Sciatori avvisati: difficile aprire le piste dal 7 gennaio.
di Mattia Cecchini
Valeria Ghezzi, presidente dell’associazione delle aziende funiviarie, ha forti dubbi sulla riapertura degli impianti dopo le feste: “Non abbiamo ancora avuto alcun protocollo dal Cts”.
BOLOGNA – E adesso non è detto che il 7 gennaio si possa tornare a sciare. “Se avessimo avuto una risposta sulle aperture staremmo già lavorando per aprire. Abbiamo una situazione sanitaria che non tranquillizza. Oggi c’è grande incertezza e non sappiamo se realmente il 7 gennaio potremo aprire. È difficile pensare a come aprire non avendo un protocollo approvato dal Cts, soprattutto. Se non lo approvano entro Natale, ed è impensabile arrivati a questo punto, il 7 non potremo aprire”. A spiegarlo è stata oggi la presidente dell’Anef (l’associazione delle aziende funiviarie), Valeria Ghezzi, in un incontro online organizzato da Skipass, la fiera italiana del turismo e degli sport invernali, per fare il punto della situazione sull’apertura della stagione invernale.
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“I governatori dei territori di montagna hanno fatto di tutto per darci una mano, la speranza che ci resta è riuscire ad aprire nella seconda metà di gennaio, che a oggi è l’obiettivo realistico, ma serve che calino i contagi per ottenere questo- spiega ancora Ghezzi- abbiamo scritto a diversi membri del governo, anche tramite Confindustria, ma ad oggi non abbiamo ancora raccolto certezze sul futuro. Mi sono resa conto che vista l’evoluzione della situazione pandemica è molto difficile avere un confronto risolutivo su questi temi”. Il problema non è, però, solo nazionale. “Con l’Austria che aprirà e la Svizzera che non ha mai chiuso, spero che anche in Italia si capisca che non possiamo essere l’unico territorio delle Alpi a non aprire. Anche i francesi hanno un obiettivo di apertura e una chiarezza sui ristori, cosa che a noi manca completamente. Noi siamo tutti pronti, nel momento in cui si potesse aprire, a rimboccarci le maniche e farlo nel tempo più breve possibile, ma abbiamo bisogno di risposte che non arrivano”, insiste Ghezzi.
L’impatto economico della chiusura del turismo bianco resta centrale nell’analisi dell’emergenza: “Dai conti che ho fatto, sul piano economico conviene aprire, se si riesce a farlo, entro fine gennaio o al massimo ai primi di febbraio. Se si andasse oltre non converrebbe più. Intanto per un motivo strettamente economico: non guadagneremmo, ma potremmo ridurre i debiti. Poi, per tenere in vita le nostre stazioni dando lavoro alla nostra gente e mantenere la montagna in vita. Noi vogliamo aprire- conclude Ghezzi- faremo il possibile e anche l’impossibile, seppure tra mille incertezze, però non vogliamo e non dobbiamo illudere nessuno”. Dice però anche che ormai “questa non è solo una sciata, ma una questione di vita o di morte. È un pezzo di economia del Paese che rischia di scomparire. E finora non sono stati stanziati adeguati ristori per i lavoratori del settore, gran parte dei quali sono stagionali, così da aiutarli ad affrontare questa crisi così lunga”.
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