6MILA I PROFESSIONISTI CONTRO I 100MILA CHE SERVIREBBERO (DIRE) Roma, 3 lug. – Sono circa 6mila i professionisti della cybersecurity presenti oggi in Italia. Un numero ancora troppo basso, soprattutto considerando il fatto che l’Italia è al terzo posto tra i Paesi del mondo più colpiti da ransomware, la tipologia di attacco informatico per cui viene richiesto di pagare un riscatto in cambio dei dati sottratti. Per rispondere a tutte le richieste, servirebbero 100mila esperti in tutta la penisola. Per i giovani liceali che decidono di abbracciare questa strada, diverse sono le strade universitarie da percorrere: ci sono, ad esempio, corsi di laurea in ingegneria (con specializzazione in cybersecurity) o in informatica (con focus sulla sicurezza), master in Risk Management, e infine ci sono dottorati di ricerca. Tra le varie professioni che si può abbracciare una volta laureati, vi è quella dell’hacker etico, come quelli di WhiteJar (https://whitejar.io/it/), la prima community in Italia di hacker etici certificati. Gli hacker etici sono professionisti informatici che mettono a disposizione le proprie competenze per individuare falle e vulnerabilità all’interno di aziende o realtà informatiche ed evitare così che i cracker (hacker malevoli e criminali) ne approfittino. Proprio dal bisogno di trovare nuovi profili nell’ambito della sicurezza informatica (tra cui gli hacker etici), sono nate competizioni come la Cyberchallenge, il primo programma di addestramento in cybersecurity per studenti universitari e delle scuole superiori che si è concludeso il 30 giugno a Torino.
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