“La scienza è opinabile ma non dovrebbe esserlo. Io ho sostenuto, ma a questo punto mi piace dire che la verità processuale ha sostenuto la tesi che noi avevamo propugnato fin dall’inizio. D’altronde quando si scrive una sentenza di condanna così ben argomentata, vuol dire che le tesi, in questo caso la nostra, hanno un accoglimento scientifico”. A parlare con l’agenzia Dire è Vittorio Fineschi, consulente della famiglia di Stefano Cucchi, il geometra romano morto a seguito delle percosse ricevute dopo il suo arresto.
Il lavoro del professor Fineschi, medico legale con alle spalle anni di esperienza in casi di cronaca, è stato determinante soprattutto nel processo in Corte d’Assise per la morte di Cucchi, perché è riuscito a ricostruire la ‘catena causale’ che determinò il decesso di Stefano nel 2009. Per questo due carabinieri sono stati condannati per omicidio preterintenzionale e ora si attende a marzo la sentenza d’appello.
Fineschi, in sintesi, sostiene che senza pestaggio Stefano non sarebbe morto.
Ma come è possibile che una causa di morte possa essere interpretata in maniera diversa da accusa e difesa? La scienza è opinabile?
“La scienza dovrebbe essere una, dovrebbe essere unica, e tutti dovremmo seguire una medicina basata sulle evidenze- risponde il professor Fineschi alla Dire- Purtroppo però ci confrontiamo su problemi biologici e la biologia non è mai esatta, quindi anche i decorsi propri di una malattia variano da persona a persona. È questo che comporta la diversità di opinioni. Poi il processo è fatto anche di testimonianze, di circostanze, di tanti fattori che per essere assorbiti nella scienza devono essere ben ponderati. Infine mi sia consentito dire che purtroppo è un ‘gioco delle parti’ e ogni parte cerca di accreditare una verità diversa. Questo non giova alla serietà della scienza, ma credo che da molti anni ci sia una griglia valutativa- conclude- che consente alla scienza di dire nei processi quale è ‘buona’ e quale è ‘cattiva’”.
Agenzia DiRE www.dire.it