“INSIEME A DISTANZIAMENTO E USO MASCHERINE” (DIRE) Roma, 16 nov.– “Speriamo nel vaccino: ne abbiamo undici, al momento, che sono arrivate alle ultimi fasi. Ma non sappiamo se questo costituira’ la soluzione ai nostri problemi. A mio avviso sara’ una delle soluzioni, assieme a tante altre: proprio quelle che abbiamo imparato negl ultimi mesi, dal distanziamento alle mascherine, che dovremo portare avanti anche quando il vaccino sara’ confermato”. E’ quanto sostenuto da Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri IRCCS, durante la sessione finale del Festival della Salute Globale di ieri sera. “Per esprimersi sull’efficienza dei vaccini- spiega Remuzzi-occorrerebbe vedere qualcosa di pubblicato. Al momento le uniche cose pubblicate riguardano un vaccino russo, un lavoro discreto ma non impeccabile, che lascia aperti ancora molti interrogativi. In merito al vaccino di Pfizer, invece, abbiamo dei comunicati stampa del produttore, ma non abbiamo altro su cui basarci. E quello che c’e’ non e’ chiaro, e non fa capire cosa significhi quel “90% di protezione”. Si puo’ intuire qualcosa, ma non ne siamo sicuri, perche’ il lavoro non e’ pubblicato. Ci sono ancora troppe incognite in ballo per potersi pronunciare con certezza, ma sono cosi’ tanti i grandi gruppi che stanno lavorando per realizzare il vaccino che si puo’ essere relativamente ottimisti sul fatto che nel giro di qualche mese il vaccino ci sara’. Certo, non subito per tutti”.
I PRINCIPALI DIFFUSORI DELLA PANDEMIA E LE TERAPIE “Occorrera’ prestare particolare attenzione- afferma ancora Remuzzi– a chi diffonde principalmente l’epidemia: i giovani, tra i 20 e i 30 anni. I bambini sono relativamente risparmiati, sebbene si possano infettare tra loro, mentre gli anziani sono quelli che rischiano maggiormente. Le terapie non ci sono, questo remdesivir fa qualcosa, ma non molto, mentre le altre terapie utilizzate sono quelle che solitamente servono per fronteggiare questi sintomi. IL PROBLEMA DELL’ORGANIZZAZIONE SANITARIA TRA NORD E SUD“Quello che vorrei sottolineare- conclude il direttore Remuzzi– e’ che se noi avessimo un’organizzazione capace di intervenire su questa malattia sin da subito, con farmaci estremamente semplici, molti dei malati che arrivano in ospedale non ci sarebbero, non gravando quindi sul nostro sistema sanitario. La nostra preoccupazione oggi e’ quella di curare i malati, e per farlo il sistema sanitario non dovrebbe essere sottoposto a uno stress eccessivo. Sono convinto che al Nord la situazione sia molto diversa che al Sud. Ed e’ soprattutto il secondo a preoccuparmi: qui l’organizzazione della salute, in termine di strutture, apparecchiature, logistiche e operatori, e’ piu’ debole”.
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