I funerali di Benedetto XVI, Papa Francesco celebra in una piazza San Pietro strapiena.
Di Alessandra Fabbretti ed Emiliano Pretto
ROMA – Sono iniziati alle 9.30 i funerali di Benedetto XVI. Dopo diversi minuti dedicati alle preghiere, Papa Francesco è entrato in piazza San Pietro, uscendo dal portone principale della Basilica, al termine di un corteo di cardinali. La piazza è gremita di fedeli. Il feretro di Benedetto XVI si trova al centro del sagrato. Alla sua destra si trova la postazione dei cardinali e dei vescovi. Alla sua sinistra il parterre degli ospiti e delle delegazioni istituzionali e internazionali.
Davanti, all’interno della grande piazza chiusa dal colonnato di Bernini, decine di migliaia di fedeli: stimate circa 100mila presenze. “Santo subito, Santo subito“. Questo il coro, seguito da un applauso, partito da molti fedeli presenti in piazza San Pietro per i funerali del Papa emerito.
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Da oltre un’ora e mezza prima dell’inizio dei funerali del Papa emerito Benedetto XVI, scomparso il 31 dicembre scorso, e celebrati dal pontefice in carica, Papa Francesco, piazza San Pietro a Roma è gremita di fedeli mentre la nebbia che avvolge la Basilica e nasconde la Cupola si dirada a fatica. La coda è iniziata ben prima dell’alba e alle esequie sono stimati oltre 100mila fedeli. Nei tre giorni in cui la salma è stata esposta all’interno della Basilica, sono state 200mila le persone che hanno reso omaggio a Joseph Ratzinger, morto all’età di 95 anni.
L’OMELIA DI PAPA FRANCESCO: “BENEDETTO, LA TUA GIOIA SIA PERFETTA”
“Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!”. Si è conclusa così l’omelia esequiale per il sommo Pontefice emerito Benedetto XVI. A pronunciarla Papa Francesco, seduto su una sedia al centro del sagrato in piazza San Pietro. “‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’. Sono le ultime parole che il Signore pronunciò sulla croce – ha esordito Francesco – il suo ultimo sospiro, potremmo dire, capace di confermare ciò che caratterizzò tutta la sua vita: un continuo consegnarsi nelle mani del Padre suo. Mani di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli”.
“Il Signore aperto alle storie che incontrava lungo il cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio – ha detto ancora il Pontefice -, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo fino a vedere le sue mani piagate per amore: ‘Guarda le mie mani’, disse a Tommaso e lo dice ad ognuno di noi. Mani piagate che vanno incontro e non cessano di offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso. ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’ è l’invito e il programma di vita che sussurra e vuole modellare come un vasaio il cuore del pastore, fino a che palpitino in esso i medesimi sentimenti di Cristo Gesù. Dedizione grata di servizio al Signore e al suo Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito: ‘Tu mi appartieni… tu appartieni a loro’, balbetta il Signore; ‘tu stai sotto la protezione delle mie mani, sotto la protezione del mio cuore. Rimani nel cavo delle mie mani e dammi le tue’”.
Nella sua omelia Papa Francesco ha poi aggiunto: “È la condiscendenza di Dio e la sua vicinanza capace di porsi nelle mani fragili dei suoi discepoli per nutrire il suo popolo e dire con Lui: prendete e mangiate, prendete e bevete, questo è il mio corpo che si offre per voi. Dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare e l’invito fiducioso a pascere il gregge. Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità. In questo incontro di intercessione il Signore va generando la mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare. Fecondità invisibile e inafferrabile, che nasce dal sapere in quali mani si è posta la fiducia”.
“Fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio – ha proseguito Bergoglio – Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza. Dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo, nella testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta; e nella speranza ostinata ma paziente che il Signore compirà la sua promessa, come aveva promesso ai nostri padri e alla sua discendenza per sempre” .
“Anche noi – ha aggiunto Papa Francesco – saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita. San Gregorio Magno, al termine della Regola pastorale, invitava ed esortava un amico a offrirgli questa compagnia spirituale: ‘In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi’. È la consapevolezza del Pastore che non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato”.
“È il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore – ha concluso il Pontefice nell’omelia – Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: ‘Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito’“.
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PADRE GEORG BACIA LA BARA
La salma di Benedetto XVI è stata traslata alle 8.50 in punto dall’interno della Basilica di San Pietro al sagrato. Ad accogliere le spoglie del Papa emerito più di uno scroscio di applausi di una folla composta e silenziosa di decine di migliaia di persone. Ad accompagnare il feretro, il segretario particolare del Papa emerito, l’arcivescovo Georg Gaenswein. Padre Georg ha posato il Vangelo aperto sulla bara, si è inginocchiato e l’ha baciata.
