LAVORO. ROTONDI: RIFORME IN MANO A GOVERNO FRAGILE FALLISCONO, SERVONO TEMPI LUNGHI PER EFFETTI.
“Supportiamo costi energia invece di costi occupazione, così non c’è strategia di crescita”.
Roma – “In questi anni si sono susseguiti importantissimi attori nel mondo e nel mercato del lavoro, alcuni ministri hanno cambiato il volto di questo mondo: Treu, Sacconi, Fornero. Sono stati introdotti diversi cambiamenti, che sono stati però parzialmente applicati. Il motivo l’ho studiato e la risposta è proprio la discontinuità: non c’è il tempo affinchè ogni riforma possa dispiegare i suoi effetti, che impiega almeno tre-cinque anni per dare i segnali del suo impatto sul mondo del lavoro. Ma in Italia questo non è possibile perché le riforme vengono abrogate, rese non costituzionali, il tema insomma non è giuridico ma politico”. A dirlo è Francesco Rotondi, avvocato giuslavorista e autore del libro ‘Com’è cambiato il mercato del lavoro in Italia e come cambierà’, intervistato dal direttore dell’agenzia Dire, Nicola Perrone.
Rotondi ha dialogato con sei ministri del Lavoro, protagonisti delle riforme degli ultimi 25 anni: Orlando, Treu, Damiano, Sacconi, Fornero e Catalfo. Tra i cambiamenti dell’organizzazione, la prima e più impattante è stato il lavoro da remoto, quello che viene chiamato, spesso a torto, smart working. Un modo realmente nuovo di lavorare? “Non abbiamo trovato nuovi modelli organizzativi, attualmente stiamo insistendo su nuove modalità di resa organizzativa- afferma Rotondi- l’introduzione di un modello organizzativo ha un output di benessere per il lavoratore e deve avere un’utilità per entrambe le parti coinvolte. In questo caso invece la modifica repentina, il lavoro da remoto, ha creato un caos organizzativo
che ha generato rivendicazioni, come quelle del pubblico impiego ora: ‘Non voglio tornare in ufficio’, ‘Voglio più flessibilità’. Ma cosa vuol dire concretamente?- si interroga l’avvocato- Per i
lavoratori che rivendicano queste istanze significa rispondere alla richiesta di benessere, laddove oggi c’è malessere. Diverso il discorso sulla flessibilità, che non è l’allontanamento dall’ufficio che vediamo oggi. Serve dare un significato univoco al concetto di flessibilità che altrimenti entra nello scontro tra sindacato e organizzazioni lavorative spaccando le parti”.
Tornando però alla politica e all’esperienza del governo Draghi, Rotondi non fa sconti: “Quando la politica cede il posto a un tecnico vuol dire che ha fallito, sebbene i politici sembrino sollevati di avere qualcuno che si occupi del governo al posto loro. In Italia, ogni tot di anni, la politica si sposta e lascia il posto al tecnico, che rimedia a tutti gli errori della politica. Il governo tecnico però non è un governo ma un equilibratore di tensioni, problemi, contingenze”. In sostanza I problemi sono in parte risolti ma quelli di più lungo respiro no. Tanto che Rotondi afferma: “Il problema politico dovrebbero risolverlo i cittadini, e sotto questo profilo siamo carenti”.
Non si può non parlare di pandemia, smartworking, flessibilità senza evitare l’elefante nella stanza: l’innovazione tecnologica. Come possiamo non subirla? “Non è la prima volta che ci troviamo di fronte ad un cambiamento, che sia dettato dalla tecnologia o da altre motivazioni non fa differenza- sostiene Rotondi- Ogni cambiamento ha portato innovazione, anche cancellando abitudini, attività, modalità di vita. I tempi di reazione del cambiamento erano, decadi fa, più lenti, oggi sono velocissimi. Forse si può lavorare sul concetto di reazione anche sulla flessibilità, nell’ambito delle competenze, dei nuovi lavori e delle nuove attività. Il problema non è quindi accettare o meno che vi sarà un cambiamento ma prepararvisi. La risposta è nel concetto di tempo di reazione” esemplifica il giuslavorista.
Infine una domanda sulla prospettiva che ci attende: quali sono le priorità per una riforma del lavoro che duri più di un anno? “Un governo stabile, questa sarebbe la ricetta, ma bisogna
anche dire che qualsiasi riforma in mano ad un governo fragile rischia di fallire. Per impedirlo occorre lavorare sulla cultura e sull’informazione: la prima deve essere trasversale, necessaria per formare i lavoratori ma anche i formatori. Per quanto visto finora non siamo sulla strada giusta: avevamo un tema da affrontare, il costo del lavoro, che siamo riusciti a far passare in secondo piano concentrandoci invece sul costo dell’energia. Non abbiamo chiare le strategie di crescita e di investimento ma c’è chiarezza invece dei costi e anzi li supportiamo subito. Per la ripartenza bisogna incentivare l’impresa, che si tira dietro tutto, ma l’impresa va anche controllata, verificata ed eventualmente sanzionata” mette in chiaro Rotondi, che avrà occasione di toccare anche altri temi giovedì 17 febbraio, presso la sede dell’agenzia Dire a Roma, in corso d’Italia 38a, per un dibattito con il direttore Perrone ed alcuni ministri ed ex ministri del Lavoro.
Agenzia DiRE www.dire.it