Il significato autentico del Natale.
Per la Meditation Family |
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Abbiamo riassunto per voi la diretta quella di lunedì 26 dicembre sul ritrovare il significato autentico del Natale. Rileggendola troverete tanti spunti per riflettere e meditare. |
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Per voi un nuovo articolo sui nostri viaggi magici Alla scoperta dell’anima nei viaggi sciamanici | IoDonna Selene Calloni Williams riaccende i motori di Voyagesillumination e dei viaggi nel mondo. La fondatrice dello Yoga Sciamanico si concentrererà nel 2023 su mete estere e locali, da Montegrotto Terme al Tibet fino alla Mongolia e passando per il Giappone e la Mongolia. Per non parlare di Los Angeles, città senza tempo in cui è nata la nuova sede dell’Imaginal Academy. “Il viaggio rappresenta l’opportunità di uscire dalle abitudini, e dai ritmi quotidiani.È il tempo di meditare, immaginare, sognare”, dice a IoDonna, “Conoscere storie e vite diverse, valori differenti, assaporandone il gusto senza scegliere nulla, senza giudicare. È il primo passo verso il solo valore delle avventure autentiche: la libertà. Con la capacità, forse, di vedere con nuovi occhi anche il mondo da cui si è partiti”. |
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Vi aspetto su Twitter il 29 dicembre alle 19 |
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Il significato autentico del Natale Ciao. buonasera, da me è ancora Natale, da me è ancora il 25 dicembre Ci tenevo a fare una diretta sul vero significato del Natale, perché molti di voi ci hanno scritto dicendo che non sopportano più il Natale, qualcuno ha scritto dicendo che vorrebbe cancellarlo dal calendario. Cancellare il Natale no, perché bisogna piuttosto riscoprirne il significato autentico. Natale è un simbolo, come tutto in questo mondo, viviamo in un mondo simbolico e il Natale è un simbolo, è il simbolo del dio che si incarna e siccome il divino è tutti noi allora anche noi ci incarniamo. Incarnarsi vuol dire prendere un corpo mortale, lasciata l’età dell’oro l’uomo acquisisce uno stile di vita corrotto e così un po’ tutto quanto il mondo, la natura. Perciò bisogna ritrovare il l’età dell’oro, il paradiso delle origini e questa è la grande missione e il Dio che si fa uomo ci indica la strada, che è quella di prendere una nascita, cioè incarnarci in un corpo che è mortale. Certo perché se nasciamo poi dobbiamo morire, la nascita arriva con la morte. Chi è madre lo sa benissimo che non si può dare vita a un figlio senza dargli simultaneamente la morte. Ma è chiaro che tutto questo è simbolico e torno a ripeterlo perché viviamo in un mondo simbolico, se perdiamo il senso il significato del simbolo, se cadiamo nella sensazione dell’oggettività delle cose ci perdiamo. Nell’età dell’oro, che per i cristiani è il paradiso delle origini, l’uomo era spontaneamente immortale, tutto era spontaneamente immortale, perché non c’era la paura e non c’era il senso di colpa che è un tutt’uno con la paura. Lo stile di vita era improntato alla purezza, alla bellezza, all’innocenza. Come dicono i greci queste divinità, la purezza, la giustizia, la bellezza, l’innocenza, la verità sono le ultime divinità che hanno lasciato la terra quando l’umanità è passata dall’età dell’oro all’età del bronzo e quindi è decaduta, il suo stato di coscienza è decaduto. Ma quando queste divinità regnavano, nell’età dell’oro, l’uomo era spontaneamente immortale perché non aveva il senso della colpa, non aveva la pesantezza della paura e la sua coscienza poteva essere attenta, vigile nel passaggio dal visibile all’invisibile. E infatti nell’età dell’oro gli uomini vivevano vite lunghissime, al termine delle quali, come ci dice Esiodo, non morivano ma si addormentavano, diventando daimones, cioè spiriti guida dei viventi, tutto questo nel mito cristiano è il paradiso delle origini. Poi c’è stata la corruzione la corruzione della coscienza, dello stile di vita e l’uomo ha perduto questa età dell’oro e la deve ritrovare. Ora il primo uomo, Caino tenta di ritrovarla in un modo sbagliato perché uccide Abele. Questa perdita del Paradiso delle origini, dell’età dell’oro, coincide con la nascita del senso dell’io, coincide con la