Proviamo anche noi ad immaginare come sarà la nuova Colleferro senza il L. P. Delfino, l’ospedale che ha contribuito a definire l’identità storica della città e di coloro che nel secolo scorso, dopo il tragico scoppio del 1938 alla BPD, hanno rinunciato alla paga giornaliera per costruirlo. Non siamo così sicuri che questo sia il sogno di un’intera comunità.
L’attuale ospedale, capace di circa 200 posti letto, finirebbe chiuso, trasformato o riconvertito? Ed il nuovo verrebbe costruito su un terreno di proprietà del Comune? La struttura sarebbe pubblica o si ricorrerebbe ad un partenariato tra pubblico e privato? Quali i tempi e l’ammontare dei costi di realizzazione?
I disastrosi esempi del Policlinico Tor Vergata e del Nuovo ospedale dei Castelli romani, così vicini alla valle del Sacco, ed ancora da completare dopo anni, con l’infelice partenza del Nuovo ospedale tiburtino (in pochi anni i costi sono già raddoppiati), fortemente osteggiato dai residenti, hanno dimostrato che “nuovo” è tutt’altro che sinonimo di miglioramento.
Chissà poi se hanno già pensato al nome: “New Eden General Hospital” suona bene.
I problemi non sono questi, si dirà, un sogno è un sogno e fra qualche tempo potrebbe trasformarsi in realtà. In attesa di questa inutile opera, ci domandiamo, chi si occuperà dell’ospedale cittadino e dei suoi seri problemi, che nessuno vuole affrontare, questa volta sì, nel silenzio della politica?
L’affossamento del Polo ospedaliero
Ogni giorno pazienti e personale del Polo ospedaliero Colleferro Palestrina si misurano con la carenza di organico nelle varie professionalità sanitarie e con l’inadeguatezza delle misure amministrative di medio e lungo periodo messe in campo per risolvere le sue vulnerabilità.
Il Polo ospedaliero unico non ha finora portato riorganizzazione o efficienza e le potenzialità, insite nella integrazione tra le due strutture, che servono un ampio bacino di utenza e che sarebbero la risposta a tutto il vasto territorio che si estende fino alla valle del Sacco, vengono limitate volutamente. Una cattiva sanità pubblica non lascia scampo e costringe il paziente, se può pagare, a rivolgersi ai servizi privati; in caso contrario, rinuncia a curarsi.
Fino a poco tempo fa per l’ex Assessore D’amato della Giunta Zingaretti la panacea contro tutti i mali era negli immobili e nelle residenze, come la Casa di Comunità e la Centrale Operativa Territoriale, previste a Colleferro, di cui nessuno parla più.
Il modo ideologico per non affrontare problemi gestionali ed organizzativi risolvibili – se solo la politica volesse – è quella di gettare in pasto all’opinione pubblica l’idea che la soluzione sia abbandonare l’esistente per un nuovo ospedale. Un’altra colata di cemento, nonostante ci siano ospedali ristrutturati con risorse pubbliche e male utilizzati, come parte della Nuova Ala del L. P. Delfino.
Con l’intento di condizionare l’opinione pubblica si sposta l’attenzione dal problema reale verso un sogno ideale su cui polarizzare l’attenzione, alimentando la percezione che quella sia l’unica scelta possibile. La stessa insoddisfazione dei cittadini viene strumentalizzata per indurli a sostenere la proposta che la politica vuole realizzare, mentre i problemi quotidiani – carenze di organico e strumentazioni, reclutamento a gettoni, posti letto, liste di attesa, emergenza pronto soccorso, definanziamento della sanità pubblica, alta contribuzione fiscale, esternalizzazioni selvagge, ecc.) – vengono sminuiti e finiscono in secondo piano.
I Sindaci rinunciano al loro ruolo
Il nostro distretto ha bisogno di assegnazione di personale non di nuove strutture in cemento, tali da rendere inevitabile la chiusura dell’ospedale di Colleferro. Ha bisogno che tutti gli ospedali della Asl Rm5 – Tivoli, Colleferro, Palestrina, Subiaco, Monterotondo – siano ottimizzati e siano gestiti in modo organico ed efficiente.
I Sindaci del comprensorio però hanno mostrato disinteresse alle sorti della sanità pubblica ed alla salvaguardia dell’esistente. Come altro interpretare l’assenza d’iniziativa politica, che non fosse di facciata, e la mancanza di una proposta che partisse dal Sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna, quale Coordinatore del Tavolo permanente dei Comuni dei Monti Prenestini, della Valle del Sacco e dei Monti Lepini?
Il Polo ospedaliero Colleferro Palestrina DEA di I livello
Il L. P. Delfino ha diritto ad essere riconosciuto sede di Dipartimento di emergenza urgenza e accettazione (DEA) di I livello, che significa dotazione di personale appropriata ed apertura dei più importanti reparti specializzati.
La decisione della Asl Rm5 di assegnare temporaneamente all’ospedale di L. P. Delfino, dopo il drammatico incendio scoppiato all’interno del S. Giovanni Evangelista di Tivoli, tale funzione richiede da parte dei Sindaci del distretto, in particolare dal Sindaco di Colleferro, il massimo impegno affinchè diventi definitivo, come prevede la legge.
La nostra Asl Roma5 infatti supera i 500 mila abitanti e la legge prevede il regime del Dea di I livello ogni 250 mila abitanti. Su questo obiettivo tutte le forze politiche si dicono favorevoli ed è urgente e non più rinviabile l’individuazione di un’area dedicata alla costruzione di un’elisuperficie di cui si parla da tempo.
L’ospedale di Colleferro possiede i requisiti strutturali, impiantistici, tecnologici ed organizzativi corrispondenti al livello di cure erogato e al volume di attività assistenziale, ma deve essere potenziato. I suoi standard qualitativi devono essere proporzionati alla realtà industriale (esplosivista) nel malaugurato caso di fronteggiare (possibili) eventi legati ad un contesto industriale “ad alto rischio di incidente rilevante” (RIR), sottoposto alla Direttiva Seveso (III D.lgs. 105/2015), con 2 siti a Colleferro (Avio e Simmel Difesa) ed altri 7 ad Anagni.
Non è una battaglia di tutti
Sono note o comunque intuibili le ragioni per le quali negli ultimi anni noi ed il gruppo Consulta le donne, con il sostegno del Comitato libero “A difesa dell’ospedale di Colleferro”, autentici visionari, abbiamo tentato di tutelare l’ospedale. In passato nessun comitato o associazione locale ci ha affiancato nella battaglia, ma ciò che ha vanificato gli sforzi per sensibilizzare e mantenere alta l’attenzione sul depotenziamento dell’ospedale di Colleferro è stato il passo di lato della politica locale, che si è chiamata fuori e ha lasciato agli attivisti l’onere della lotta per la rivendicazione dei servizi sanitari pubblici.
Ina Camilli
Rappresentante Comitato residenti Colleferro
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