STUDENTE DURANTE UDIENZA: NON SONO CRIMINALE, RILASCIATEMI (DIRE) Roma, 14 set. – “Patrick ci è sembrato in buona salute, ma dopo quasi due anni che non lo vedevo l’ho trovato diverso: non voglio dire invecchiato ma di certo il carcere lo ha cambiato. Sembra insofferente e dietro un certo autocontrollo si nota che ha perso quel suo essere sempre allegro, che invece era un tratto della sua personalità”. A parlare con l’agenzia Dire è L., un’attivista di Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), l’ong con cui Zaki collaborava. I colleghi e amici dell’ong non hanno mancato di far sentire il loro sostegno in aula, stamani, quando a Mansoura – nel nord dell’Egitto – si è aperto il processo contro lo studente esperto in diritti di genere. Una quindicina in tutto, compresi i familiari del ragazzo. “Abbiamo aspettato tanto prima di entrare- continua la ricercatrice- e poi una volta in aula, tutto si è svolto molto in fretta”. Patrick, secondo il resoconto della sua amica, era presente, chiuso nella ‘gabbia’ che si trova accanto al palco dei giudici, con le manette ai polsi e indosso la divisa del carcere cautelare: t-shirt e pantaloni bianchi. “I suoi legali- continua la ricercatrice- hanno subito presentato istanza per il rinvio del processo perché, finalmente, dopo quasi 19 mesi dall’arresto, hanno avuto accesso alle carte delle indagini e hanno chiesto di avere il tempo necessario per studiarle”. L’esponente dell’Eipr denuncia che è dal febbraio 2020, quando Zaki è stato arrestato, che i legali sono all’oscuro delle carte dell’inchiesta e delle accuse formali. “Dopo tanta attesa- continua L.- oggi il giudice le ha comunicate direttamente a Zaki: diffusione di false notizie sia in Egitto che all’estero”. Secondo la giovane, ne sarebbe seguita una sorta di “ramanzina”: “il giudice gli ha spiegato che con le sue azioni avrebbe rappresentato una minaccia per l’ordine pubblico e diffuso ‘paura tra le persone’. E tutto questo per un articolo in difesa dei copti”.
Secondo l’esponente dell’ong, Zaki ha replicato dichiarando di “non capire per quale motivo ha dovuto trascorrere 18 mesi dietro le sbarre” e “quindi ha detto che, pubblicando quell’articolo, ha solo esercitato la sua libertà di espressione”. “Non sono un criminale”, ha aggiunto. Lo scambio col giudice è stato l’unico momento a cui allo studente dell’Università di Bologna è stato permesso di lasciare la gabbia e le manette: “Chiedeva con impazienza al giudice di porre fine alla custodia cautelare” continua L. “Il giudice avrebbe potuto, ma non lo ha fatto. Ha concluso aggiornando l’udienza al 28 settembre e noi tutti ci auguriamo che la prossima volta avremo buone notizie, che venga liberato. E’ assurdo subire un processo penale per un articolo in difesa dei diritti delle persone”. L. conclude: “Zaki è stato poi velocemente riportato via dagli agenti. Non ha avuto un solo momento per scambiare una parola con la sua famiglia oppure con noi. Ci siamo solo scambiati dei rapidi sguardi di saluto. In realtà non gli hanno dato tempo neanche per un colloquio privato con gli avvocati”.
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