E non è finita: domani è atteso il verdetto sul budget cap…
Campione del mondo no, forse sì, anzi sì: campione del mondo! Max Verstappen sa di aver vinto il Gp del Giappone, ma non sa che la Fia sta ricalcolando la classifica piloti attribuendo i punti come se una gara di 39 minuti fosse “piena”. E’ il colpo di coda del “regolamentismo” agonistico della nuova Formula 1: il risultato sportivo sempre sub iudice in attesa che un cavillo rivoluzioni tutto, nel retrobottega ragionieristico della Federazione. Il Mondiale si chiude come un’elezione italiana col Rosatellum, stesso disagio. Succede che Leclerc vada lungo all’ultima chicane, col tempo ormai scaduto e con Verstappen già oltre il traguardo. La Ferrari rientra scomposta ad occupare il secondo posto davanti a Perez. La Fia apre un’investigazione turbo per “vantaggio procurato”. 30 secondi dopo, col podio Mondiale già allestito, ha già deciso: 5 secondi di penalità, Perez passa al secondo posto. Non cambierebbe nulla, se da logica la classifica venisse aggiornata applicando le tabelle di punteggi “ridotti” per corsa parziale. E invece sorpresa! La Fia assegna tutto il monte punteggio. La gara è completa, dicono. Max Verstappen è campione del mondo a sua insaputa. Glielo comunicano durante le interviste di rito, mentre il mondo intorno resta silenzioso cercando di concepire la variabile ballerina dell’equazione. La Formula 1 s’affida ai resti. Non parla la Red Bull, Espn “blasta” la Fia sui social. Horner non capisce ma “sta”, come a sette e mezzo. Ha pescato la “matta” e va bene così. Verstappen ringrazia, col volto di ghiaccio in scioglimento equatoriale.
Nessuno pensava ad un finale “folle” quanto quello dello scorso anno ad Abu Dhabi, ma la Fia ce l’ha fatta. L’ha fabbricato ex novo. In appendice ad un Gran Premio fatto partire per un solo giro nel diluvio – giusto il tempo di eliminare Sainz, che poi ringrazierà Dio di essere ancora vivo. Con i trattori in contromano come in tangenziale, a incrociare un incredulo Pierre Gasly risvegliando nel paddock l’incubo dell’incidente di Jules Bianchi, morto contro una gru a bordo pista proprio a Suzuka. Due ore circa di pausa passate a scrutare l’orizzonte mentre sui social s’abbatteva la tempesta dell’indignazione e poi di nuovo in pista. La gara in sé – è paradossale, ma ormai in F1 va così – diventa la vicenda più scontata: Verstappen vola via, la Ferrari stenta. Tutto già visto. Mancava l’inedita mano della giustizia posticcia, a calare come una mannaia sull’ultimo brandello di credibilità di uno sport stravolto dalle sue stesse regole: la certezza del risultato sportivo non esiste più, è preda del giogo delle interpretazioni, come in una Var onnipotente. Verstappen sorride, ringrazia e se ne va. Non sa che proprio domani – il tempismo della Fia è inquietante – è atteso il verdetto sul budget cap dello scorso anno. Campione del mondo, certo, ma solo fino a prova contraria.
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