Roma – “Il vaccino autorizzato per i ragazzi tra i 12 e i 15 anni non sarà una panacea, autorizzazione non vuol dire soluzione. Sarà però importante vaccinare questi ragazzi per impedire che sacche non protette di popolazione possano dare spazio a varianti, che potrebbero rendere inefficaci o parzialmente efficaci i vaccini che attualmente stanno proteggendo gli adulti”. Ad affermarlo, interpellato dalla Dire, è Paolo Palma, responsabile del reparto di Immunologia clinica e Vaccinologia pediatrica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma (Opbg), che spiega anche come si dovrà procedere con la vaccinazione sui giovanissimi una volta che l’agenzia del farmaco europea, l’Ema, e la nostra Aifa si esprimeranno a favore del vaccino Pfizer per ragazzi dai 12 ai 15 anni, approvato per ora solo negli Stati Uniti.
“Il vaccino autorizzato dalla FDA- entra nel dettaglio il primario- è identico a quello somministrato agli adulti ed è stato inoculato su 2.260 ragazzi tra i 12 e i 15: la sperimentazione con il siero di Pfizer ha dimostrato che il farmaco è sicuro ed immunogenico, ovvero è risultato efficace nel 100% dei ragazzi arruolati e sottoposti alla vaccinazione. C’e’ un ruolo degli ormoni nel modificare la risposta immunitaria nella fascia di età coinvolta da questa sperimentazione, ma non sembra aver giocato a sfavore. L’efficacia era un risultato atteso, anche coadiuvato dalla migliore risposta immunitaria dei giovanissimi”.
Per diversi mesi si è pensato che un vaccino per i ragazzi non fosse così determinante, visto che sembravano ammalarsi poco o nulla, ma non è così secondo Palma, che spiega: “I ragazzi si infettano in questa fascia di età in modo anche elevato. Anzi, hanno un ruolo nella trasmissione del virus in ambito familiare, come ha dimostrato una ricerca recente. È altresi’ vero che i ragazzi sviluppano la malattia come asintomatici o paucisintomatici. Il razionale della vaccinazione di questa fascia di età, però, si spiega con un intervento di salute pubblica- sottolinea l’immunologo del Bambino Gesù- dobbiamo evitare che restino sacche non protette di popolazione dove possono generarsi delle varianti, anche in grado di ‘bucare’ il vaccino a cui sono stati sottoposti gli adulti”.
Questo non ci permetterà di traghettarci verso l’immunità di gregge, sostiene Palma e aggiunge: “L’immunità di gregge è un termine improprio perché questi vaccini non ci danno la possibilità di interrompere la circolazione del virus ma ci consentono di rallentare e ridurre fortemente letalità e severità della malattia. Quando arriverà questo vaccino per gli adolescenti dovremmo infatti replicare il modello eseguito per gli adulti: proteggere subito i giovani pazienti con fragilità, oncologici o con malattie rare e immunologiche, trapiantati e sottoposti a terapie immunosoppressive. Questo garantirà una protezione in tutta la popolazione: saremo ancora nella fase 1, non ancora in grado di eliminare il patogeno, ma capaci di convivere pacificamente con il virus”, conclude Palma.
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