LA PRESIDENTE DEL CORECOM LAZIO SUI RAPPORTI TRA LA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE E L’ODIO.

Maria Cristina Cafini ha preso la parola in un evento sul tema organizzato da Roma tre in collaborazione con Stampa romana

La Presidente del Corecom Lazio Maria Cristina Cafini ha partecipato oggi a un evento organizzato dall’Università Roma tre in collaborazione con l’Associazione stampa romana, dal titolo Il confine tra libertà di espressione e odio.

Obiettivo del corso, approfondire una delle tematiche più discusse dell’era del digitale, che riguarda da vicino anche la professione giornalistica, cioè quale sia la linea di demarcazione tra la libertà di espressione da un lato e un suo utilizzo che rientri nella tipologia dell’hate speech, vale a dire le incitazioni all’odio, specie con una coloritura etnica, razziale, di genere o di orientamento sessuale. Il tutto con uno sguardo anche alla libertà di espressione nei luoghi di privazione della libertà.

Tra i partecipanti, Valeria Fiorillo, dottoressa di ricerca di Roma tre, Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, Giuseppe Mennella, giornalista e segretario generale dell’associazione Ossigeno per l’informazione, e Lazzaro Pappagallo, giornalista e segretario dell’Associazione Stampa romana.

Nel suo intervento, la presidente Cafini ha ricordato come i Corecom siano stati strutturati come organi funzionali di AGCOM, decentrati sul territorio, ai quali l’Autorità assegna molteplici funzioni delegate, tra le quali la tutela e garanzia dell’utenza, con particolare riferimento ai minori, attraverso educazione all’utilizzo dei media tradizionali e dei nuovi media e la vigilanza sul rispetto delle norme in materia di esercizio dell’attività radiotelevisiva locale. I Corecom sono però anche organi strutturalmente dipendenti dalle Regioni ai quali leggi, regionali e nazionali, attribuiscono ulteriori funzioni.

“L’innovazione digitale, con lo sviluppo di internet e dei social network, ha impattato – così la presidente – da tempo sull’attività dei Corecom, imponendo la necessità di allargare l’orizzonte dei propri compiti e ridefinendo i contenuti delle funzioni tradizionalmente assegnate (si pensi ai temi della formazione e tutela dei minori per la navigazione in Web e della cittadinanza digitale)”.

Un recente emendamento alla legge regionale, ha ricordato Cafini, “ha dunque recentemente previsto che il Corecom: contribuisca alla diffusione di informazioni sull’uso corretto e responsabile delle tecnologie e dei nuovi mezzi di comunicazione digitale, con particolare attenzione ai minori;  promuova e realizzi iniziative di studio, prevenzione e contrasto al fenomeno del cyberbullismo, hate speech e di tutela della reputazione e della identità digitale in Rete;  fornisca ai cittadini supporto e orientamento in ordine agli strumenti di tutela della reputazione e della dignità digitale”. Infatti, ha proseguito la presidente, “è istituito presso il Corecom un Osservatorio con finalità di ricerca su temi del bullismo online, degli atti persecutori, dell’adescamento di minorenni, della porno vendetta, delle sfide pericolose, del ritiro sociale, dei gruppi pro-anoressia e dell’istigazione al suicidio, nonché di formazione e assistenza all’uso responsabile delle tecnologie e dei nuovi mezzi di comunicazione digitale”.

Secondo Cafini, “è ravvisabile un asse di tensione tra la libertà di espressione, da un lato, e l’eccesso che un’applicazione senza limiti della stessa porterebbe sfociando, nei casi più critici, nelle incitazioni all’odio. La linea di demarcazione tra l’uno è l’altro non è sempre agevole da individuare: non si tratta di distinguere tra il nero e il bianco, quanto, piuttosto, di discernere tra le zone grigie, operando un giudizio case by case. Soprattutto in ambito politico, come evidenziato, non è facile distinguere tra una libera manifestazione del pensiero, di un ideale, di una dottrina ideologica e quando questo possa scaturire in dichiarazioni di inferiorità, di discriminazione e quindi di odio”.

Sotto questo punto di vista, le policy interne dei social network, ad avviso della presidente del Corecom, “hanno una pretesa forse troppo gravosa: operare un giudizio di bilanciamento e discernere ciò che è censurabile da ciò che invece, integrando una libera manifestazione del pensiero, seppur estrema, è da ritenere legittimo”.

Invece, in questo contesto “così frastagliato ed eterogeneo, è necessario – ha detto Cafini – riaffermare la predominanza dell’autorità pubblica, nella veste di regolatore prima, così da dettare degli standard uniformi e organici: di tolleranza alle manifestazioni del pensiero e di censura delle dichiarazioni d’odio online, delimitandone perimetri e confini ben precisi e, dall’altra, con un’azione di accertamento ex post, volta ad operare un giudizio di bilanciamento tra la libertà d’espressione costituzionalmente garantita e la tutela delle vittime delle espressioni d’odio”.

“Al momento mancano ancora regole condivise a livello internazionali – globali, come sono queste piattaforme – per affrontare la questione”, ha concluso Cafini; ma  sicuramente non può essere condiviso “l’atteggiamento delle istituzioni statali consistente nel ‘delegare’ poteri sostanzialmente pubblicistici, oltre che delicatissimi per il corretto funzionamento del nostro sistema democratico, a soggetti privati – i social network e FB in particolare – che già detengono un enorme potere (privato) suscettibile di condizionare l’esercizio delle libertà fondamentali dei cittadini-utenti, con il risultato di ampliare ancor di più il potere delle Big Tech, anziché limitarlo, come ci sarebbe da attendersi dalle istituzioni statali (oltre che sovranazionali)”.

 

 

 

 

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