Biometria e sicurezza, la sottile linea della privacy.

di Biagino Costanzo, dirigente d’azienda e Responsabile
dell’Osservatorio Security, Cyber, Safety, Ethic di AIDR

Ha fatto il giro del mondo, pochi giorni prima della folle invasione
dell’Ucraina, la foto dove la distanza tra Putin e Macron sul tavolone
bianco di rappresentanza testimoniava, plasticamente, non solo una
voragine tra i due sul dossier Ucraina, appunto, ma il semplice motivo
della necessità di mantenere il distanziamento sanitario, infatti, il
presidente francese che aveva già fatto un tampone in partenza da
Parigi, all’arrivo a Mosca è stato bloccato dalla propria intelligence
nel rifare un test, voluto dai russi, dove chiaramente il rischio
paventato era la sottrazione dei dati biometrici dei leader stranieri.
Infatti, stesso consiglio i Servizi tedeschi hanno dato a Olaf Scholz
al suo arrivo nella capitale russa, ma, comunque, per poter incontrare
il presidente russo i due leader europei si sono sottoposti ad un cd
Pcr eseguito però dai medici delle rispettive ambasciate e con
apparecchiature portati dalle rispettive nazioni e il personale medico
russo è stato invitato ad assistere alla prova.

È storia nota e antica quella per la quale tutti i servizi di
intelligence del mondo siano interessati ai dati biometrici delle
persone. Ma per quale motivo?
È risaputo anche che l’acquisizione del DNA umano è possibile
ottenerlo anche prendendo il bicchiere usato o qualche capello
lasciato su una sedia sul cuscino dell’hotel ospitante ma la
leggibilità e la chiarezza dei dati è massima prelevando appunto da un
test per il Covid, è tutto questo è merce preziosa, infatti, le tracce
genetiche sono quelle più sensibili e personali.
Conoscere il DNA di un essere umano significa saper tutto di lui e
quando le guerre non sono più quelle convenzionali ma si alimentano di
quasi tutto quello che ormai ci circonda, l’informazione, la salute di
un soggetto, e innanzitutto la cibernetica, avere una lista di DNA
della maggior parte di individui che vanno dai leader a chi ricopre
incarichi istituzionali o manager di industrie partecipate ma fino al
semplice cittadino.
Ricordiamoci che dai diversi dati biometrici è ormai possibile dedurre
l’origine etnica e razziale o anche lo stato di salute di un individuo
e ulteriori dati di natura particolare

Negli ultimi anni il numero di dispositivi in grado di trattare dati
biometrici è aumentato in modo vertiginoso. Dai semplici diffusissimi
smartphone, ai wearable device, al mondo della videosorveglianza, da
quella basica a quella intelligente con funzionalità di
riconoscimento, sempre più strumenti sono in grado di rilevare
caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali che consentono
l’identificazione univoca degli interessati.

Ed è qui che entra in gioco la normativa relativa al “famigerato
“trattamento dei dati e alle implicazioni relative alla legittimità,
alla compliance e ai principi del GDPR e agli interventi del Garante
della privacy.
Mettendo per il momento da parte, nel nostro ragionamento, l’uso che
gli apparati di sicurezza sono autorizzati a utilizzare ai fini della
sicurezza nazionale, l’utilizzo dei sistemi di riconoscimento
biometrico in un contesto lavorativo ha implicazioni relativamente
alla legittimità del trattamento stesso.

Infatti, dinanzi alla rapida ascesa degli strumenti che trattano dati
biometrici, il Garante ha sempre assunto un atteggiamento rigido al
fine di garantire il rispetto della dignità della persona,
dell’identità personale e dei semplici principi di finalità e
proporzionalità.

La finalità di identificazione e di sorveglianza non può giustificare
qualsiasi utilizzo del corpo umano che l’innovazione tecnologica può
rendere possibile e giustificabile.

Prendiamo ad esempio il contesto lavorativo. Il titolare di una
azienda o il Datore di Lavoro, in una ottica di un utilizzo di sistemi
di riconoscimento biometrico per verificare l’effettivo svolgimento
della prestazione lavorativa e permetterebbe di conoscere con assoluta
certezza chi realmente stia svolgendo il proprio lavoro ma questo
confligge in modo evidente con la protezione dell’identità e quindi
con uno dei principi generali dettati dal GDPR.

