sono passati 102 anni dall’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti e quindi dalla vittoria del Regno d’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Il giorno prima le truppe italiane erano entrate a Trento e sbarcate a Trieste coronando il sogno dei padri del Risorgimento, raggiungendo finalmente l’unità nazionale insperata, agognata, fortemente voluta con lo stesso spirito che animava i patrioti rinchiusi al carcere dello Spielberg, i soldati piemontesi a San Martino ed i garibaldini a Calatafimi, i bersaglieri a Porta Pia ed i veneziani nel 1866.
Sulle pietraie del Carso, sui monti del Veneto, le jungeriane “tempeste d’acciaio” hanno forgiato una generazione, sono state realmente la fucina dell’unità nazionale di corpo e spirito, sancita dall’uniforme grigioverde. Per la prima volta nella breve storia dell’Italia unita, contadini analfabeti e giovanissimi studenti borghesi combatterono fianco a fianco vivendo le stesse spaventose esperienze.
La Grande Guerra obbligò il Paese alla mobilitazione totale; non solo i soldati al fronte ma anche le donne nelle industrie e nei servizi, i lavoratori, l’intera popolazione civile fu coinvolta a vario titolo nello sforzo bellico nel nome della vittoria.
Oggi la pandemia e la crisi sociale ed economica ci obbligano allo stesso immane sforzo, alla stessa collaborazione, alla stessa volontà di restare uniti che fu dei nostri nonni e bisnonni. Istituzioni, Forze Armate e dell’Ordine, Associazioni d’Arma e di Volontariato e cittadini stanno combattendo la più dura battaglia di questa generazione e lo stanno facendo collaborando, rispettando e facendo rispettare le regole.
Oggi non abbiamo la soluzione in tasca, ci troviamo di fronte non ad un bivio ma ad un baratro, proprio come chi nel 1915 si preparava alla guerra e nei quattro anni successivi l’affrontò chiedendosi cosa ne sarebbe stato di lui il giorno dopo. Avremo la forza di reagire e di difendere quel che abbiamo costruito nel corso degli anni solo svolgendo ognuno il proprio compito.
Comprendo che la paura possa essere il sentimento più forte nel cuore di ognuno di noi, ma dopo la paura arriva – naturalmente – il coraggio. Quello che vi chiedo, quello che spero saremo tutti in grado di fare, è di essere coraggiosi e di prendere esempio da chi, immolandosi nelle trincee, centodue anni fa, consegnò all’Italia la sua vittoria.
Anche noi avremo, ne sono certo, il “nostro 4 novembre” di vittoria contro il virus e contro le conseguenze nefaste che porta con sé.
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