VENEZIA – Paolo Sorrentino parla per la prima volta di sé e sceglie Venezia per farlo. Tornato al Lido, a distanza di due anni da ‘The New Pope”, ha presentato oggi alla Mostra del cinema ‘È stata la mano di Dio‘, il suo film più intimo e personale, carico di riferimenti autobiografici.
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“A un certo punto della vita si fanno dei bilanci e io so di aver vissuto tanto amore ma anche molto dolore da ragazzo e ho pensato che tutto questo potesse essere declinato in forma cinematografica. L’ho fatto ora perché ho l’età giusta per farlo, ho compiuto 50 anni l’anno scorso“, ha dichiarato il regista presentando il film in concorso alla kermesse.
Protagonista della pellicola è l’adolescente Fabietto (Filippo Scotti), alter ego del regista, in bilico tra un doloroso presente e un futuro nebuloso, ma carico di speranze. ‘È stata la mano di Dio’ è ambientato nella tumultuosa Napoli degli Anni 80, in fermento per l’arrivo di Maradona, colui che a suo modo salverà la vita del regista. Sorrentino infatti è sopravvissuto alla morte dei genitori, avvenuta per avvelenamento da monossido di carbonio a causa di una fuga di gas durante un soggiorno a Roccaraso, perché aveva deciso di restare a Napoli per andare a vedere il suo idolo calcistico allo stadio.
“Il titolo del film è una bellissima metafora, è emblematico per chi crede nel caso o nel divino. Sembrerà peregrino ma io credo nel potere semidivino di Maradona“, ha dichiarato ancora il regista. Riguardo invece alla notizia di una causa che il Pibe de oro avrebbe avuto intenzione di intentare nei confronti del regista quando seppe del film in cantiere, Sorrentino, rispondendo a una domanda dell’agenzia Dire, ha spiegato: “Credo si trattasse più che altro di lamentele da parte dell’entourage a suo tempo. Non credo che Maradona sapesse nulla del mio film. Cosa ho provato quando è morto? Un lutto non si può esprimere a parole”.
‘È STATA LA MANO DI DIO’, STILE ESSENZIALE PER LASCIARE SPAZIO ALLE EMOZIONI
Ma con la macchina da presa sì, e Sorrentino lo ha fatto in questo film con uno stile asciutto, lontano dalle precedenti pellicole. Niene piani sequenza e lunghe carrellate. “Doveva essere semplice e essenziale. Abbiamo montato un carrello e ci siamo resi subito conto che non andava. Dovevano parlare i sentimenti e le emozioni del ragazzo. Per questo è molto semplice dal punto di vista stilistico, ero concentrato su quello”, ha spiegato. Ma per raccontare una storia così personale è necessario avere coraggio. “Il coraggio è stato più nello scriverlo che nel farlo. Sul set ci sono problemi pratici, che sono una salvezza perché ti allontanano dalla commozione quando giri determinate scene”, ha spiegato.
‘È stata la mano di Dio’ non è però un film triste: dal ricco caleidoscopio di personaggi che circonda il protagonista, di cui lo spettatore fa subito conoscenza, trapela ilarità, gioia di vivere e tanta voglia di prendersi poco sul serio. La famiglia, grande ed eterogenea, di cui fa parte Fabietto è ben lontana dall’universo di Jep Gambardella de ‘La Grande Bellezza’, è un universo ironico e a suo modo accogliente.
“In questo film si piange e si ride. C’è un’esasperata ilarità, ci siamo anche divertiti molto”, ha commentato Toni Servillo, che nel film interpreta il padre di Fabietto, anche lui presente oggi alla conferenza stampa con parte del cast (Filippo Scotti, Teresa Saponangelo e Luisa Ranieri) . “Ci siamo divertiti con la fantasia, il mio personaggio è un padre che un po’ fugge le responsabilità, in maniera codarda, anche se è molto simpatico. Sorrentino mi ha detto che il padre e la madre del protagonista dovevano apparire molto innamorati, perché sono parte di quella vita spensierata che viene meno”.
E questo il momento in cui il cinema può aiutare a creare una nuova realtà quando “la vita non ci piace più”. Nel passaggio all’età adulta e agli esordi nel mondo del cinema di Sorrentino un ruolo importante è stato quello rivestito dal regista Antonio Capuano, personaggio inserito anche nella pellicola. “Nella massa di cose contraddittorie che mi ha detto da ragazzo, ce n’è stata una che è molto importante e cioè che non è sufficiente avere un dolore per fare un lavoro creativo. Questo è stato molto utile. Mi ha insegnato anche l’importanza del conflitto e dell’ironia, che ho portato nei miei film”.
‘È STATA LA MANO DI DIO”, RECENSIONE
Il nuovo film di Sorrentino è un ‘semplice’ racconto personale, potente nella suo desiderio di una catarsi artistica del dolore e ancor più forte perché sappiamo che ciò che stiamo vedendo è anche, in parte, realmente accaduto. E allora non servono grandi movimenti di macchina per raccontare una vita, e allo spettatore non resta che guardare ad occhi aperti ciò che gli viene mostrato; come Fabietto che non sa fare altro che osservare il mondo, ma non sa che ben presto sarà anche capace di raccontare la vita, e bene, attraverso la macchina da presa.