’Europa, e per contribuire a creare una Immigrazione Selezionata e controllata, che permetta a medici e infermieri stranieri qualificati di poter emigrare con facilità e diventare una risorsa, quale essi sono, non smetteremo mai di dirlo, per i nuovi paesi dove decidono di cominciare la loro nuova vita.
Come Presidente di Amsi continuo personalmente nei miei proficui incontri diplomatici con personalità illustri quali il console tunisino in Italia e il vice ambasciatore giordano e il console giordano in Italia. Con loro, come Amsi e Umem, stiamo collaborando per portare in Italia nuovi professionisti della sanità stranieri in Italia e contribuire così a fornire risorse eccellenti per la nostra sanità. Amsi e Umem lavorano con la politica italiana e con gli altri paesi del mondo ad un equilibrato rapporto tra entrate e uscite di professionisti sanitari. Non dimentichiamo che siamo stati i primi a denunciare il rischio concreto di creare deserti sanitari internazionali, con l’obbligo di fermare questi esodi incontrollati di professionisti dall’Africa e dall’Asia verso l’Europa, causando carenze non indifferenti. allo stesso modo di come sta avvenendo con i Paesi del Golfo con l’Italia, ingaggiando di continuo professionisti sanitari di casa nostra con offerte che in questo momento non possiamo pareggiare, così come noi stessi, come Italia, prendiamo a piene mani da America Latina e India.
Un modo di agire che deve trovare un equilibrio, deve placarsi: i dati parlano chiaro. In India mancano all’appello, con le fughe degli ultimi anni, 600mila medici, in Pakistan 200mila, in Egitto 10mila, in Marocco 14mila. Oms, Ministeri degli Esteri e della Salute mondiali, facciano allora la loro parte, così come la stiamo facendo noi da tempo».
Così il Prof. Foad Aodi, Esperto in Salute Globale Presidente di Amsi e del Movimento Uniti per Unire nonché Docente di Tor Vergata e membro del Registro Esperti della Fnomceo, che è presente tutti i giorni su tv e radio satellitari per parlare di Immigrazione, Salute Globale, eguaglianza, diritti umani e divulga la verità in tutti i paesi per quanto riguarda il rischio e il pericolo dell’immigrazione irregolare.
UFFICIO STAMPA
UNITIPERUNIRE