COVID. NURSING UP: PRIMO CASO IN ITALIA DI MORTE INFERMIERE GIÀ VACCINATO.
Il Governo, le Regioni, ovvero i nostri datori di lavoro, sono obbligati a trovare le strade più idonee ed efficaci per tutelare la nostra salute, la salute dei dipendenti del SSN, di coloro che combattono per la vita dei pazienti. I nostri referenti sindacali ci raccontano che si tratta di un infermiere in pensione, ma questo non rende il fatto meno grave. E non ci piacciono per niente le parole di Giuseppe Fiorentino, primario di Pneumologia del Monaldi che, secondo quanto apprendiamo dai media, lo liquida come un caso “singolare e sfortunato”. Cosa sarebbe successo se l’infermiere fosse stato ancora in servizio? Quanti colleghi avrebbe contagiato e quanti pazienti avrebbero rischiato? Non possiamo ignorare tutto questo solo perchè l’uomo non frequentava più la realtà ospedaliera. Come è accaduto a lui, potrà accadere presto anche ad altri colleghi ancora in servizio. Alla famiglia di Gabriele Napolitano, 63 anni, una vita di sacrifici come infermiere di sala operatoria, va il mio personale cordoglio e quello di tutti gli infermieri del Nursing Up. Non possiamo, per queste famiglie, per i tanti colleghi deceduti, fermarci qui, accontentarci di sapere che, secondo qualcuno, era in fondo tutto previsto a causa della non totale efficacia dei vaccini. Non possiamo accettare che per qualcuno ci troviamo solo di fronte “ad una triste sfortuna”. Il nostro Ministro della Salute ci dica, prima possibile: come si intende agire con quegli operatori sanitari già vaccinati nei mesi di gennaio e febbraio, e quindi da più di 6 mesi? Le dosi di vaccino a cui si sono sottoposti, secondo le indicazioni dell’Oms, sono o non sono sufficienti a garantire una idonea copertura? La nostra Federazione, portavoce delle nostre istanze, intervenga per fare chiarezza. Insomma, se chi è stato vaccinato di recente rischia la vita con un nuovo contagio, cosa bisogna pensare di quei colleghi che hanno ricevuto somministrazioni da più di 6 mesi e che potrebbero già aver visto diminuire il proprio livello di immunità nei confronti del virus? Decidano e decidano in fretta in merito alla terza dose, perchè gli infermieri esposti nelle realtà degli ospedali italiani non possono certo attendere”, conclude De Palma.
Agenzia DiRE www.dire.it