Roma/Lazio. PCI: fallimento di governo e regione su sanità.

Partito Comunista Italiano Comitato Regionale Lazio COMUNICATO 30 gennaio 2022

Roma/Lazio. Il PCI del Lazio denuncia inerzia ed inefficacia sulla sanità per assenza di scelte nette di chi guida Regioni e Governo!

Sopra ogni cosa, vorrei solo mettere in evidenza che il piano assunzionale è miseramente fallito.E’ la  quinta  ondata,  ma  per il nostro governo la  sanità è e resta un fanalino di coda. – commenta amaramente, con cognizione di causa la responsabile sanità del PCI Lazio, dott.ssa Sonia Pecorilli – Stessi  errori,  stessa  mancanza  di  lucidità  e  visione  prospettica,  stessa  incapacità  di programmazione e implementazione di politiche che permettano una corretta gestione della emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Il 28 gennaio è stato proclamato lo Sciopero Nazionale Sanita’tantissimi i sanitari che hanno aderito allo sciopero ed hanno incrociato le braccia, presenti in tutte le piazze italiane. Cosa rivendicano? Diamo una occhiata a questi numeri. Sono oltre 63.000 gli infermieri che mancano in Italia, con le maggiori carenze al Nord (27.000), seguito da Sud e isole (23.500) e Centro (13.000). Se parliamo di medici invece almeno 1,5 milioni di italiani sono senza il proprio medico di fiducia, e si stima che dovremmo perdere tra i 9.200 e 12.400 medici di base dal 2022 al 2028. – illustra la dirigente sanitaria comunista – Questi sono numeri spaventosi. Tutte le  inefficienze  di  questo governo  sono racchiuse in questa cifre. In emergenza  pandemica i  danni perpetrati nei confronti della  popolazione  e  dei  professionisti  della  sanità   in  questi  24  mesi e più sono  evidenti e sotto gli occhi di tutti. Operazioni di tracciamento nuovi casi fallito con file vergognose nei drive in e nelle farmacie; personale preposto all’esecuzione tamponi lasciato in balia delle intemperie senza adeguate protezioni; aumento di ricoveri Covid, senza aver precedentemente preparato alcuna strategia per aumentare posti letto disponibili negli ospedali, reparti  chirurgici  e  sale  operatorie  chiuse, infermieri e medici spostati come pacchi, il restante  personale  dirottato  verso  le  operazioni  di tracciamento e vaccinazione; RSA impossibilitate ad accogliere pazienti a causa della mancanza di zone grigie dove poterli fare sostare per 7 giorni prima dell’inserimento vero e proprio, congestionando ulteriormente gli ospedali, gravissima carenza di personale medico infermieristico ed ausiliario per un piano assunzionale miseramente fallito,sanitari assenti in numero considerevole per quarantena da contatto o infezione Covid, non sostituito e che costringe il restante personale a sovraccaricarsi di lavoro e ore di straordinario, chiusi i servizi importanti per le comunità, le Regioni e gli Assessorati non ascoltano i problemi dei singoli cittadini, delle comunità, e soprattutto di chi nel sistema sanità vi lavora da anni, rifiutando ogni genere di confronto. In un solo mese gli operatori sanitari positivi sono aumentati del 117% e di questi l’82% sono infermieri. Si è passati infatti dai 3.684 del 28 novembre agli 8.001 del 28 dicembre il che si traduce in un aumento di oltre 3.500 infermieri in più, una media superiore ai 100 al giorno, ma con picchi anche fino a 7-800 – che hanno contratto il virus in un solo mese.Non si può quindi lasciare l’assistenza al caso e se già prima della pandemia la carenza di infermieri medici e personale ausiliario era inverosimile con la pandemia si è evidenziato un fabbisogno dei nostri professionisti che importanti centri di ricerca, Università e la stessa Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari, quantificano da quasi 80mila a oltre 100mila unità. Nella manovra di Bilancio ad esempio – prosegue Sonia Pecorilli – la figura dell’ infermiere non compare e nessuno si sta curando di dare soluzione nel breve termine a un’assenza determinante non solo per i pazienti Covid che proprio per le nuove caratteristiche del contagio possono essere in gran parte assistiti a domicilio, ma anche per i non-Covid che devono necessariamente essere assistiti a casa e che non trovavano già prima gli infermieri necessari a farlo e ora vedono solo un netto peggioramento della loro condizione. E’ ora di sganciarsi dai vecchi modelli su cui nessuno più a livello internazionale fa conto e di aprire davvero una stagione di riforme che veda una programmazione della formazione a medio e lungo termine e di coprire le carenze evidenti e lo faccia con la qualità. A breve termine, invece (perché Covid è ora) è necessario dare spazio a misure che consentano ai nostri professionisti di essere sburocratizzati, tutto questo penalizza e riduce fortemente l’assistenza ai cittadini. E’ necessaria subito