Il titolare, quando parliamo di questa tipologia di trattamento, deve
far fronte a diverse variabili; innanzitutto saper ponderare
l’effettiva necessità e proporzionalità dello stesso, poi il saper
individuare la giusta base giuridica di applicazione.
È infatti certo che i processi di autenticazione all’accesso basati
sulle password hanno il 100% di meticolosità, ricordiamo che la
password inserita da un user specifico può essere corretta, e
l’accesso consentito, oppure non corretta, e l’accesso quindi negato
ma se parliamo di dati biomedici questo non vale, infatti questi
possono presentare anche se residualmente dei falsi positivi

Di fatto la raccolta di tali dati, per la loro peculiare natura,
richiede l’adozione di elevate cautele per prevenire possibili
pregiudizi a danno degli interessati.
È quindi necessario esser coscienti che l’uso di dati biometrici deve
esser sempre esser giustificato e solo in casi particolari, tenuto
conto delle finalità e del contesto in cui essi sono trattati e, in
relazione appunto ai luoghi di lavoro, per presidiare accessi ad “aree
riservate e/o sensibili”, definitive tali considerando la natura delle
attività in esse svolte.
Pensiamo, ad esempio, in aree dove si svolge attività e processi
produttivi pericolosi o a quelle sottoposte alla custodia di
infrastrutture, progetti, documentazione, apparecchiature HW e SW o
beni classificati “segreti” o riservati che ai fini di legge debbono
essere presidiate e controllate H24.

Bisogna ricordare che in Industria 4.0 sono presenti numerose
tecnologie che riguardano il trattamento di dati biometrici e
nell’ambiente industriale con progresso tecnologico avanzato questi
dati sono ampiamente utilizzati.
Di cosa parliamo quando si cita “progresso tecnologico avanzato”?
Parliamo di categorie non futuristiche ma soluzioni che riguardano già
oggi la robotica cd indossabile, quindi tute speciali realizzate
grazie alle scansioni del corpo dei lavoratori, oppure le postazioni
di lavoro auto adattive, ovvero costruite in base alle caratteristiche
proprie di chi deve occuparle o gli esoscheletri per applicazioni
industriali volti ad aumentare le capacità operative dei lavoratori
che svolgono attività o manuali o di movimentazione.

Insomma, quando si utilizzano tecnologie sempre più avanzate ed
invasive che coinvolgono sempre più la “persona” considerando inoltre
che parliamo di lavoratori, è assolutamente necessario saper
bilanciare gli interessi in gioco per valutare la necessita e la
proporzionalità del trattamento dei dati biometrici e attribuire il
giusto peso alla valutazione del rischio inerente al trattamento
stesso. Questo sta a significare, prevedere soluzioni che devono
portare al rendere anonimi i dati tracciati o la limitazione temporale
della conservazione degli stessi.

Il rischio aumenta esponenzialmente quando si acquisiscono tutte
queste informazioni se non viene mitigato dalla garanzia di un
controllo severo. Infatti è bene tener a mente che le conseguenze di
un data breach di dati biometrici sarebbero davvero, potenzialmente
molto gravi, bisogna infatti considerare che al contrario delle
password tradizionali, un dato biometrico non può essere modificato né
cancellato.

Ecco perché nel GDPR, alla sezione riguardante il trattamento dei
biometrici, è previsto un divieto generale e una tutela rafforzata
proprio la natura particolare del tema, per dove vi è la possibilità
di derogare solo in presenza di specifiche eccezioni.
Parliamo, ad esempio e innanzitutto del consenso da parte
dell’interessato, dell’assolvimento degli obblighi e l’esercizio dei
diritti del titolare o dell’interessato in materia di diritto del
lavoro, ed infine i motivi di interesse pubblico rilevante, quali per
esempio la Sicurezza Nazionale degli Stati membri dell’Unione.

In conclusione non possiamo non constatare che con l’aumento dei
rischi dovuti agli attacchi terroristici e, in generale, da una
criminalità organizzata sempre più sofisticata, è contemporaneamente
aumentata l’esigenza di garantire la sicurezza dei cittadini
soprattutto quando si devono proteggere luoghi pubblici cd “ad alto
rischio” quali stazioni ferroviarie, aeroporti, porti, etc ,etc ed è
naturale, direi, che anche l’utilizzo della biometria costituisce un
alleato più che valido per poter individuare soggetti potenzialmente
pericolosi per la collettività, con la possibilità di poter misurare
con metodologie statistiche e matematiche, tutte le possibili
variabili fisiologiche e comportamentali proprie delle persone.
Ma tutto questo deve esser svolto in un contesto di massima serietà
professionale, deontologica, rispettando la legge e al tempo stesso
esser coscienti che una materia così delicata come questa deve essere
gestita da veri professionisti in possesso, direi, anche di un alto
dato valoriale ed etico. Solo così si riuscirà a coniugare, con
successo, progresso, diritti, lavoro, business e sicurezza.

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