MARE. AMI: BLUE ECONOMY E PESCA SOSTENIBILE PER NUOVO MODELLO SVILUPPO.

RAPPRESENTANZA IN ITALIA CE: ‘STOCK ITTICI SUPERIORI DEL 50% RISPETTO A 2003’ (DIRE) Roma, 11 apr. – In occasione della Giornata nazionale del Mare dell’11 aprile torna in primo piano il dibattito sul passaggio dalla ‘green’ alla ‘blue economy’, prospettiva che trova nell’osservazione dei processi naturali un nuovo paradigma di gestione delle risorse e della produzione. Ne e’ convinto anche Alessandro Botti, presidente dell’associazione Ambiente Mare Italia (Ami), che guarda alla ‘blue economy’ come a “un modello di riferimento basato su durabilita’ e rinnovabilita’- spiega in un’intervista all’agenzia di stampa Dire- perche’ permette di passare da un’economia lineare in cui ‘tutto si produce perche’ tutto si consumi’, a un’economia circolare, in cui cio’ che si produce e’ gia’ pensato per essere materia di ulteriore utilizzo”. Ma come si puo’ passare dalla cultura dell’usa e getta e dell’obsolescenza programmata a quella del riciclo e del riutilizzo delle risorse, senza subire contraccolpi? Guardando alle “infinite potenzialita’” della ‘blue economy’, in cui, una buona fetta del vantaggio, “oltre alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente naturale”, consiste proprio nella “creazione di nuovi posti di lavoro e professionalita’”, mettendo al centro proprio “il mare- osserva Botti- Dobbiamo investire in infrastrutture che permettano non solo una pesca e un’acquacoltura piu’ sostenibili o un trasporto mercantile che non abbia impatto a causa degli sversamenti di liquami, dell’uso di combustibili non raffinati o dell’inquinamento acustico- continua- ma che possano cogliere le grandissime opportunita’ che il mare offre, ad esempio, nella produzione delle energie rinnovabili”.

Come dimostra “il piu’ grande parco eolico offshore del mondo inaugurato nel Mare del Nord nel 2019- osserva il presidente di Ambiente Mare Italia- o la stagione positiva che sta vivendo il mondo della pesca, anche in Italia, sempre piu’ orientato in favore della sostenibilita’”, con “l’attenta scelta degli stock ittici in base alle aree di cattura e ai periodi, ai metodi di cattura a basso impatto, alla riduzione dell’inquinamento dei mezzi utilizzati e all’eliminazione della plastica rilasciata nell’ambiente”. Esperienze incoraggiate dalla Commissione europea, che negli ultimi anni proprio sul mare e sulla pesca sostenibile ha incentrato alcuni dei piu’ importanti obiettivi green da raggiungere nel medio e lungo periodo, nell’ottica che da mari in buona salute dipenda non solo la tutela della biodiversita’ e degli ecosistemi, ma anche il mantenimento di una riserva di stock ittici. “La comunicazione annuale sui progressi della pesca sostenibile e gli orientamenti per il 2021 pubblicato a giugno 2020- spiega all’agenzia Dire Claudia De Stefanis, a capo del team Comunicazione della Rappresentanza in Italia della Commissione europea- indica notevoli miglioramenti: il volume degli stock ittici e’ superiore del 50% rispetto al 2003, segno che le politiche di gestione della pesca dell’Unione Europea hanno funzionato. Una pesca sostenibile e’ necessaria per conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo e in particolare gli obiettivi della strategia sulla biodiversita’ e della strategia ‘dal produttore al consumatore’- sottolinea- Molto, pero’, c’e’ ancora da fare, anche nel Mediterraneo, per la conservazione delle risorse ittiche”.

Anche a partire dai comportamenti di consumo individuali: “L’Ue ha pensato di sensibilizzare i consumatori con una campagna di comunicazione che in Italia e’ stata intitolata ‘Il mare in bocca’- ricorda De Stefanis- l’obiettivo e’ far capire l’importanza di acquistare e consumare pesce da pesca sostenibile”. Inoltre, quest’anno “la Commissione europea prevede di presentare un piano di azione per la conservazione delle risorse ittiche e la protezione degli ecosistemi marini, in linea con l’importante strategia adottata dalla Commissione europea a maggio dell’anno scorso sulla biodiversita’, pilastro del Green Deal”, con “il 30% dei nostri mari che entro il 2030 dovra’ essere costituito da Aree marine protette (Amp)”. L’impegno strategico del Vecchio Continente si avvale della “dinamica fruttuosa sviluppata tra Commissione e Parlamento europeo”, che “sta portando verso una legislazione in materia di controllo della pesca che dovrebbe introdurre alcune importanti innovazioni- fa sapere De Stefanis- tra cui la localizzazione elettronica di tutti i pescherecci, la digitalizzazione delle informazioni sulle catture e il miglioramento della tracciabilita’ dei prodotti della pesca”, con l’obiettivo anche “di armonizzare le sanzioni in tutta l’Ue”. Punti contenuti nella proposta di revisione del sistema di controllo della pesca della Commissione e accolti dal Parlamento, che invece “non concorda sull’installazione di telecamere a circuito chiuso per il controllo dell’obbligo di sbarco”. L’Europa, dunque, si prepara alla svolta “con obiettivi di lungo termine al 2050 e strategie settoriali che contribuiscono al Green Deal in un orizzonte temporale piu’ corto. Il 2050 e’ il punto di non ritorno, ma dobbiamo vedere realizzati degli obiettivi gia’ entro il 2030. Abbiamo solo nove anni per conseguirli- conclude De Stefanis- occorre fare presto”.

Agenzia DiRE  www.dire.it

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