Parla la mamma del neonato morto a Roma: “Non sparate sentenze. Ora voglio solo piangere mio figlio”.

Sono ancora in corso le indagini della procura di Roma per omicidio colposo e si attendono i risultati dell’autopsia.

ROMA – “Ero felice, era accanto a me. Poi mi sono risvegliata e lui non c’era più“. Dopo tanti commenti a parlare, intervistata da Repubblica, è la mamma del neonato morto all’ospedale Sandro Pertini di Roma: “Avevo chiesto più volte aiuto al personale per gestire il bambino, ma nessuno mi è venuto in soccorso. Mi hanno ignorata“. La donna che aveva partorito un bimbo sano, di 3 chili e 400 grammi e che aveva chiamato Carlo Mattia, è devastata dalla perdita del suo bambino, morto probabilmente per soffocamento nel sonno, nel reparto di Ostetricia e ginecologia del nosocomio romano. Sono ancora in corso le indagini della procura di Roma per omicidio colposo su segnalazione dell’ospedale e si attendono i risultati dell’autopsia per stabilire le cause della morte.

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Non dormo da diverse notti, sono stremata“, confessa la mamma che ripercorre la vicenda di quella sera tra il 7 e l’8 gennaio: “L’infermiera mi ha informata di quanto era successo. Non ho capito più niente, mi hanno subito cambiato di stanza. Ho 10 minuti di vuoto“, che forse le sue tre compagne di stanza potranno aiutare a ricostruire.

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La donna, a quanto riporta, aveva chiesto più volte aiuto. “Non è mai arrivato nessuno, non mi davano ascolto. Ho 29 anni ma ero stremata dalla fatica. Il travaglio era durato più di dieci ore, è stato un parto naturale- dice- La mia vita è rovinata, non sparate sentenze. Ci sono informazioni che potremo avere solo dall’autopsia. Ancora non sono certa di niente. Ripeto, io lo avevo accanto mio figlio. Poi non l’ho visto più. Non si sa se sia morto soffocato. Come si fa a dirlo prima? Più leggo e più sto male, la mia vita è rovinata. Non sparate sentenze prima dei risultati delle indagini. Adesso però voglio solo piangere mio figlio, lasciatemi un po’ in pace. Sono un’educatrice e aiuto gli altri. Adesso non sono in grado di aiutare nemmeno me”..

Agenzia DiRE   www.dire.it

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