l’assegnazione dell’indennità di specificità infermieristica già prevista e finanziata nella manovra di Bilancio 2021 e quindi a costo zero, ma mai assegnata perché ancora una volta legata alla burocrazia di un contratto che per il suo iter, anche fosse firmato domani, cosa del tutto improbabile se non impossibile,  dovrà attendere ancora mesi per essere applicato. Il Partito Comunista Italiano – sottolinea la responsabile sanità comunista del Lazio – sostiene la forte richiesta dei lavoratori della sanità circa una maggiore attenzione dal Governo, due emendamenti ‘dimenticati’ nella legge di Bilancio 2022 avevano indicato una strada corretta, vorremmo un confronto immediato per lavorare insieme e trovare le soluzioni necessarie a evitare che la situazione si trasformi in un vero e proprio allarme sociale. La Commissione Europea sottolinea anche che nel nostro Paese si osserva un calo del numero di medici che esercitano negli ospedali pubblici e medici di base che nel tempo potrebbe essere un problema, infatti nella manovra di Bilancio si stanno prendendo le misure necessarie (come l’aumento del numero di specializzazioni disponibili) per risolvere in tempi brevi la situazione. Infermieri dimenticati, quindi, nonostante sempre il Report della Commissione UE sottolinei che “nel maggio 2020 l’Italia ha introdotto il profilo dell’infermiere di famiglia e di comunità, ossia una nuova tipologia di infermiere dotato di competenze avanzate, che contribuisse a potenziare il ruolo dell’assistenza domiciliare e a sostenere l’attività delle USCA. Il governo ha stanziato 480 milioni di euro per assumere circa 9 600 infermieri nel corso del 2021”. Che però secondo il dato emerso nelle prime bozze della revisione dell’assistenza sul territorio (il cosiddetto “DM 71”) e nei calcoli dell’Agenzia nazionale dei servizi sanitari (Agenas) non bastano: ce ne vogliono almeno uno ogni 2-3.000 abitanti, cioè circa 20-30mila in più, ma anche dei 9.600 già previsti, sempre secondo Agenas, non se ne sono trovati oltre 3mila. Carenza evidente, carenza annunciata, carenza dovuta ad emendamenti spariti nel nulla. Vogliamo ora parlare di Stabilizzazzioni. Il tema delle stabilizzazioni rappresenta un argomento di grande interesse ed estrema rilevanza, che riguarda una platea enorme di Professionisti che hanno prestato il loro prezioso contributo durante la Pandemia, pertanto riteniamo che, al netto di ogni facile entusiasmo della prima ora, debba essere affrontato con la serietà e la profondità di analisi che questo merita, soprattutto al fine di chiarificare e fugare ogni possibile speculazione proselitistica a danno dei precari stessi. La Legge di Bilancio, ha approvatodiverse misure inerenti la Sanità, tra queste anche la disciplina delle stabilizzazioni dei “precari CoVid”, ossia coloro i quali hanno prestato il loro contributo durante la Pandemia, con precise modalità in termini di periodo di servizio. – si esprime l’assoluta necessità di Decreti Attuativi che chiariscano meglio molti aspetti, non solo per quanto concerne i requisiti utili a maturare il diritto alla stabilizzazione, ma soprattutto in merito a quelle che saranno le “priorità” nella concessione del diritto alla stabilizzazione. Ad oggi, per effetto dell’art 20 DLgs 75/2017 (alias Decreto Madia) e relativa Circolare Attuativa, la stabilizzazione di chi ha i requisiti previsti da tale decreto (almeno 36 mesi nel SSN anche non continuativi), ha “precedenza” su ogni altra forma di assunzione. Oggi ci vuole chiarezza nei percorsi e trasparenza nelle procedure. Subito meno burocrazia e maggiore considerazione delle suddette categorie per sbloccare l’assistenza: senza infermieri, medici e personale ausiliario non c’è salute. Il malcontento dei lavoratori interessati, – denincia con forza Pecorilli – in questo caso, sono pari all’inefficacia delle indicazioni date, senza averle accompagnate da misure concrete creando, di fatto, nella applicazione a venire, forti disparità tra regione e regione, tra tipologie di precari, innescando una sorta di guerra tra poveri! Queste risposte nazionali mancano dai vari proclami governativi – sia in questo frangente politico del rinnovo presidenziale a supporto del Governo economicista filoeuropeo e poco filoitaliano – così come mancano dalle singole regioni, pure fatta la tara di parziali differenze tra regione e regione. Il Partito Comunista Italiano, continua a sostenere le due priorità: salvaguardare la sanità pubblica per tutelare il diritto alla salute dei cittadini senza distinzione alcuna; sostenere le rivendicazioni dei lavoratori della sanità che avanzano proposte per i propri ruoli e professionalità tutti rivendicati a beneficio dei cittadini non per corporativismo.

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