nascita della mente dualistica, la mente analitica, che rappresenta la volontà dell’uomo di esercitare un controllo, un potere sul sull’esistenza, sulla natura e quello che filosoficamente parlando chiamiamo mente, psicologicamente parlando è il senso dell’io. Perciò il frutto proibito dell’albero della conoscenza, che fa degenerare l’uomo dall’età dell’oro all’età del bronzo, è la mente, che è il senso dell’io. Caino tenta di distruggere l’io uccidendo l’altro perché l’io ha il suo corrispettivo nell’altro in cui l’io si riflette. Caino cerca di eliminare il tu per eliminare l’io, per ritornare al Paradiso delle origini, ma non ci riesce. Non è che uccidendo l’altro si può ritrovare il paradiso delle origini tutt’altro. Abele, Infatti, è l’agricoltura, mentre Caino è ancora quello che vive con gli animali, il nomade dei primordi. All’inizio dell’età del bronzo l’umanità cacciata dal paradiso incomincia a dover sopravvivere e vive di caccia. Caino era il cacciatore/raccoglitore, mentre Abele rappresenta già un passo successivo, l’agricoltore, qualcuno che esercita maggiormente la mente e il potere di controllo sulla natura. Caino tenta di ritrovare il paradiso delle origini eliminando Abele perché è il suo riflesso, è il tu e rappresenta un ulteriore passo di allontanamento dalla condizione originaria, perché rappresenta un passo ulteriore dentro la mente, dentro la volontà di controllo. Perché dal cacciatore/raccoglitore all’agricoltore la volontà di controllo, l’esercizio del potere sulla natura da parte dell’uomo aumenta e aumenta il senso della colpa, aumenta la paura e quindi aumenta la mortalità, l’essere mortale. Perché solo chi non ha paura può compiere il transito morte vita-morte-vita, visibile-invisibile senza cadere nella fossa dell’inconsapevolezza, rimanendo vigile e attento. Ma se uno si sente in colpa è chiaro che ha paura e quindi contrae tutti i sensi sottili, la paura è uno spasmo, e perciò nel passaggio dal visibile all’invisibile, dalla vita alla morte cade nell’incoscienza dell’inconsapevolezza, si addormenta e questa è la morte. Per ritrovare il paradiso delle origini bisogna ritrovare la capacità di essere viaggiatori dei mondi, del visibile, dell’invisibile senza paura, a occhi aperti. Come accadeva all’inizio. Il cacciatore/raccoglitore lo faceva uccidendo e sacrificando l’animale. Il cacciatore/raccoglitore viveva in uno stato di coscienza non duale rispetto alla natura, risentiva ancora della condizione del Paradiso delle origini e quindi uccidendo l’animale uccideva con esso una parte di sé e poteva fare il viaggio nell’underworld, il viaggio nella morte e fare ritorno. Infatti, il cacciatore/raccoglitore era anche il sacerdote, nella tribù lui uccidendo il cinghiale moriva e compiva il viaggio ctonio, il viaggio sotterraneo e quando faceva il ritorno sapeva tutto, diceva alla tribù. “non mangiate quelle bacche che sono velenose, mangiate quelle altre, andiamo di là che di là c’è l’acqua non dall’altra parte che c’è il deserto e moriamo tutti…” Attraverso questo sacrificio rituale dell’animale, con il quale l’uomo primitivo viveva in uno stato di coscienza non duale, il primitivo poteva ancora mantenere uniti i due mondi, fare il viaggio consapevolmente e quindi ancora poteva connettersi con il paradiso delle origini. Quando nasce l’agricoltura questo non è più possibile, perché l’agricoltura rappresenta un ulteriore passo verso la dualità, la relazione uomo-natura viene spezzata, l’uomo non è più solo distinto dalla natura, come nel caso del primitivo raccoglitore/cacciatore ma è anche separato, distinto e separato, quindi uccidere l’animale non funziona più, sacrificare l’animale non funziona più, e uccidendo il cinghiale l’uomo non muore più con una parte di sé e non può più fare il viaggio nei due mondi e fare ritorno. Come si fa a ritrovare il paradiso delle origini? Bisogna uccidere se stessi, ma uccidere se stessi quando si è mortali, quando non si è più capaci di fare il viaggio tra i mondi significa proprio morire per davvero e quindi non funzionerebbe neanche quello. Come si fa? Ecco che viene in essere il Salvatore, il Natale, Il Natale che per i buddisti è il Vesak la nascita del Buddha. Nel Vesak si celebra sia la nascita, sia l’illuminazione, sia