ROMA – La monumentale pala d’altare raffigurante la Crocifissione di San Pietro si impone all’ingresso della Galleria Borghese, annunciando la presenza di Guido Reni con una mostra dopo più di trent’anni dall’ultima monografica. L’esposizione, aperta da oggi, primo marzo, al 22 maggio 2022, ruota intorno al ritrovato dipinto Danza campestre, databile al 1605 circa e da un anno tornato a far parte della collezione del museo romano. Ed è proprio attraverso i temi del sacro e della natura che l’esposizione ricostruisce i primi anni del soggiorno a Roma di Guido Reni, il suo studio dell’antico e del Rinascimento.
“Non possiamo definirlo un percorso di formazione giovanile perché il grande artista arriva a 26 anni, per curiosità e alla ricerca di nuove occasioni, ma sull’onda di una carriera brillante in patria”, ha spiegato la direttrice della Galleria Borghese e curatrice della mostra, Francesca Cappelletti. A Roma, Guido Reni “resta un isolato di grande successo, cosa gli ha dato questa città e che cosa vi ha lasciato è la storia che vogliamo raccontare”, ha aggiunto Cappelletti.
L’artista bolognese arriva all’inizio del Seicento probabilmente invitato dal cardinale Paolo Emilio Sfondrato, conosciuto a Bologna nel 1598. È lui a chiedere a Reni una copia dell’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello. Reni rimarrà a Roma fino al 1614. Al 1604 risale la Crocifissione di San Pietro, tela commissionata dal cardinale Pietro Aldobrandini per l’abbazia di San Paolo alle Tre Fontane in cui Reni si confronta con Caravaggio. Lo fa ancora in altre opere come Davide con la testa di Golia, allestito nella mostra alla Galleria Borghese nella sala che ospita il David di Gian Lorenzo Bernini.
La forte attrazione per gli scultori che anima Guido Reni è ben raccontata in molte delle trenta opere in mostra, spesso in dialogo con le opere della collezione permanente. È il caso della tela del 1609 ‘San Paolo rimprovera San Pietro penitente’, in cui Reni posiziona San Pietro in una posa che ricorda quella della celebre paolina Borghese.
In entrambi i casi il braccio è piegato a sorreggere la testa, con il resto del corpo adagiato su un fianco. Decisamente di impatto l’accostamento tra l’Apollo e Dafne di Bernini e la ‘Strage degli innocenti’, tela che Guido Reni realizza nel 1611.
Al primo piano della Galleria, la seconda parte della mostra è dedicata al tema del paesaggio con Danza campestre, ultimo acquisto della collezione ospitato nella sala del Lanfranco insieme ad altre opere contemporanee a Reni di Niccolò dell’Abate, Agostino Carracci e due dei sei paesaggi con storie mitologiche di Carlo Saraceni, provenienti dal Museo e Real Bosco di Capodimonte.
Il percorso si conclude con l’affresco eseguito tra il 1613 e il 1614 nel casino del cardinale Scipione Borghese in cui Guido Reni immagina il sorgere del sole circondato dalle Ore e preceduto da Aurora, lasciando intravedere sullo sfondo un paesaggio marino. ‘Guido Reni a Roma. Il sacro e la natura’ è per il ministro della Cultura, Dario Franceschini, “una grande mostra che prosegue la capacità della Galleria Borghese di far dialogare il patrimonio permanente con mostre straordinarie. È una cosa di grande qualità”.
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