Roma – “La Bolivia arriva a queste elezioni nel mezzo di una profonda crisi sociale, economica e sanitaria. La nostra politica non sembra in grado di dare alcuna risposta, consumata com’e’ da una lotta per il potere scollegata da tutto, combattuta alle spalle della popolazione”. A parlare con l’agenzia Dire e’ Javier Gomez, economista nativo di La Paz, dal 2007 alla guida del Centro de Estudios para el Desarrollo Laboral y Agrario (Cedla).
Da 35 anni questa organizzazione mira a sviluppare, attraverso
lo studio e l’analisi, l’incidenza politica delle classi lavoratrici, soprattutto rurali.
L’intervista si svolge a pochi giorni dalle elezioni generali,
previste per domenica. La data del voto e’ stata fissata dopo tre
rinvii, causati ufficialmente dalla pandemia di Covid-19. Alle
elezioni si arriva dopo un anno di tensioni e lotte tra varie
anime politiche, spesso degenerate in violenze. Una crisi che
Gomez definisce “traumatica”, che vede il suo inizio nelle
elezioni dell’ottobre 2019: le opposizioni e parte della
popolazione hanno contestato l’annuncio della vittoria del
presidente uscente Evo Morales. A mettere fine al conflitto e’
stato un intervento dell’esercito, che ha costretto il capo di
Stato alla fuga e portato al potere l’attuale presidente ad
interim, Jeanine Anez.
Il presidente del Centro de Estudios para el Desarrollo Laboral y Agrario suggerisce che il dissesto della politica boliviana e’ di ancor piu’ lunga durata, rafforzato anche dal “referendum costituzionale del febbraio 2016, che aveva conferito a Morales i poteri per chiedere un quarto mandato”. La lotta politica ha allontanato gli amministratori dalla popolazione, denuncia Gomez, contribuendo a una depressione economica che la
pandemia sta accentuando in modo ulteriore.
Gomez fornisce alcune coordinate: “Oggi il 60 per cento della
popolazione si mantiene su base giornaliera con lavori informali, mentre un dieci per cento e’ formalmente disoccupato. Questo significa che il 70 per cento dei boliviani vive in una situazione di vulnerabilita’ economica”.
Secondo Gomez, e’ questo il contesto di un anno di violenze
tra “i militanti dell’estrema destra e i movimenti affini
Movimiento al socialismo dell’ex presidente”.
Il presidente del Cedla sottolinea che “la gente e’ stanca” e
che questo stato di prostrazione portera’ a un esito netto delle
elezioni: “Il candidato del centro-destra, l’ex presidente Carlos
Mesa, vincera’ di dieci punti staccando Luis Arce, del Movimiento
al socialismo”. Un voto “alla ricerca della stabilita’”, lo definisce Gomez, “figlio piu’ della voglia di tornare alla normalita’ che alla scelta ponderata della parte migliore in campo”.
Le responsabilita’ della sinistra sono pero’ molte, secondo
Gomez. “Morales e’ stato al potere 14 anni, dal 2005” sottolinea
l’esperto. “In questo lungo periodo ha varato una serie di misure
di espansione della spesa pubblica che hanno migliorato
nell’immediato la capacita’ di consumo delle classi popolari ma
non hanno modificato nulla della debole struttura produttiva del
Paese”. Un elemento al quale si aggiunge, secondo Gomez, il fatto di non aver migliorato la previdenza sociale: “A oggi solo un
lavoratore su cinque ne puo’ usufruire”.
Secondo il presidente del Centro de Estudios para el
Desarrollo Laboral y Agrario, pero’, c’e’ uno spiraglio di
speranza: “Stiamo osservando sempre di piu’ tentativi di
democratizzazione degli spazi, soprattutto urbani, a partire dal
basso; la gente trasforma cio’ che non gli e’ piu’ utile e spero
che la politica se ne accorga”.
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