la morte del Buddha, perché come dicevo prima la nascita viene con la morte e non si possono dividere le due cose. Dio si incarna, si fa uomo e mostra all’uomo la strada della salvezza che è il sacrificio di sé, la morte dell’io, ma una morte dell’io consapevole, spirituale che prelude a una rinascita, è una morte mistica perché una morte che prelude a una rinascita in fondo è il viaggio sciamanico, è quello che faceva anche Orfeo molto prima di Gesù, è il viaggio nell’underworld e poi il ritorno, il viaggio sciamanico, morire e rinascere in vita. il Dio che muore e rinasce è il simbolo di quello che noi dobbiamo fare per ritrovare il paradiso delle origini, morire e rinascere. Morire vuol dire dissolvere il nostro io e rinascere nel Sé, dissolvere questo io che produce lo stato di coscienza distinto e separato rispetto a tutto il resto del Creato e ritrovare uno stato di coscienza non duale. Questa è la morte e la resurrezione. Quindi questa dimensione della carne come dimensione mortale è fondamentale per ritrovare il paradiso delle origini, ma lo è stata anche per il Buddha. Il Buddha era un uomo, il Buddha è entrato nel Nirvana. Il Nirvana è la dissoluzione del veicolo corporeo, quando gli elementi acqua, aria, terra e fuoco, che nella loro aggregazione producono l’impressione l’immagine della nascita, si disgregano. E allora producono l’immagine della morte, l’impressione della morte. Il Buddha è nato ed è morto esattamente come Gesù e ha indicato la strada, nel Buddismo si dice del Nirvana, nel cristianesimo della salvazione o salvezza, la strada che ci permette di ritrovare lo stato di coscienza libero, che è il paradiso delle origini, l’età dell’oro dei pagani, uno stato di coscienza non duale in cui si è fondamentalmente immortali, perché non si ha paura. Voglio leggervi la un pezzo della lettera di Paolo ai Romani perché Paolo qui dice tutto: “Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù siamo stati battezzati nella sua morte” – il battesimo, essere battezzati nella morte, cioè comprendere la morte come sacrificio dell’io. “Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu resuscitato dai morti per mezzo della gloria del padre così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. Certo possiamo camminare in una vita nuova, ma prima dobbiamo essere sepolti. “Quindi noi possiamo camminare in una nuova vita però dobbiamo passare attraverso la sepoltura, se Infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua Resurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui” – qui Paolo è grandioso ragazzi, cioè il nostro uomo vecchio, il nostro io che non ci serve più è stato crocifisso con lui, il nostro uomo vecchio, quindi non è il nostro Sé che muore è l’io, il nostro uomo vecchio, come lo chiama Paolo è stato crocifisso con lui perché fosse distrutto il corpo del peccato, che è proprio questo senso dell’io, la mente, la volontà di esercitare un controllo, un potere sulla natura, sull’esistenza. “Quindi sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato, infatti, chi è morto è ormai libero dal peccato.” E’ grandioso! Come si fa a non riconoscere qui una unione di tutte le tradizioni spirituali del mondo, che dicono la stessa cosa, dal Buddismo allo sciamanismo? Questo è il rito sciamanico, è il rito presente in tutte le tradizioni spirituali del mondo. “Chi è morto e ormai libero dal peccato, ma se siamo morti con Cristo crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più, la morte non ha più potere su di lui”, cioè una volta che hai fatto il rito di morte e rinascita, una volta che hai seppellito questo io e sei in rinato nel Sé, una volta che hai sepolto la mente dualistica, che causa la separazione dell’io dal tutto, e sei rinato nel Sé, in uno stato di coscienza non duale in cui sei distinto ma non separato dal tutto, non muori più, la morte non ha più potere su di te. E’ la stessissima cosa nel Buddismo, una volta che tu hai vissuto il Samadhi, una volta che sei stato Nirodha, diciamo così, o hai incontrato il Nirvana nel Samsara, la morte non ha più potere su di te. Poi Paolo conclude con l’incarnazione. Dunque, l’incarnazione, cioè la nascita, il Natale racchiude in sè prospettive escatologiche e qui non è più Paolo a parlare