Prospettiva integrata, rispetto della complessità, promozione dello sviluppo e del benessere del bambino.
Roma, 21 ottobre – “Partirò dal definire in cosa consiste un’osservazione di tipo neuroevolutivo e psicodinamico del bambino piccolo all’interno di una cornice neurobiologica, quella in cui si muove lo sviluppo, che sappia integrare i fattori di tipo genetico/epigenetico con quelli ambientali, in primis gli aspetti relazionali precoci, l’osservazione clinica e la storia di ciascun bambino”. Sarà questo, in sintesi, il fulcro dell’intervento su ‘La valutazione integrata nell’infanzia’ di Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile e responsabile dell’Area clinica specialistica dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), nel corso delle giornate precongressuali dell’Istituto, in diretta streaming sabato e domenica sul sito Ortofonologia.it.
Cosa significa valutare un bambino piccolo? “Significa osservarlo consapevoli della complessità dell’età evolutiva, consapevoli degli equilibri e dei livelli di integrazione fra le diverse aree di sviluppo, consapevoli di quanto sia importante la promozione dello sviluppo psicomotorio e del benessere psicofisico già nei primi anni di vita, a volte ancor più di una diagnosi “anticipata”. Rimane fondamentale per i casi conclamati la diagnosi precoce dalla quale dovrebbe derivare un intervento terapeutico o abilitativo o educativo altrettanto precoce e quanto più individualizzato possibile. Molto spesso –puntualizza la neuropsichiatra infantile IdO– osserviamo già nella prima infanzia campanelli di allarme, fattori e processi di rischio sui quali è possibile intervenire a supporto dei genitori e degli educatori affinché sia garantito al bambino un ambiente accogliente e rispettoso del suo stile di funzionamento, che gli consenta l’espressione del suo potenziale”.
Grande attenzione verrà quindi posta alla diagnosi differenziale, ovvero “a tutti quei quadri che da zero a cinque anni possono sovrapporsi in termini di espressività sintomatologica e/o comportamentale, seppur con matrici fortemente differenti tra loro- continua Vanadia– che richiedono, quindi, modalità di intervento specifiche e differenziate. Tutto ciò può avvenire soltanto attraverso una costante collaborazione con il pediatra e i genitori, i primi che spesso individuano anomalie o disarmonie dello sviluppo. A tal proposito, relativamente all’individuazione precoce dei bambini a rischio per disturbi dello spettro autistico, cito uno studio di Volkmar del 2008 -conclude la responsabile dell’Area clinica specialistica IdO- nel quale è riportato che le prime preoccupazioni dei genitori risalgono al primo anno di vita nel 50% dei casi fino al 90% entro i 24 mesi”.
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