LA CIOCIARIA: OMERO E VIRGILIO.
Si ammetta, nessuna regione italiana può far riferimenti puntuali a questi due giganti della letteratura occidentale come invece è possibile per la Ciociaria: una realtà fuori dal comune, unica di questa regione a Sud di Roma, che vogliamo brevemente tracciare, a documento, trattandosi di
connessioni e relazioni assolutamente esclusive ed originali, pur se avvolte nel mito.
Siamo, scrivono i ricercatori, intorno all’anno milletrecento avanti Cristo e per ragioni cronologiche per primo ci viene incontro Omero che nell’Odissea descrive le avventure di Ulisse. Diversi gli ambiti di svolgimento di tali vicissitudini che lasciamo al lettore informato di rammentare o di ricercare, qui ci soffermiamo sull’ultima peregrinazione dell’eroe greco, prima del ritorno alla sua isoletta nel Mar Jonio vicino a Cefalonia: tale avventura è più di tutte all’insegna della punizione divina perché Nettuno, dio dei mari, lo perseguita e lo fa navigare a caso in balia dei flutti, per vendicare l’accecamento del figlio Polifemo a opera di Ulisse nella grotta ai piedi dell’Etna. Dopo lungo girovagare, ad un certo punto le onde vendicatrici portano la nave su cui si trova coi suoi marinai, ad infrangersi contro gli scogli di una isoletta del mar Tirreno: si immagini il lungo vagabondare dalla Sicilia di Polifemo a questa isoletta di fronte alle coste del Lazio. Qui regna Circe, donna dotata sia di fascino sia di poteri magici: Ulisse è ospite ben accetto della maga fino a quando gli dei nuovamente gli impongono di risalire sulla nave e abbandonare l’isola e tornare finalmente in patria: e così avviene. La isoletta nell’arco del tempo si riunisce al promontorio dal quale a causa di un sovvertimento tettonico, si era staccata e costituisce oggi il Capo Circeo, a ricordo e testimonianza. In effetti anche l’archeologia conferma la presenza dell’eroe greco in questi luoghi: le sue sembianze e alcune sue peripezie quale appunto quella di Polifemo, furono ricordate in epoca romana in un ritratto in marmo di grande qualità e in bassorilievi pure in marmo rinvenuti nella vicina Sperlonga e qui esposti nel locale museo visibili al cultore interessato.
Enea è uno degli eroi del secondo poema di Omero, l’Iliade, che narra la distruzione di Troia-Ilio, all’epoca notevole centro nevralgico nell’Ellesponto, oggi Dardanelli, per il traffico marittimo tra Mar Egeo, Mar di Marmara e Mar Nero. Enea, re della Troade, marcia coi suoi soldati in aiuto di Troia assediata dai Greci, non lontana dalla sua regione: in effetti la moglie di Enea era la figlia del re di Troia. La caduta di Troia è illustrata nei due poemi omerici, dove pure si descrive che alla fine, ormai incendiata e annientata dai Greci, Enea fa ritorno al suo regno.
Virgilio l’altro gigante della letteratura, fa di Enea il solo protagonista del suo poema, l’Eneide, e riallacciandosi alla conclusione omerica, ne descrive le avventure vissute prima dello sbarco finale a Sud del Tevere, dove era stato destinato dagli dei protettori al fine di fondare un nuovo regno e una nuova civiltà. Prima di affrontare le acque del Mar Tirreno, una tempesta provocata da una dea ostile lo obbliga ad arrestarsi sulla costa africana. Qui, reduce da eventi esistenziali travagliati e dolorosi, regna Didone, che sta costruendo la sua città, Cartagine. Didone, la regina della città, offre ospitalità a Enea e ai suoi seguaci. La figura di Enea, la sua prestanza, il suo eloquio, la sua cultura, impressionano la regina che, fortemente indotta e lusingata anche dalla dea, si innamora follemente dell’eroe troiano, dimentica anche del marito morto al quale si era mantenuta fedele. Giunone e Venere, che per ragioni opposte tengono in balia e soggiogato l’eroe troiano, sono entrambe confuse e disorientate dalla passione imprevista che quasi acceca i due e ricorrono perciò all’aiuto diretto di Giove il quale interviene di autorità e impone ad Enea di abbandonare immediatamente i luoghi e riprendere il mare verso la destinazione predestinata. E così avviene. Massimo il dolore di Didone allorché vede in mare le navi che si allontanano: affranta, maledice Enea e la sua stirpe e si toglie la vita. La storia ricorderà la rivalità e le lotte tra Roma e Cartagine e le famose guerre puniche e la definitiva distruzione di Cartagine, a coronamento della triste vicenda di Didone ed Enea.
Virgilio narra la vita e gli eventi di Enea una volta sbarcato al sud del Tevere sulle spiagge, si dice, delle attuali Ardea o Pratica di Mare e la lotta che si accese tra di lui e le popolazioni locali: l’intiera regione ai piedi di Roma, al di qua e al di là dei Monti Lepini e Ausoni, era all’epoca, abitata dai Volsci e fu dunque questa popolazione ostile che Enea dovette affrontare coi suoi alleati: leggenda e realtà storica convivono nel racconto del poeta, da una parte il Re Latino e la sua gente, il Re Turno, i Rutuli e dall’altra i Volsci guidati dalla propria regina, la leggendaria Camilla da Priverno e appoggiati dai soldati alleati di Atina, Atina potens, acer atinas. Il mito di Enea continua nel suo corso leggendario: Albalonga, Lavinia, Silvio, Anchise-Iulo, ecc. fino ad arrivare ai due fratelli fondatori di Roma mentre la realtà storica dell’epoca registra che la sola popolazione presente fuori della leggenda era quella volsca stanziata in gran parte della regione assieme alle minoranze degli Ernici e dei Ruffi, e poi più a Sud, dei Sanniti, Aurunci, Ausoni…Tutta la vicenda di Roma, anche quella del mito, si basa e si svolge e realizza unicamente nella terra dei Volsci e delle antiche cittadine annidate sui monti protette dalle loro possenti mura, in Ciociaria.
Michele Santulli