KIEV – L’VIV (UCRAINA) – È ancora buio, ma nel piazzale davanti alla stazione è già tutto bloccato. Taxi e furgoncini scaricano passeggeri alla “Tsentralnaya” da dove partono i treni per l’Europa. Insieme con diplomatici e funzionari delle ambasciate occidentali ci sono anche famiglie e giovani coppie ucraine con valigie, passeggini e qualche scatolone. Aspettano sulla banchina del primo binario, quello del treno per L’viv, l’antica Leopoli sulla via di Przemysl, la prima città oltre il confine con la Polonia.
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LA STORIA DI ANGELINA E ALEKSANDR
“Ce ne andiamo in un bed & breakfast per un paio di settimane, il tempo di capire che cosa stia davvero accadendo” spiega Angelina. E’ preoccupata, ma sotto la mascherina prova un sorriso: “A Kiev lavoro come web designer e per lo meno nei prossimi giorni potrò approfittare dello smart working”. Angelina ha 26 anni ed è originaria di Kharkiv, una delle città dell’Ucraina orientale più vicine ai battaglioni dell’esercito russo schiarati oltre il confine. Accanto a lei in treno siede il compagno, Aleksandr. È nato in Crimea, la penisola del Mar Nero annessa dai russi nel 2014, l’anno di inizio del conflitto tra l’esercito ucraino e i ribelli delle regioni del Donbass alleati di Mosca.
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Angelina e Aleksandr si sono conosciuti all’Università di Kiev, a metà strada tra est e ovest, mentre al fronte cadevano i colpi di mortaio. “Ce ne andiamo perché non ci sentiamo al sicuro” ripetono. “Una escalation internazionale del genere non si era mai vista: anche se finora non ci sono state azioni di guerra, speriamo con tutto il cuore che la missione in Ucraina e in Russia del cancelliere tedesco Olaf Scholz possa dare qualche risultato”.
I ragazzi sono diretti a L’viv, dove da alcuni giorni si sta spostando il personale delle ambasciate europee e americane che non ha ancora lasciato il Paese. “Non è il momento di andarsene dall’Ucraina, ormai è già tardi”, ha ammonito un dirigente dell’amministrazione degli Stati Uniti nel fine settimana. Gran Bretagna e Germania hanno chiesto ai propri connazionali di lasciare il Paese “in modo immediato” e parallelamente hanno avviato il ritiro degli osservatori al lavoro con l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) per monitorare il rispetto della tregua nell’est.
In treno oggi ci sono anche due ragazzi turchi, che studiano medicina all’Università di Kiev. “Avremmo voluto restare ma siamo stati costretti ad andare via”, raccontano. “I nostri genitori sono preoccupati e ce lo ha chiesto anche l’ambasciata”. L’viv dista solo 70 chilometri dal confine con la Polonia e, nel caso di un’azione militare, potrebbe essere più al riparo. Sono lontani sia il fronte del Donbass sia il mar Nero, dove incrocia la flotta russa di base in Crimea e hanno base i caccia della Nato, a Costanza, in Romania.
La crisi, però, riguarda tutta l’Ucraina. Dopo la scelta di alcune società britanniche di non assicurare più voli in partenza e in arrivo dal Paese, è cresciuto il timore di una possibile chiusura dello spazio aereo nell’arco. Il governo del presidente Volodymyr Zelensky ha risposto denunciando un tentativo di creare “panico” e valutando, come contromisura, di coprire parte dei costi delle polizze in modo da garantire i collegamenti internazionali.
KRISTINA, 22 ANNI: “MAI VISTA UNA CRISI DI QUESTO LIVELLO”
Ne parliamo con Kristina, una ragazza di 22 anni che vive a Kiev ed è originaria di L’viv. “Di esercitazioni militari ce ne sono già state in passato ma questa è una crisi di livello mai visto” sussurra seduta accanto al finestrino, mentre il disco rosso del sole si alza dietro le betulle. “Resta da capire se le denunce americane su un’azione russa imminente siano davvero motivate dall’intenzione di scongiurarla”.
VADIM: “IN UCRAINA LA GUERRA LA CONOSCIAMO DA 8 ANNI”
Non tutti però sono preoccupati allo stesso modo. Vadim, che lavora come controllore, dice che sul treno oggi non c’è più folla del solito. “Qui in Ucraina la guerra la conosciamo da otto anni” aggiunge. “Sappiamo che all’improvviso può succedere qualcosa, ma ci siamo anche abituati”. Il treno entra nella stazione di L’viv, sotto la galleria in ferro battuto in stile Art Nouveau. In strada, a poche centinaia di metri, poliziotti e vigili del fuoco hanno appena transennato il marciapiede di fronte a una banca: c’è stato un allarme bomba, falso per fortuna.
Agenzia DiRE www.dire.it