Sanità, Nursing Up De Palma: «11 milioni di euro all’anno: ecco quanto costa al nostro Servizio Sanitario Nazionale la spirale di violenze ai danni degli infermieri».
Quale sottile relazione esiste tra l’efficienza, e la qualità delle prestazioni sanitarie, e i continui episodi di aggressioni fisiche e psicologiche di cui sono vittime i malcapitati operatori sanitari?
Può sembrare una domanda di poco conto, ma non lo è affatto.
A pochi giorni dalla firma del nuovo CCNL della sanità, se è lecito, da una parte, gioire per le dignitose, almeno per ora, conquiste ottenute con le battaglie di piazza e anche con le lunghe ed estenuanti trattative che si sono protratte per mesi, lungo la tortuosa strada della valorizzazione, irta di insidie per sindacati battaglieri come il nostro, le nostre denunce non possono e non vogliono fermarsi anzi, abbiamo il dovere di porci, ogni giorno, riflessioni sempre più approfondite su ciò che sta accadendo nel mondo infermieristico.
Ebbene, anche durante il Covid, fummo i primi a denunciare che, alla luce della voragine legata alla carenza di professionisti della salute, ad oggi arrivata ad 80mila unità, un infermiere che si contagiava ogni giorno, e che rimaneva forzatamente lontano dal luogo di lavoro, rappresentava l’ennesimo pezzo mancante ad una costruzione già ben lontana dall’essere stabile.
Oggi, con i dati allarmanti emersi dall’Inail, che confortano ampiamente le nostre tesi e le nostre denunce, nel quadro a tinte fosche della violenza ai danni degli operatori sanitari, non emergono solo i preoccupanti numeri di una casistica, che raccontano che sono ben 130mila gli infermieri vittime di aggressioni fisiche e psicologiche “conclamate” ogni anno, a cui vanno aggiunti ben 125mila casi sommersi.
Senza dimenticare che il 75% per cento delle vittime sono donne.
Siamo di fronte, da una parte, a prognosi di minimo 3 giorni, per i calci e i pugni presi, e dall’altra facciamo conti con l’esplosione di traumi psicologici come la sindrome di bourn-out, poiché le botte, le minacce, la paura, l’ansia, rendono invivibile il luogo di lavoro.
Ma il problema si aggrava: secondo lo studio CEASE-IT, svolto da otto università italiane, capofila l’Università di Genova, i danni, legati inevitabilmente alle assenze degli infermieri aggrediti, e che gioco forza restano a casa, sono anche economici.
Il 32% degli infermieri riferisce di aver ricevuto violenza, con una media annuale di 15 episodi per singolo infermiere. In tutto, il 4.3% riferisce assenza dal lavoro a causa di violenza subita e questo, se l’assenza è di almeno tre giorni come detto, vale circa 600 euro a caso che, moltiplicati per il numero degli infermieri coinvolti, in un anno porta il conto a oltre 11 milioni di euro, considerando la prevalenza dell’evento sulla popolazione infermieristica italiana.
Avete capito bene: la risposta è, amaramente, quella che ci attendevamo da tempo e che avevamo previsto.
Il ciclone di violenze ai danni degli infermieri mina dal profondo la qualità del servizio sanitario, e provoca conseguenze nefaste dal punto di vista economico.
Possiamo davvero permetterci tutto questo, alla luce della carenza infermieristica che lacera già nel profondo il sistema?
Possiamo permetterci di lasciare a casa i nostri migliori professionisti, alle prese , quando va bene, con lividi ed escoriazioni, dopo che, magari, la notte prima, un soggetto sconosciuto e sconsiderato, ha sfogato su di loro la sua follia?
Possiamo permetterci, infine, di vedere aumentare a vista d’occhio le dimissioni volontarie di chi, dopo la seconda o terza aggressione decide che, di rischiare di non rivedere la propria famiglia alla fine del turno di servizio, non ne valga davvero più la pena?
Il giorno 28 di giugno abbiamo convocato a Roma gli stati generali del Nursing Up, dei nostri infermieri e delle professioni sanitarie, per presentare loro il nuovo contratto, ma anche per spiegare chi, tra i vari politici dell’ultima ora, ha realmente sostenuto e perorato la loro causa contrattuale. Presto daremo maggiori informazioni su questa importante giornata.