ma il bravissimo Don Giovanni Leonardi, che purtroppo ha lasciato il corpo anni fa, diventando così l’inizio di un nuovo cammino verso quelle Eternità di Dio da cui proveniamo. Cioè noi dobbiamo nascere, è un simbolo, è un mito, i buddisti dicono è un’immagine, un’impressione, dobbiamo nascere nel Natale come è nato Cristo, perché questa nascita ci porta nella carne e in questa carne noi possiamo fare l’esperienza del morire per poi rinascere, grazie al fatto che siamo in un corpo mortale dove tutto è impermanente evanescente, siamo qual è il nostro corpo. Qui è bellissimo perché qual è il tuo corpo, cioè ti rendi conto che tu non sei solo in un corpo mortale, tu non nasci solo in un corpo mortale, nasci in un mondo mortale, addirittura nasci in un universo mortale in cui persino le stelle muoiono e diventano buchi neri. Cosa vuol dire? Qual è il confine del tuo corpo, quel corpo che muore? È l’universo intero il tuo corpo, tutto l’universo è il tuo corpo e tutto l’universo si fa mortale, attraverso la nascita che è simbolo, per permetterti di incontrare il sacrum facere, che è il darsi l’offrirsi, la resa, Aurobindo lo chiamava il Surrender ed è solo dopo questo Surrender che puoi trovare, diceva Aurobindo, la vera materia, il vero corpo che è immortale. Questa è la resurrezione,è la rinascita nello sciamanismo, il Nirvana dei buddisti. Ecco vogliamo dare a questo Natale il suo vero significato. Io stamattina quando mi sono svegliata, ho passeggiato lungo la spiaggia, ho fatto camminate lunghissime. Ho visto i Leoni Marini, i Martin pescatore, i Colibrì. Qui ci sono 25 gradi oggi, è pieno di farfalle e di colibrì, c’erano i gabbiani, gli aironi e i pellicani, un cielo e un mare meravigliosi, albe e tramonti bellissimi. Per questo la California è chiamata “Golden State” e mi dicevo: “ma è tutto così meraviglioso, perché si deve morire?” E’ stata la mia domanda tutto il tempo in queste passeggiate meravigliose e continuavo a ripetere “Perché la morte? Il significato della morte qual è di fronte a tutta questa bellezza?” E così piano piano i confini dell’io si ampliavano e arriva la vera risposta, non quella della mente… Ecco questo è il significato del Natale, sentire che tutta la natura è il tuo corpo e che tutto questo corpo che è Divino si è fatto mortale perché solo attraverso la morte è possibile ritrovare il paradiso delle origini, ma deve essere una morte Mistica la morte dell’io, il Surrender, a cui segue la resurrezione dei cristiani, la rinascita dei buddisti. Voi direte: “Ma c’è differenza tra Resurrezione e Rinascita? “Non c’è una grande differenza, perché se consideri veramente che cos’è la rinascita per gli sciamani quando fanno il rito di morte mistica, ti rendi conto che è una resurrezione. In tutte le tradizioni sciamaniche del mondo, dai turco mongoli agli sciamani tibetani, a quelli giapponesi, lo sciamano passa attraverso questo rito di morte mistica facendosi smembrare dagli spiriti in sogno o in uno stato d’estasi, gli spiriti vengono a lui e lo smembrano, lo fanno a pezzi e poi lo ricompongono, ma quando lo ricompongono non ha più lo stesso corpo di prima è una vera Resurrezione. Si tratta di un corpo sciamanico, divino e così ogni maestro nelle tradizioni dello yoga non muore ma transita lasciando un corpo di arcobaleno, cioè si transustanzia. Vi invito a fare oggi questa meditazione sulla morte e sulla bellezza Prendetevi del tempo oggi per osservare la bellezza della natura, la bellezza dei vostri figli, dei vostri genitori magari anziani, osservare la bellezza che è fragilità, impermanenza che è anche leggermente scura, così instabile, così delicata e fragile. Prendetevi del tempo per osservare la bellezza e nello stesso tempo sentite che dovete morire, sentite la grandiosità di questa offerta, che se consapevole, se vissuta senza paura, proprio un darsi con amore senza paura, senza bisogno di trattenere, senza lotta è proprio un soffio. In verità ad ogni respiro puoi morire, questo darti è un privilegio grandioso attraverso il quale puoi rinascere libero e immortale, nel vero corpo, nella vera materia che non sono più soggetti né alla morte né alla nascita. Facciamo tutti insieme questa meditazione. |
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