Sanità, Nursing Up De Palma: «Riconoscere attività infermieri tra quelle usuranti. Nuovo DDL occasione da non perdere per riscrivere la nostra storia».
Così Antonio De Palma ha esordito nel suo discorso durante l’audizione al Senato dello scorso 15 febbraio, dal momento che il Nursing Up è stato tra i sindacati chiamati a offrire il proprio autorevole parere in merito al disegno di legge in corso, che potrebbe finalmente arrivare a riconoscere, ce lo auguriamo, l’attività professionale degli infermieri tra le categorie usuranti e non certo tra quelle gravose, così come ha voluto un decreto del Ministero del Lavoro, quello del febbraio 2018.
«Da parte nostra, ha detto De Palma, non può che registrarsi un forte apprezzamento per la volontà manifestata, da parte delle istituzioni, a inserire, finalmente, dopo anni di nostre battaglie, una norma atta a riconoscere la professione degli infermieri italiani come categoria usurante.
E’ l’articolo 1 del dlsg 67/2011 a stabilire quali sono i lavori cosiddetti usuranti, ossia quelle attività che richiedono un impegno fisico e mentale particolarmente elevato da giustificare un accesso anticipato al trattamento pensionistico rispetto alle altre categorie di lavoratori. In tali disposizioni gli infermieri rientrano solo in via residuale tra la generalità dei lavoratori notturni, e alla fine, quelli che beneficiano effettivamente di tali previsioni sono pochi, perché l’attività usurante viene riconosciuta solo nei casi in cui i dipendenti prestino servizio per almeno 6 ore del periodo notturno e per un minimo di 78 notti ogni anno. Sono poi considerati come usuranti anche quei lavori in cui l’impiego nella fascia 24:00-05:00 è di sole 3 ore, ma per un periodo di lavoro pari all’intero anno lavorativo.
Come è possibile, ce lo chiediamo da tempo, continua un incalzante De Palma rivolto ai Senatori, che fin ora non siano stati tenuti in alcuna considerazione elementi probanti come la qualità, la tipologia e le peculiarità del servizio infermieristico, nonché il forte carattere stressogeno dell’attività svolta e l’elevata valenza usurante che esprimono le attività infermieristiche? Quanto conta tutto questo agli occhi della collettività?
Non possiamo non tenere conto, come se non bastasse quanto detto fin ora, dell’esperienza nefasta che due anni di pandemia hanno lasciato nel fisico e nella mente di noi infermieri. Non possiamo cancellare con un colpo di spugna l’impegno spasmodico quotidiano, che non ha fatto altro che confermare e acuire, se ne era necessario, la valenza usurante della nostra professione.
Gli infermieri, con il decreto del Ministero del Lavoro del 2018, sono stati come noto riconosciuti, paradossalmente, nell’elenco dei lavori gravosi.
Eppure siamo noi quelli che antepongono la salute dei pazienti alla nostra, e non solo in costanza di emergenza sanitaria.
Siamo i professionisti che reggono sulle loro spalle le sorti del sistema, il macigno di strutture vetuste e di cattive gestioni all’insegna di anni di gravosa austerity.
Tutto questo non fa che trasformare il nostro nobile lavoro in un pericoloso sfinimento quotidiano, ingabbiati come siamo in tunnel senza uscita. E come non menzionare il fatto che la nostra professione è caratterizzata, da sempre, da turni massacranti diurni e notturni.
Gli infermieri sono quelli dei segni fisici sul volto lasciati dalle mascherine indossate ore e ore, sono quelli dei camici da macellaio al posto dei presidi di sicurezza a norma, sono quelli che hanno dovuto sperimentare l’esperienza estrema di indossare pannoloni, a fronte di turni massacranti che impedivano loro, addirittura, di recarsi in bagno, soprattutto sono quelli che portano dentro le cicatrici invisibili dello stress, dell’angoscia e ella paura, quella che esplode per il contatto quotidiano con la malattia e la morte.
Tutto questo disegna un quadro fin troppo chiaro e mette in evidenza, se fosse ancora necessario, una realtà desolante, all’insegna di un pesantissimo fardello da portare sulle spalle ogni giorno, alla luce dello spasmodico impegno quotidiano che un decreto incomprensibile non ci riconosce.
Sciorinando dati, e richiamandosi ad evidenze scientifiche, il leader del Nursing Up ha fortemente sostenuto che la professione infermieristica è tra quelle della salute, la più esposta e gravosa, quella più a rischio.
130mila contagi, gli oltre 80 decessi durante la pandemia: non basta tutto questo?
Parliamo di confronto quotidiano con lo stress psico-fisico, che genera sindromi preoccupanti, “figlie legittime” di una situazione di difficoltà e di disagio che perdura, e che va ben oltre la mera tipologia del turno di lavoro notturno, visto che molte sindromi vengono riscontrate anche in soggetti che non operano di notte, perché ha assunto le qualità proprie della costanza, ed è arrivata all’acme.
Ed ecco, allora, che si giunge a patologie pericolose e preoccupanti come la sindrome di burnout.
È palese quindi che, un infermiere in buone condizioni di salute, un infermiere tutelato fisicamente e psicologicamente nell’esercizio delle sue funzioni dall’azienda sanitaria dove lavora, tutelato da una normativa che ne riconosce il peso delle responsabilità indipendentemente dal fatto che tali responsabilità vengano agite attraverso turni di notte o di giorno, è alla fine un professionista che si sente valorizzato, in grado di rendere al meglio. E tutto non può che andare a vantaggio della qualità delle prestazioni sanitarie offerte ai malati.
Per tutte queste ragioni Nursing Up, ha ribadito vigorosamente, alla Commissione Lavoro del senato, il proprio forte e pieno apprezzamento, nonché deciso sostegno, alla volontà di introdurre finalmente, attraverso il Ddl 2347 in itinere, l’attesa norma atta a ricomprendere l’attività professionale degli infermieri tra quelle usuranti, e finalmente mandarli in pensione anticipatamente».