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RIVISTA ‘IL BLUES’, UNA STORIA DI QUARANT’ANNI
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La rivista ‘Il Blues’ è nata nel lontano 1982 in un anonimo appartamento colmo di dischi in Viale Tunisia a Milano, grazie ad un’idea rivoluzionaria di Marino Grandi. Rivoluzionaria poiché dedicata esclusivamente ad un genere musicale, in Italia al tempo sconosciuto come il blues.
Lo scorso dicembre 2022, dopo 40 anni di instancabile passione, attenta lavorazione, strenua indipendenza economica e di giudizio, ha chiuso i battenti con l’uscita dell’ultimo numero, il 161.
Tutto forse nacque con la pubblicazione del libro “B… Come Blues” nel 1979 da parte di Marino Grandi, che raccoglieva articoli apparsi su riviste di settore quali Mucchio Selvaggio e su Suono Hi-Fi oltre ad alcune monografie preparate appositamente per questo prodotto editoriale.
Già da quel libro si percepiva l’esigenza per gli appassionati di blues italiani di trovare uno spazio dove esprimersi ed incontrarsi.
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La redazione, fin dal suo esordio nelle edicole, era composta da un manipolo di sognatori (perché non ci sarebbe altro modo per descriverli) che si riunì attorno alla figura di Marino Grandi, personaggio timido e schivo nonostante un impressionante cultura musicale sulla musica afroamericana, costruita praticamente da autodidatta.
In quel 1982 non solo iniziò un processo irreversibile, in concomitanza con la nascita di alcune manifestazioni che ancora oggi continuano a raccogliere numerosi appassionati come ad esempio il Pistoia Blues Festival, ma fece da apripista a tantissime iniziative che mancavano nel nostro Paese.
Una quantità innumerevole di musicisti di ‘casa nostra’ (questo era il titolo di una rubrica che fece capolino sui primi numeri della rivista) ha beneficiato di articoli, interviste, recensioni, ma soprattutto è stata educata e consigliata su quali dischi ascoltare o chi contattare nel caso di un viaggio oltreoceano per visitare la culla dove questa musica è nata, il Mississippi, oppure la patria del blues elettrico, Chicago.
Le porte dell’appartamento al quinto piano del palazzo, sito a Milano in zona Porta Venezia, sono sempre state aperte per tutti quelli che avevano necessità di un aiuto per meglio conoscere il blues, genere musicale tanto di nicchia quanto fortemente amato fin da subito dai suoi nuovi estimatori italiani.
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Seppure stampata in bianco e nero, e scritta in italiano, la rivista Il Blues riuscì a conquistare esperti, appassionati e organizzazioni straniere, con il suo lento e continuo lavoro di disseminazione della cultura afroamericana.
Dalla Library Of Congress, alla University Of Mississippi negli USA, dalla Norvegia alla Finlandia, dalla Spagna fino alla Polonia ed Ungheria, veniva infatti spedita a tutti coloro che volevano rimanere in contatto con il mondo del blues, visto attraverso le lenti del belpaese.
Per questo nel 2009 dalla Blues Foundation di Memphis arrivò il premio “Keeping The Blues Alive”, prezioso riconoscimento del lavoro di divulgazione fatto partendo quasi da zero.
E dall’European Blues Union nel 2022 arriva anche il prestigioso riconoscimento “Blues Behind The Scenes”, dedicato a tutti coloro che pur non salendo sul palco hanno contribuito a promuovere questo genere musicale.
Dopo 40 anni di attività, la collaborazione con diversi studenti che hanno scritto delle tesi sul blues e numerosi altri premi, la rivista è approdata anche a Wikipedia, e continua a ricevere conferme di stima e affetto nonché richieste di accesso a numeri arretrati nonostante questa avventura sia terminata.
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Grazie al lavoro di Marino Grandi, della redazione e di tutti i collaboratori, non solo alcuni artisti sono venuti in Italia per il loro primo concerto nel belpaese grazie a precise segnalazioni, ricordiamo ad esempio Fernando Jones e Lefty Dizz, Roosevelt “Booba” Barnes e tanti altri per le prime edizioni del Nave Blues Festival con la direzione artistica affidata a Il Blues, ma anche diverse uscite discografiche hanno visto la luce grazie a minuziose ricerche e attente verifiche e segnalazioni.
Tra tutte ricordiamo la serie Blues Encore, dedicata ad artisti come Muddy Waters, Howlin’ Wolf, John Lee Hooker, B.B King, Elmore James, Lightnin’ Hopkins, T-Bone Walker, Memphis Slim, Buddy Guy, Jimmy Reed, Little Walter, Sonny Boy Williamson II e tanti altri.
E ancora la collaborazione con una major, la Universal, che nel 2008 diede vita al cofanetto The Blues, tre dischi con ben 65 brani considerati tra i capolavori del blues di tutti i tempi. Un continuo impegno durato senza sosta per quarant’anni legato sia alla parte scritta che ai live e ai dischi, per portare il blues dalle nostre parti senza distinzione di mezzi.
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Moltissimi i musicisti italiani e stranieri che in un modo o nell’altro sono entrati in contatto con la realtà dell’unica rivista italiana di Blues.
Ricordiamo tra gli italiani sicuramente Fabio Treves, ma anche Guido Toffoletti, che vantava un’amicizia storica con Keith Richards dei Rolling Stones, Roberto Ciotti, Alex Britti, Angelo “Leadbelly” Rossi, Nick Becattini, Francesco Piu, Maurizio Pugno, Paolo Bonfanti, Tolo Marton, Rudy Rotta, Max De Bernardi e Veronica Sbergia, Marco Pandolfi e molti altri.
Dall’estero, come recita il famoso motto latino, paradossalmente la figura di esperti di cultura afroamericana provenienti dalla patria dell’opera lirica conquistò maggiori estimatori.
Da Billy Branch a Fernando Jones, dai Mississippi Heat a Big Jack Johnson, da R.L Burnside a T-Model Ford, da Charlie Musselwhite a Billy Gibbons, da Stevie Ray Vaughan a B.B. King.
Tutte queste star più o meno famose sapevano riconoscere la passione e l’autorevolezza di un prodotto editoriale che non si piegava alle regole del mercato ma aveva mantenuto la sua indipendenza negli anni, risultando quindi imparziale per quanto possibile e di conseguenza un piccolo punto di riferimento.
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Le rotative hanno continuato a girare fino al 2013, anno di passaggio alla versione digitale, con la stessa rivista in formato scaricabile su abbonamento.
Con il 2022 sono terminate anche le pubblicazioni digitali, certi che “ciò che davvero sopravviverà al tempo, non saranno le parole scritte ma i sentimenti trasmessi. Quelli non possono essere salvati su nessun supporto digitale ma solamente nel cuore delle persone. A tutti noi quindi il compito di tramandarle ad altri” – ha annunciato la redazione della rivista Il Blues.
E come il blues negli anni ha saputo e deve evolversi, anche la rivista ‘Il Blues’ ha capito che per stare al passo coi tempi, per parlare un linguaggio moderno – senza perdere lo spirito fondante – deve inevitabilmente sfruttare la tecnologia per avvicinarsi, anche, ad un pubblico più giovane, che ha il diritto di poter conoscere un genere musicale ed una cultura così fondamentale.
Una nuova sfida per ‘Il Blues’? Forse si.
Dopo quarant’anni di sfide eccone una nuova, sempre molto stimolante.
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