Su richiesta espressa di Ratzinger, il corpo è stato adagiato in una triplice bara – una delle quali in legno di cipresso – in cui saranno collocate la medaglia e le monete coniate durante il Pontificato, il pallio o i palli del vescovo e il rogito, ossia un testo in cui è descritto brevemente il Pontificato. In particolare il rogito viene inserito in un tubo di metallo, come è stato chiarito dalla Sala Stampa della Santa Sede. Subito dopo è iniziata la recita del Santo Rosario.
AI FUNERALI MATTARELLA, MELONI E CAPI DI STATO E DI GOVERNO
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la premier Giorgia Meloni con diversi ministri del Governo tra cui Gennaro Sangiuliano, Francesco Lollobrigida, Giancarlo Giorgetti, Guido Crosetto, Carlo Nordio. E poi la delegazione tedesca, con il presidente Frank-Walter Steinmeier e il cancelliere Olaf Scholtz, e quella della Polonia con il presidente Andrzej Duda e il premier Mateusz Morawiecki. Davanti a loro, al di là del feretro, 130 cardinali e 3.700 sacerdoti. Questi alcuni dei rappresentanti istituzionali riuniti in piazza San Pietro per i funerali del Papa emerito, Benedetto XVI.
Oltre alle due delegazioni ufficiali sono molti i capi di Stato e di Governo presenti in piazza: il premier ungherese Viktor Orban, a Roma già da qualche giorno, il re e la regina del Belgio, Filippo e Mathilde, e la regina Sofia di Spagna.
LA FOLLA DI FEDELI
Ben prima delle 8 i posti a sedere allestiti all’interno del colonnato del Bernini sono andati lentamente esauriti per l’afflusso dei numerosissimi pellegrini, formati anche da gruppi giunti da tutta Italia ma soprattutto dal resto del mondo. Tra la folla, tante le lingue che si possono cogliere: spagnolo, polacco, inglese, francese, portoghese, arabo, cinese e naturalmente tedesco, la lingua madre di Joseph Ratzinger.
POCHE STRETTE DI MANO E MOLTE MASCHERINE
Quasi tre anni di pandemia hanno lasciato inevitabilmente il segno nelle abitudini dei fedeli, come evidente anche ai funerali solenni per il Papa emerito Benedetto XVI, in piazza San Pietro. Nel corso del consueto segno della pace in cui, come da liturgia, i fedeli si scambiano strette di mano, molti preferiscono solo fare un cenno col capo o sorridere, per evitare contatti. Molti anche i pellegrini con le mascherine che coprono naso e bocca. Centomila le presenze stimate in piazza.
Chi scatta foto e selfie, chi chiama parenti e amici per raccontare l’evento a cui sta partecipando, chi scrive cartoline: tanti i modi con cui la folla ha atteso a San Pietro l’inizio delle esequie di Benedetto XVI. C’è chi ha ingannato il tempo offrendo biscotti e termos di tè caldo ai vicini per vincere il freddo intenso e l’umidità o chi espone cartelli con su scritto ‘santo subito’. “Wojtyla è stato il santo della speranza, Ratzinger della fede e Francesco della carità. Fede, speranza e carità portano a Dio”, spiega all’agenzia Dire una delle fedeli che lo espone.
Theresa, 24 anni dalla Baviera, è in piazza con gli amici e spiega: “Veniamo dalla terra natia di Ratzinger e infatti lo seguiamo da quando è stato eletto Papa. Siamo arrivati a Roma ieri e ripartiamo domattina, appositamente per seguire i funerali”. Giuseppe, 75 anni, orgoglioso racconta: “Mi sono messo in fila alle 6:30 ma per i funerali di Giovanni Paolo II trascorsi addirittura la notte qui per riuscire a entrare tra i primi”. Poco prima dell’inizio della funzione solenne, dall’altoparlante è stato chiesto di non esporre cartelli o sventolare bandiere.
In piazza, ai 100mila fedeli previsti, si aggiungono 3.700 sacerdoti e più di 1.100 giornalisti accreditati da oltre 30 Paesi di tutto il mondo. Lo confermano all’agenzia Dire fonti interne alla Sala Stampa Vaticana, che aggiungono: “Naturalmente si tratta di molti italiani, tedeschi, ma anche polacchi, francesi, inglesi, statunitensi, spagnoli, e poi qualcuno da Asia, Africa, Sud America. Diversi anche quelli da altri Paesi europei”.
