CON SURRISCALDAMENTO A RISCHIO CITTA’ E CAMPAGNE (DIRE) Roma, 11 lug. – Con una temperatura superiore di 2,18 gradi alla media storica l’estate 2021 si classifica fino ad ora dal punto di vista climatologico come la seconda più calda in Italia da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1800. E’ quanto emerge dall’elaborazione Coldiretti su dati Isac Cnr relativi al mese di giugno 2021 divulgata in occasione della Conferenza internazionale sul clima al G20 di Venezia che è una delle realtà piu’ sensibili agli effetti del cambiamento climatico. “La tendenza al surriscaldamento è comune a livello globale con il mese di giugno 2021 che si classifica fino ad ora dal punto di vista climatologico come il secondo più caldo in Europa (+1,5 gradi la media storica) ed al quarto posto a livello mondiale (+0,21 gradi). Non si tratta peraltro di un caso isolato poiché a livello globale- precisa la Coldiretti- i mesi di giugno piu’ caldi si concentrano tutti negli ultimi cinque anni (2018, 2016, 2019 e 2020) a conferma del fatto che siamo di fronte ad una accelerazione”. “La tendenza all’innalzamento della colonnina di mercurio ormai strutturale in Italia dove la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo periodo e comprende nell’ordine anche il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2003. Gli effetti- sottolinea la Coldiretti- si sono già fatti sentire con il divampare degli incendi e una drastica riduzione dei ghiacciai. A preoccupare è anche l’innalzamento dei livelli del mare che secondo lo studio dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) farà crescere il livello del Mediterraneo di 20 centimetri entro il 2050 con punte di 82 centimetri nella zona della laguna di Venezia, con effetti devastanti per la città. Ma gli effetti si fanno già sentire sulle coltivazioni con l’acqua salata che sta penetra nell’entroterra e brucia le coltivazioni nei campi e costringe all’abbandono l’attività agricola alla foce del Po, per la risalita del cuneo salino, ossia l’infiltrazione di acqua salata lungo i corsi dei fiumi, rende inutilizzabili le risorse idriche e gli stessi terreni agricoli. Uno scenario già in atto che aggrava le perdite provocate dai cambiamenti climatici all’agricoltura italiana pari a 14 miliardi di euro negli ultimi dieci anni per i danni provocati alle coltivazioni e alle strutture dagli eventi estremi causati dalla tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. “L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici, ma è anche il settore più impegnato per contrastarli- sottolinea la Coldiretti- si tratta di una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla climatologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”. “Per fare ciò un intervento strategico è la realizzazione di infrastrutture a partire dai bacini di accumulo, proposto dalla Coldiretti e non a caso inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) varato dal Governo Draghi- ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “con i bacini potremmo arrivare a trattenere il 40-50% portando risorsa idrica dove non c’è, con la possibilità di triplicare le rese e combattere il dissesto idrogeologico. L’idea è di “costruire” senza uso di cemento – conclude la Coldiretti –per ridurre l’impatto l’ambientale laghetti in equilibrio con i territori, che conservano l’acqua per distribuirla in modo razionale ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione.
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