Lo European Chips Act.
Cosa hanno in comune un’automobile, un cellulare e un peacemaker? Di
sicuro all’interno hanno almeno un chip che ne gestisce le
funzionalità.Nati alla fine degli anni ’50 dai laboratori della Texas
Instruments, i circuiti integrati sono diventati elementi basilari per
la componentistica di qualsiasi apparecchio che utilizziamo nel
quotidiano.Per la loro valenza strategica sono stati recentemente
oggetto dell’attività della Commissione Europea che si è espressa in
termini di sovranità tecnologica.Il mercato dei chip è infatti
piuttosto definito. Il leader mondiale è Taiwan e a seguire la Corea
del Sud con Samsung e TSMC in una posizione di quasi monopolio.Il
mercato asiatico è anche leader mondiale nel settore della
fabbricazione e nell’assemblaggio dei semiconduttori che, a loro
volta, sono alla base dei microprocessori stessi.
L’Unione Europea è invece una importatrice netta di tecnologia con una
quota di produzione di chip pari a circa il 9% del totale.Tenuto conto
di questo sbilanciamento evidente nella dislocazione dei principali
player del mercato e delle vulnerabilità emerse nella fornitura di
questo tipo di componenti nel corso della pandemia dovuta al Covid-19
(che ha coinvolto pesantemente anche il settore automobilistico), la
Commissione europea ha ritenuto necessario prevedere una strategia
finalizzata a colmare il gap in questo settore industriale.
Lo scorso settembre 2021 il Presidente della Commissione UE Ursula von
der Leyen ha anticipato un Chips Act europeo nel suo discorso sullo
stato dell’Unione finalizzato a coordinare gli investimenti nazionali
e internazionali. Un’azione analoga è stata già intrapresa dagli
U.S.A. alla fine del 2020 per una spesa complessiva di 52 miliardi di
dollari fino al 2026.
In sintesi ci si propone di raggiungere almeno il 20% della produzione
mondiale entro il 2030 cogliendo l’opportunità di sviluppare un
mercato digitale e un miglioramento produttivo del settore tech che
sia radicale.
Tale iniziativa segue quella intrapresa nel dicembre 2020 da 22 Stati
membri che hanno deciso di intensificare i propri sforzi per stimolare
la produzione di processori e semiconduttori per affrontare al meglio
le sfide in termini di sicurezza e di sviluppo tecnologico.
Gli sforzi europei devono essere finalizzati al settore produttivo e
ai materiali, all’integrazione delle singole soluzioni, a un
incremento della presenza in settori ad alta crescita come quello dei
trasporti, delle comunicazioni, dell’energia e, infine, a valorizzare
la ricerca e il capitale umano presente nelle università e nei centri
di ricerca.
In sostanza, gli obiettivi strategici europei saranno: il
rafforzamento della leadership nella ricerca e nel potenziale
tecnologico; il potenziamento della capacità di innovare nel settore
dei chip più performanti e con consumi energetici ridotti;
l’adeguamento della capacità produttiva entro il 2030 dopo il quale è
prevista una crescita significativa della domanda; la possibilità di
attrarre nuovi professionisti tenuto conto dell’importante deficit
attuale; la creazione di una rete di soggetti imprenditoriali in grado
di prevenire e rispondere in maniera adeguata alle future eventuali
crisi internazionali.
Al fine di rafforzare la propria capacità di innovare sono stati
previsti investimenti dedicati anche mediante i programmi Horizon
Europe e il Digital Europe che si andranno ad affiancare ai
prevedibili investimenti privati.
In pratica sarà prevista una nuova modalità di produzione dei chip che
consentirà di sviluppare nuove applicazioni per i processori e
semplificare le fasi precedenti alla messa in produzione degli ultimi
modelli (test dei prototipi prima della fase di commercializzazione)
accorciando dunque la catena tra la fase Lab (laboratorio) a quella
Fab (produzione e commercializzazione).
Saranno quindi individuate due categorie di industrie: quelle che
progettano e producono per gli altri soggetti industriali e quelle che
producono invece per il proprio mercato.
Per avere diritto agli incentivi gli impianti dovranno essere i “primi
nel loro genere”.
Forse non a caso è arrivato l’annuncio di Intel, dagli U.S.A., ha
deciso di investire in Europa circa 80 miliardi di euro in 10 anni a
partire dal 2023 per realizzare impianti di ricerca e sviluppo
connessi al settore dei semiconduttori con la messa in produzione a
partire dal 2027 e la conseguente creazione di nuove possibilità di
impiego per i profili più specializzati.