La zona rossa che blinda l’area della Basilica è attiva dalla mezzanotte scorsa e terminerà alle 14, come annunciato dal Prefetto di Roma, Bruno Frattasi. Intanto la nebbia che dalle prime ore del giorno avvolgeva la cupola di San Pietro ha iniziato a diradarsi.
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Uomini della Gendarmeria vaticana e le Guardie svizzere dirigono l’afflusso dei fedeli. Distribuiti inoltre libretti della messa e copie dell’Osservatore romano, listato a lutto, interamente dicato al pontificato di Ratzinger, il successore di Giovanni Paolo II dal 2005 e dimessosi nel 2013. La pioggia caduta nella notte costringe i partecipanti alla messa ad asciugare le sedie con fazzolettini di carta mentre l’umidità avvolge la piazza e la facciata della Basilica, sotto cui è allestito il palco papale, circondato da quattro maxischermi che trasmetteranno la funzione.
Prima delle 7.30 già una lunga fila di pellegrini si è formata a Porta Angelica, in piazza Sant’Anna, uno dei punti di accesso a piazza san Pietro per i funerali solenni di Benedetto XVI. Alle esequie sono attese oltre 100mila persone. I controlli, allestiti dalle 6.30, iniziano ben prima di raggiungere le mura: militari dell’Esercito italiano controllano borse e zaini per sequestrare bottiglie di plastica, oggetti metallici e appuntiti come ombrelli o bandiere. Blindati della Polizia e della Guardia di Finanza, con uomini e mezzi di Carabinieri, Vigili del fuoco, Polizia di Roma capitale e altri corpi ausiliari sono spiegati nell’area circostante.
La Protezione civile, come spiegano alcuni operatori alla Dire, monitora dei “blocchi di prefiltraggio” allestiti anche in piazza del Sant’Uffizio e in via della Conciliazione, alla distanza di 3 metri circa l’uno dall’altro in modo da poter “gestire eventuali situazioni e interventi di sicurezza più agilmente”. Ai lati delle file di fedeli, accorsi ben prima delle 6 per assicurarsi un posto alle esequie del Papa emerito, anche ambulanze e presidi medici. Una volta raggiunto il colonnato, vengono effettuati ulteriori controlli al metal detector.
Atac fa sapere di aver potenziato il servizio di trasporto con 25 treni aggiuntivi della metropolitana e numerose corse bus. Allestita, sempre per ragioni di sicurezza, una “zona rossa” con accessi ai soli pedoni. Chiusure a vista nelle vie limitrofe a piazza San Pietro e divieto di transito in via della Stazione Vaticana e in via di Porta Cavalleggeri.
IL TESTO DEL ROGITO PER IL PIO TRANSITO DI BENEDETTO XVI
“Nella luce di Cristo risorto dai morti, il 31 dicembre dell’anno del Signore 2022, alle 9.34 del mattino, mentre terminava l’anno ed eravamo pronti a cantare il Te Deum per i molteplici benefici concessi dal Signore, l’amato Pastore emerito della Chiesa, Benedetto XVI, è passato da questo mondo al Padre. Tutta la Chiesa insieme col Santo Padre Francesco in preghiera ha accompagnato il suo transito”. Inizia così il testo del rogito per il Pio transito di Benedetto XVI, le cui esequie sono in corso in piazza San Pietro.
“Benedetto XVI è stato il 265° Papa. La sua memoria rimane nel cuore della Chiesa e dell’intera umanità. Joseph Aloisius Ratzinger, eletto Papa il 19 aprile 2005, nacque a Marktl am Inn, nel territorio della Diocesi di Passau (Germania), il 16 aprile del 1927. Suo padre era un commissario di gendarmeria e proveniva da una famiglia di agricoltori della bassa Baviera, le cui condizioni economiche erano piuttosto modeste. La madre era figlia di artigiani di Rimsting, sul lago di Chiem, e prima di sposarsi aveva fatto la cuoca in diversi alberghi”.
“Trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza a Traunstein, una piccola città vicino alla frontiera con l’Austria – si legge ancora nel rogito – a circa trenta chilometri da Salisburgo, dove ricevette la sua formazione cristiana, umana e culturale. Il tempo della sua giovinezza non fu facile. La fede e l’educazione della sua famiglia lo prepararono alla dura esperienza dei problemi connessi al regime nazista, conoscendo il clima di forte ostilità nei confronti della Chiesa cattolica in Germania. In questa complessa situazione, egli scoprì la bellezza e la verità della fede in Cristo.Dal 1946 al 1951 studiò nella Scuola superiore di filosofia e teologia di Frisinga e all’Università di Monaco. Il 29 giugno 1951 fu ordinato sacerdote, iniziando l’anno successivo la sua attività didattica nella medesima Scuola di Frisinga. Successivamente fu docente a Bonn, a Münster, a Tubinga e a Ratisbona”.
