Covid, Anelli: “Oggi i medici non vaccinati sono circa il 7%. Ma scenderemo; avanti con sospensioni”.

Roma – “Il nostro obiettivo rimane 0, non vorremmo avere medici non vaccinati, ma ad oggi siamo al 7% su 460 mila medici in Italia che non si sono vaccinati contro il Covid. Gli ordini territoriali vanno avanti con le sospensioni, che dal dato della scorsa settimana si attesta su 1.300 medici no vax”. É Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionaledegli ordini dei medici (FnomCeo), a rispondere sui numeri dei medici non immunizzati.
“L’applicazione della legge sta avvenendo puntualmente- spiega Anelli- abbiamo avuto il primo collegamento con la piattaforma da cui estrarre i nominativi il 20 dicembre e i numeri di non vaccinati, intorno a quella data, erano molto alti, circa 60mila medici che non erano certificabili; il dato però era grezzo. Ora gli Ordini stanno procedendo secondo le norme di legge e stanno inviando lettere di avviso per chiedere eventuali esenzioni ochiarire qual è la situazione che riguarda il medico senza vaccino: è possibile che abbiano contratto il Covid e che per questo non abbiano potuto adempiere all’obbligo vaccinaleprevisto per i sanitari. Un’attività di ricognizione che ha ridotto da 61mila a 34mila medici gli elenchi dei non vaccinati- evidenzia il presidente di FnomCeo- con uno sforzo organizzativo non indifferente da parte degli Ordini territoriali”.
“La federazione svolge un ruolo di raccordo per estrarre i numeri grezzi, ma una grossa difficoltà l’abbiamo avuta con I colleghi che lavorano all’estero anche se rientrano negli Ordini provinciali- spiega Anelli- difficoltà che c’è stata anche per ottenere la certificazione avuta all’estero, oltre che per individuare un riferimento a cui inviare la lettera di sollecitazione”.
Per Anelli, “si arriverà intorno al 4-5% dei medici non vaccinati, oggi siamo al 7%. Alcuni medici sono comunque irreperibili, altri motivano il diniego perché non credono nel vaccino e nei loro confronti viene aperto il provvedimento disciplinare; oltre la sospensione ope legis, perchè il vaccino anti Covid è un requisito essenziale. Le sospensioni sono in atto comunque, 1.300 sono i medici già sospesi, questo è l’ultimo dato alla settimana scorsa. Questa è un’attività straordinaria dell’Ordine, per la quale ci siamo attrezzati e si sta facendo con molto impegno. In otto mesi le Asl avevano sospeso 1.600 medici, alcuni sono ancora sub judice, altri hanno recuperato facendo la somministrazione, altri non possono più esercitare perché sospesi dall’Ordine. In un mese, da parte della Federazione e degli Ordini, c’è stato un forte impegno”.
E rispetto al dato del 4-5% a cui si arriverà, Anelli commenta amaro: “I medici devono ottemperare alle norme di legge, per codice deontologico oltre che per essere dei buoni cittadini. Già Ippocrate nel 400 avanti Cristo lo aveva scritto: non danneggiare o mettere a rischio la salute dei pazienti. Attuare la sicurezza per assistere i pazienti è un requisito imprescindibile, chi non ci crede non può esercitare questa professione. Se arrivassimo al5% sarebbe un dato significativo su 460mila, il nostro obiettivo è arrivare a 0, i no vax veri però sono una minoranza ancora più esigua ma chi non ottempera all’obbligo crea comunque un forte disagio ed è giusto che sia sospeso”.
Intanto stamattina la Fimmg, la Federazione italiana dei medici di medicina generale, ha firmato un accordo con il ministero della Salute per realizzare le aggregazioni funzionali territoriali, come previsto dalla legge Balduzzi, che prende il nome dall’ex ministro della Salute; una legge datata 2012 e mai messa in atto. “L’accordo di stamattina chiude una penosa trattativa lunga tre anni, doveva esser chiuso prima”, osserva criticamente Anelli.
“Il fatto che si sia arrivati a quasi quattro anni di attesa prima della firma di oggi, mostra ancora una volta come i medici siano stati lasciati soli anche durante la pandemia e mette in evidenza che gli strumenti attuali non sono sufficienti e come ci fossero nel sistema risorse che potevano essere utilizzate meglio. Peraltro l’intesa attua unalegge di dieci anni fa per le aggregazioni associative, le aft, tra medici e specialisti ambulatoriali che oggi evolveranno verso le case di comunità, come previsto dal Pnrr. Tutto questo lascia l’amaro in bocca- sottolinea Anelli- e apre però una nuova prospettiva affinché i medici non lavorino più da soli, una prospettiva che serve al Paese e alla medicina territoriale. L’idea che il medico lavori da solo è un romanticismo che appartiene ad un’epoca lontana e che oggi è anacronistico. In ogni caso il ritardo di almeno tre anni – da quando cioè si è avviata la trattativa per l’intesa – è dovuto alle Regioni; ora queste debbono mettersi in una posizione diversa”, avverte il presidente di FnomCeo. “Se si firma un accordo che potenzia l’attività convenzionata, le Regioni non avranno più scusanti e non c’è ragione che chiedano la dipendenza dei medici di base dal Servizio sanitario nazionale. Ora bisogna continuare su questa strada. Dopo il rapporto Crea, tra i tanti item che i cittadini potevano scegliere, il 52% degli intervistati ha scelto di ‘avere un rapporto diretto e di fiducia con il proprio medico’; è un dato molto indicativo”, enfatizza.
“Avere a disposizione strumenti e situazioni per poterlo attuare è comunque un segnale. Ci abbiamo messo dieci anni, dalla legge Balduzzi, per realizzare le fondamenta della medicina territoriale, non è mai troppo tardi, anche se dobbiamo ricordarlo: non è colpa dei medici. Fino ad oggi sono mancate anche le risorse, convogliate verso gli ospedali, vediamo come si metteranno in pratica le aggregazioni e come verranno pagati gli stipendi agli specialisti presenti in queste aggregazioni associative. Il dibattito sulla dipendenza non deve oscurare il ruolo delle aggregazioni, sono convinto che le case di comunità potranno essere un acceleratore della medicina territoriale. Bene ha fatto, quindi, Silvestro Scotti, presidente di Fimmg, a firmare questo accordo che è l’anticamera della trasformazione di cui abbiamo bisogno”, conclude Anelli.

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