Elezioni comunali romane a confronto: dal 2016 salgono Fdi e Lega, M5s polverizzato.
Di Marco di Vincenzo
ROMA – Nel giugno del 2016 Virginia Raggi trionfò alle amministrative di Roma Capitale, ottenendo al primo turno un importante 35,36% e accendendo così al ballottaggio contro il dem Roberto Giachetti. Al secondo turno, stracciò il suo competitor conquistando addirittura un ragguardevole 67,15%. Prima donna a sedere sullo scranno più importante del Campidoglio e prima sindaca del Movimento 5 stelle: fu un evento rivoluzionario. A cinque anni di distanza, però, il miracolo non si è ripetuto. La sindaca pentastellata non è nemmeno riuscita a conquistare il traguardo del ballottaggio, classificandosi al quarto posto, dietro Calenda e la sua lista civica, portando a casa solo un complessivo 19,09% con la sua coalizione.
Come è cambiato il consenso nella Capitale? Nel 2016 Roma era una città diversa. Il sindaco del centrosinistra Ignazio Marino, dopo più di due anni di mandato, fu ‘dimesso’ dalle firme dei 26 consiglieri il 31 ottobre del 2015, aprendo la strada alle elezioni anticipate. All’epoca, quattro erano i principali candidati per il Campidoglio: Virginia Raggi, appoggiata dalla sola lista del Movimento 5 Stelle; Roberto Giachetti, candidato per il centrosinistra, sostenuto da PD e altre 6 liste; Giorgia Meloni, candidata del centrodestra, appoggiata dal Fratelli d’Italia e altre 4 liste; l’outsider civico Alfio Marchini, imprenditore vicino all’area centrista, appoggiato dalla sua civica, da Forza Italia e altre 5 liste.
Le elezioni, al primo turno, si svolsero nella giornata del 6 giugno. L’affluenza in quella data risultò del 57,03%. Complessivamente, nelle elezioni del 3 e 4 ottobre, l’affluenza si è attestata al 48,83%. C’è, tuttavia, da sottolineare che 5 anni fa si votava in un’unica giornata: questo potrebbe aver determinato la differenza.
Al primo turno, nel 2016, il Movimento 5 Stelle (con la sua sola lista, è bene ricordarlo), guadagnò il 35,33%, con ben 420.435 voti. Un risultato ragguardevole se confrontato con quello di ieri, dove il M5S (da solo e non considerando le liste della coalizione a sostegno di Raggi) ha preso solo 111.624, con appena l’11%. Complessivamente, tutta la coalizione per Raggi sindaca (quindi M5s e altre 5 liste), ha guadagnato, nella tornata appena trascorsa, il 19,09%, con 211.816. La differenza 2016-2021 è, pertanto, notevole.
Il Partito Democratico di Giachetti guadagnò, al primo turno di 5 anni fa, 204.637 preferenze, con una percentuale del 17,19%. Il PD a sostegno di Gualtieri ha, invece, preso 166.130, con il 16,38. Il PD del 2021 ha, pertanto, avuto meno consenso di quello del 2016 (che all’epoca, peraltro, era da poco uscito dal “caso Marino”). Da questa lettura, è certamente intuibile che la lista Calenda abbia “soffiato” qualche voto ai dem, soprattutto nei municipi del centro.
Parlando del centrodestra, Fratelli d’Italia 2016 prese nella capitale al primo turno il 12,27%, con 146.054. Ieri FDI, appoggiando il candidato Michetti, ha conquistato 176.698 elettori, con il 17,42%. Una crescita importante che va di pari passo con lo sviluppo a livello nazionale che il partito della Meloni ha avuto in questi anni. La Lega, dal 2016 a oggi, ha di fatto raddoppiato le preferenze a Roma, passando dai 32.175 voti e il 2,70% di cinque anni fa ai 60.143 voti e 5,93% di ieri. Calo significativo, invece, per Forza Italia. Nel 2016, il partito fondato da Berlusconi non appoggiava Meloni sindaca ma il civico Marchini (e la cosa, al tempo, fu oggetto di contrasti interni al centrodestra). FI raggiunse, nella primavera 2016, 50.842 voti, con 4,27%. Ieri la lista Forza Italia con un simbolo diverso (per appoggiare Michetti si è, infatti, unita a Unione di Centro), ha preso il 3,59% con 36.422 preferenze. Un dato che, in realtà, si allinea al calo registrato dal partito moderato anche a livello nazionale.
E i civici? Quest’anno Carlo Calenda, ex PD, ex ministro dello Sviluppo Economico e attuale europarlamentare, ha portato avanti una lunga campagna elettorale orgogliosamente senza l’appoggio di nessun partito. “Scegli un sindaco, non un partito” è stato uno degli slogan della sua “discesa in campo capitolina”. Nel 2016 la storia era diversa. Il già citato outsider Marchini era un “civico a metà”: di fatto, con l’appoggio di Berlusconi, Storace e altre liste riconducibili al centrodestra romano, si dimenava nel ruolo di “civico-vicino-ai-partiti-moderati”, con l’obiettivo di prendere voti alla destra meloniana. La lista civica Alfio Marchini, sostenuta da un marketing politico molto forte (si ricorda bene il cuore rosso del simbolo e la campagna social), conquistò 56.686 preferenze con il 4,76%, superando anche Forza Italia. Numeri buoni per una civica, ma nulla in confronto allo straordinario successo riscosso dalla Lista Civica Carlo Calenda Sindaco ieri: 219.807 preferenze con il 19,81%. Storicamente, nessuna civica a Roma ha mai preso voti come quella di Calenda. Un risultato eccellente per la lista, secondo Calenda, riuscito nel frattempo anche a superare il M5S di Raggi. È molto probabile che l’ex ministro dei governi Renzi e Gentiloni abbia saputo attirare a sé sia gli elettori delusi dal centrodestra, che mai hanno visto di buon’occhio la candidatura di Michetti, sia gli elettori del centrosinistra, che lo hanno preferito a Gualtieri (soprattutto nei quartieri del centro città).
Ora la partita si giocherà tutta al secondo turno. Nel 2016, lo stupefacente trionfo di Raggi su Giachetti sbalordì tutti. Ora che l’esperienza dei 5 stelle a Roma è archiviata, la palla passa a Gualtieri e Michetti, che dovranno cercare di accaparrarsi i voti dell’elettorato di Calenda. Diversamente dal 2016, quella del 2021 è una vera incognita.
Agenzia DiRE www.dire.it