Continua il testo: “Nel 1962 divenne perito ufficiale del Concilio Vaticano II, come assistente del Cardinale Joseph Frings. Il 25 marzo 1977 Papa Paolo VI lo nominò Arcivescovo di München und Freising e ricevette l’ordinazione episcopale il 28 maggio dello stesso anno. Come motto episcopale scelse “Cooperatores Veritatis”. Papa Montini lo creò e pubblicò Cardinale, del Titolo di Santa Maria Consolatrice al Tiburtino, nel Concistoro del 27 giugno 1977″.
“Il 25 novembre 1981 Giovanni Paolo II lo nominò Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; e il 15 febbraio dell’anno successivo rinunciò al governo pastorale dell’Arcidiocesi di München und Freising. Il 6 novembre 1998 fu nominato Vice-Decano del Collegio Cardinalizio e il 30 novembre 2002 divenne Decano, prendendo possesso del Titolo della Chiesa Suburbicaria di Ostia. Venerdì 8 aprile 2005 – si legge nel rogito – presiedette la Santa Messa esequiale di Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro. Dai Cardinali riuniti in Conclave fu eletto Papa il 19 aprile 2005 e prese il nome di Benedetto XVI. Dalla loggia delle benedizioni si presentò come “umile lavoratore nella vigna del Signore”.
Domenica 24 aprile 2005, ricorda il rogito, “iniziò solennemente il suo ministero Petrino. Benedetto XVI pose al centro del suo pontificato il tema di Dio e della fede, nella continua ricerca del volto del Signore Gesù Cristo e aiutando tutti a conoscerlo, in particolare mediante la pubblicazione dell’opera Gesù di Nazaret, in tre volumi. Dotato di vaste e profonde conoscenze bibliche e teologiche, ebbe la straordinaria capacità di elaborare sintesi illuminanti sui principali temi dottrinali e spirituali, come pure sulle questioni cruciali della vita della Chiesa e della cultura contemporanea. Promosse con successo il dialogo con gli anglicani, con gli ebrei e con i rappresentanti delle altre religioni; come pure riprese i contatti con i sacerdoti della Comunità San Pio X”.
La mattina “dell’11 febbraio 2013, durante un Concistoro convocato per ordinarie decisioni circa tre canonizzazioni – prosegue il rogito – dopo il voto dei Cardinali, il Papa lesse la seguente dichiarazione in latino: ‘Bene conscius sum hoc munus secundum suam essentiam spiritualem non solum agendo et loquendo exerceri debere, sed non minus patiendo et orando. Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem meam ad ministerium mihi commissum bene administrandum agnoscere debeam. Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse’”.
Nell’ultima Udienza generale del pontificato, “il 27 febbraio 2013 – si legge ancora – nel ringraziare tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui era stata accolta la sua decisione, assicurò: “Continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre”.
“Dopo una breve permanenza nella residenza di Castel Gandolfo – si conclude il rogito – visse gli ultimi anni della sua vita in Vaticano, nel monastero Mater Ecclesiae, dedicandosi alla preghiera e alla meditazione. Il magistero dottrinale di Benedetto XVI si riassume nelle tre Encicliche Deus caritas est(25 dicembre 2005), Spe salvi (30 novembre 2007) e Caritas in veritate (29 giugno 2009). Consegnò alla Chiesa quattro Esortazioni apostoliche, numerose Costituzioni apostoliche, Lettere apostoliche, oltre alle Catechesi proposte nelle Udienze generali e alle allocuzioni, comprese quelle pronunciate durante i ventiquattro viaggi apostolici compiuti nel mondo. Di fronte al relativismo e all’ateismo pratico sempre più dilaganti, nel 2010, con il motu proprio Ubicumque et semper, istituì il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, a cui nel gennaio del 2013 trasferì le competenze in materia di catechesi. Lottò con fermezza contro i crimini commessi da rappresentanti del clero contro minori o persone vulnerabili, richiamando continuamente la Chiesa alla conversione, alla preghiera, alla penitenza e alla purificazione. Come teologo di riconosciuta autorevolezza, ha lasciato un ricco patrimonio di studi e ricerche sulle verità fondamentali della fede”.
Agenzia DiRE www.dire.it