Er è un soldato valoroso, che, caduto in battaglia, dopo dieci giorni viene ritrovato intatto fra i cadaveri. Due giorni dopo, messo sul rogo per essere cremato, ritorna in vita, con la memoria del mondo dell’aldilà, e narra ciò che ha visto.
Una volta uscita dal suo corpo, la sua anima giunge in un luogo divino. I giudici gli ordinano di ascoltare e guardare tutto quello che succede, per poterlo raccontare. Dalla voragine celeste e dalla voragine terrestre escono le anime, reduci da un viaggio di mille anni. Il viaggio sotterraneo è un viaggio di espiazione. Dopo sette giorni, le anime camminano per quattro giorni, finché non vedono una luce simile all’arcobaleno, che tiene insieme tutta la circonferenza del cielo. La figlia di Ananke, la divinità che rappresenta la necessità o il destino ineluttabile, dice: “anime, che vivete solo un giorno, comincia per voi un altro periodo di generazione mortale, portatrice di morte. Non otterrete in sorte un dàimon, ma sarete voi a scegliere il vostro dàimon. La virtù è senza padrone e ciascuno ne avrà di più o di meno a seconda che la onori o la spregi. La responsabilità è di chi sceglie; il dio non è responsabile. Il destino è inalterabile”.
Saper scegliere una vita giusta e scartarne una ingiusta, commenta Socrate, è importante, per raggiungere la massima eudaimonìa. Er racconta infatti che un’anima, dopo aver praticato la virtù solo per abitudine, scelse la vita di un tiranno, per accorgersi subito dopo che sarebbe stata una vita di dolori e sciagure. La maggioranza sceglie sulla base delle abitudini della vita precedente: Agamennone scelse la vita di un’aquila, e Odisseo, stanco di avventure, la vita tranquilla di un uomo qualunque.
Dopo la scelta, le anime ottengono dalle Moire il proprio dàimon. Tutti – tranne Er – sono obbligati a bere l’acqua, che fa dimenticare. Poi le anime si addormentano e, a mezzanotte, con un terremoto, sono lanciate nell’avventura del nascere. Er, che non ha bevuto l’acqua del Lete, si sveglia sulla pira funeraria, con la memoria del suo mito. Memoria che – conclude Socrate – anche noi potremo conservare, se attraverseremo bene il Lete e seguiremo la via ascendente della giustizia e del discernimento, per trovarci bene in questo mondo e nell’altro millenario cammino.
Platone, Repubblica, X 614a-621d
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