Lunedì 11 ottobre alle 18,00
libreria laFeltrinelli di Genova
Il libro testimonianza di un proletario
che crede e lotta,
instancabilmente e per tutta la vita,
per una società più giusta e più equa
LA TRABACCA DEI SOGNI
di un gruppo di ragazzi della Val Polcevera
di Silvano Bozzo
Partecipano Claudio Montaldo, presidente Fondazione Diesse Roberto Giovanni Timossi, saggista e filosofo
Green Pass obbligatorio
La narrazione con tratti saggistici dell’Italia dagli anni Venti a oggi di un dirigente Unipol, Coop, Partito Comunista Italiano a livello nazionale. Un racconto che nasce nello straordinario microcosmo di San Quirico e della Val Polcevera genovese da cui ha origine la “grande Genova” e la nascita della città industriale che si sviluppa verso un futuro in cui c’è ancora spazio per i sogni.
Lo racconta Silvano Bozzo, che racconta il Novecento con lo sguardo al futuro ne “La trabacca dei sogni“, il libro testimonianza “di un proletariato che crede e lotta, instancabilmente e per tutta la vita, per una società più giusta e più equa”, come dice lo scrittore Silvio Ferrari nella prefazione. Non è la storia di un luogo, anche se viene descritto in modo preciso, ma di una comunità o meglio dell’importanza del senso di comunità. La storia di un’amicizia particolare quella che nasce tra Paolo e Arcadio; due ragazzi di borgata, di estrazione sociale diversa, che intraprendono cammini opposti: l’uno laico e l’altro religioso. Profili esemplari, ognuno nel proprio campo, ma che convergono in un’ottica comune, il miglioramento della società.
“in questo romanzo-saggio – osserva Roberto Giovanni Timossi, saggista e filosofo – i due protagonisti, due “ragazzi di San Quirico”, fanno scelte valoriali ed esistenziali radicalmente diverse, ma non si perdono mai di vista”, in un dialogo che prosegue ancora oggi per un confronto di un impegno civile ugualmente appassionato anche se vissuto da due fronti opposti. Il Partito Comunista per Paolo, l’Ordine dei Gesuiti per Arcadio.
Trabacca, dall’arabo-genovese del XV secolo Ṭabaqa (baracca, tettoia, sottotetto)
Chi è l’Autore Silvano Bozzo (Genova Pontedecimo 1934). Operaio dal ’48 nello stabilimento Ascesa di San Quirico, da sindacalista si iscrive nel ’52 al PCI. Frequenta la scuola di Frattocchie (’57-’58), ricoprendo importanti incarichi politici, fino a diventare Presidente di LegaCoop Liguria nel 1975. Ha scritto: Promemoria di un proletario cosciente, Diabasis, 2007; Cooperare per vivere, Ames, 2014; Il viaggio di una vita, Ames, 2017.
Di seguito alcuni estratti dal volume La Trabacca dei sogni
• Nello straordinario microcosmo di San Quirico e della Val Polcevera si trovano a convivere persone reali e personaggi fantastici (ma realistici), nel Novecento delle due Guerre mondiali, delle lotte proletarie e della Rivoluzione russa, delle dittature feroci e razziste, dei campi di sterminio e dei Gulag, della Resistenza e dei miti del progresso, del Concilio Vaticano II e dei movimenti di rinnovamento religioso, della speranza di riscatto sociale e delle disillusioni, della solidarietà umana e dello scontro politico (R. G. Timossi).
• Pontedecimo, San Quirico, Bolzaneto, Rivarolo e Sampierdarena nel 1926 furono annessi alla Grande Genova. Questa associazione intercomunale divenne un fattore di ulteriore sviluppo economico iniziato nella seconda metà dell’’800 nel passaggio da un’economia agro-mercantile a una prevalentemente industriale.
• La Val Polcevera fu teatro di violenze e orrori della Seconda guerra mondiale: la vita laboriosa di questa vallata poté risollevarsi solo dopo il 25 aprile 1945, giornata di orgoglio e gioia urlata per la resa incondizionata dei tedeschi del generale Meinhold al C.L.N. (Sezione ligure), il cui presidente era un operaio comunista, Remo Scappini.
• La fabbrica e il Partito Comunista diventarono scuole di eccellenza. Capofila fra tutte, la Scuola di Frattocchie (1944-1993), l’istituto centrale di studi comunisti: “L’analisi dei testi di Feuerbach, Labriola, Gramsci e Marx, in un clima di mutuo scambio con i compagni – mi raccontò Paolo – quanto fosse produttivo, liberatorio e allo stesso tempo complesso, il cammino per il superamento delle sovrastrutture mentali tradizionali, per giungere a una visione laica del mondo”.
Arcadio e Paolo
Paolo Lagostena era un bambino timido e carino, molto amato, cresciuto in una famiglia operaia-bottegaia con velleità piccolo borghesi nella cui casa c’era un po’ di “moscitæ” (pretesa di signorilità specie da parte delle donne), e neppure l’ombra di un libro, salvo quelli della scuola.
Arcadio Rambaldi un bambino nato e cresciuto in una famiglia agiata di insegnanti rigorosi e colti, “afascisti”, nella cui casa i libri abbondavano.
