APPELLO IERI A GLASGOW, DA COMORE A SAO TOMÈ E PRINCIPE (DIRE) Roma, 3 nov.– La pandemia di Covid-19 “non deve far deragliare l’agenda dei finanziamenti per il clima” ai Paesi in via di sviluppo, vitali ancor di più per gli Stati costieri e insulari dell’Africa, tra i più a rischio dall’innalzamento del livello dei mari previsto nei prossimi anni a causa dell’aumento della temperatura media della terra. A lanciare l’appello sono stati i presidenti di alcuni dei Paesi in questione, intervenuti ieri alla 26esima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (Cop26) che si sta svolgendo in questi giorni a Glasgow, in Scozia. Umaro Sissoco Embalóm, presidente di Guinea-Bissau, circa 32mila chilometri quadrati e 88 isolea affacciati sul Golfo di Guinea, ha evidenziato che “è necessaria una risposta multilaterale più graduale e su larga scala per far fronte alla crisi climatica”, esortando la comunità internazionale a sviluppare “un’architettura finanziaria per cercare finanziamenti a lungo termine per il clima”. L’omologo di Sao Tome e Principe, Carlos Manuel Vila Nova, ha spiegato alla platea di Glasgow, decine di leader internazionali, attivisti ed esperti da tutto il mondo, come il “quatto per cento del territorio” del suo arcipelago, pure nel Golfo di Guinea, sia “stato inghiottito dall’innalzamento del livello del mare a causa del riscaldamento globale”.
La Cop26 è un’occasione da non sprecare per Azali Assoumani, presidente delle Comore, arcipelago nell’Oceano Indiano. “La nostra presenza qui dovrebbe essere un’opportunità per dare nuovo impulso al nostro impegno comune, attraverso l’adempimento del nostro impegno politico e l’attuazione delle decisioni relative all’Accordo di Parigi”, ha detto il capo di Stato in riferimento all’intesa del 2015 che fa da quadro alle proposte che potrebbero maturare a Glasgow. Nel corso del G20 a presidenza italiana che si è tenuto a Roma nel fine settimana, i ‘grandi della terra’ hanno annunciato una riallocazione dei diritti speciali di prelievo al Fondo monetario internazionale (Fmi) per arrivare alla quota di 100 miliardi di dollari di finanziamenti annuali ai Paesi in via di sviluppo pattuita nel 2009 a Copenaghen, anche nell’ottica di sostenerli nella lotta contro il cambiamento climatico.
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