Dall’asilo alle elementari alle medie sono vissuti volendosi bene, in un ambiente di quasi eguaglianza originaria. Arcadio assistito rigidamente da genitori intellettuali, Paolo dal tanto amore di tutta la famiglia e dall’intelletto di una nonna elettiva di nome Caterina e dal nonno Silvio.
Crescendo sono entrati in mondi diversi, per molti ostili, non per loro, protetti dall’amicizia e dalla memoria del tempo in cui sono diventati persone umane. Per questo hanno rispettato sempre sé stessi e le scelte diverse maturate nell’adolescenza. Forse perché, anche da piccoli, la dimensione della loro amicizia era già speciale e si rivelò un sentimento durevole e irrinunciabile.
La famiglia di Paolo era una normale famiglia tradizionale. I Lagostena abitavano nella casa rosa nel centro del paese. Il padre operaio e camionista, la madre casalinga, le zie operaie nei maglifici, il nonno fornaio faceva parte della “Confraternita dei Sapienti”, aveva il conto al Credito, leggeva il Secolo, aveva frequentato solo la quinta elementare, ma sapeva tante cose di storia, geografia, “strategia militare” e faceva i conti a mente aiutandosi con le dita. Andava alla Fiera di Milano per aggiornarsi sulle macchine impastatrici, ma cuoceva il pane, la focaccia, il castagnaccio e la farinata nel forno a legna.
Arcadio Rambaldi era un ragazzo intelligentissimo, il più bravo a scuola e sul palcoscenico del ricreatorio nelle commedie del signor Nazzari, in prima fila nei lupetti del “vecchio lupo” signor Gnecco. Sicuro di sé, diceva di essere discendente per parte materna dei Langates, una popolazione ligure stanziata sugli Appennini. La madre, sciâ Camilla, era una professoressa di storia, studiosa della civiltà bizantina, il padre, sciô16 Alfonso, professore di matematica, la sorella Onoria studentessa del Paganini. I Rambaldi abitavano sulle colline, nel castelletto neogotico, attorniati da boschi di larici e un belvedere da favola su tutta la valle del Polcevera di fronte al Santuario della Madonna della Guardia: un immenso verde sino alle Alpi Liguri a ovest e il Mar Ligure a sud. Si vociferava che i Rambaldi fossero ebrei, stranieri e nobili.
Paolo Lagostena era un bambino timido e carino, molto amato, cresciuto in una famiglia operaia-bottegaia con velleità piccolo borghesi nella cui casa c’era un po’ di “moscitæ” (pretesa di signorilità specie da parte delle donne), e neppure l’ombra di un libro, salvo quelli della scuola.
Arcadio Rambaldi un bambino nato e cresciuto in una famiglia agiata di insegnanti rigorosi e colti, “afascisti”, nella cui casa i libri abbondavano.
Dall’asilo alle elementari alle medie sono vissuti volendosi bene, in un ambiente di quasi eguaglianza originaria. Arcadio assistito rigidamente da genitori intellettuali, Paolo dal tanto amore di tutta la famiglia e dall’intelletto di una nonna elettiva di nome Caterina e dal nonno Silvio.
Crescendo sono entrati in mondi diversi, per molti ostili, non per loro, protetti dall’amicizia e dalla memoria del tempo in cui sono diventati persone umane. Per questo hanno rispettato sempre sé stessi e le scelte diverse maturate nell’adolescenza. Forse perché, anche da piccoli, la dimensione della loro amicizia era già speciale e si rivelò un sentimento durevole e irrinunciabile.
La famiglia di Paolo era una normale famiglia tradizionale. I Lagostena abitavano nella casa rosa nel centro del paese. Il padre operaio e camionista, la madre casalinga, le zie operaie nei maglifici, il nonno fornaio faceva parte della “Confraternita dei Sapienti”, aveva il conto al Credito, leggeva il Secolo, aveva frequentato solo la quinta elementare, ma sapeva tante cose di storia, geografia, “strategia militare” e faceva i conti a mente aiutandosi con le dita. Andava alla Fiera di Milano per aggiornarsi sulle macchine impastatrici, ma cuoceva il pane, la focaccia, il castagnaccio e la farinata nel forno a legna.
Arcadio Rambaldi era un ragazzo intelligentissimo, il più bravo a scuola e sul palcoscenico del ricreatorio nelle commedie del signor Nazzari, in prima fila nei lupetti del “vecchio lupo” signor Gnecco. Sicuro di sé, diceva di essere discendente per parte materna dei Langates, una popolazione ligure stanziata sugli Appennini. La madre, sciâ Camilla, era una professoressa di storia, studiosa della civiltà bizantina, il padre, sciô16 Alfonso, professore di matematica, la sorella Onoria studentessa del Paganini. I Rambaldi abitavano sulle colline, nel castelletto neogotico, attorniati da boschi di larici e un belvedere da favola su tutta la valle del Polcevera di fronte al Santuario della Madonna della Guardia: un immenso verde sino alle Alpi Liguri a ovest e il Mar Ligure a sud.
Si vociferava che i Rambaldi fossero ebrei, stranieri e nobili.
Silvano Bozzo – LA TRABACCA DEI SOGNI
Erga Edizioni, Genova – 9,90 Euro – 160 pagine – ISBN: 978-88-3298-283-1
Usiamo cookie per ottimizzare il nostro sito web ed i nostri servizi.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.