Roma – “Noi tutti i giorni ci interroghiamo su quella notte. Non credo che verra’ mai fuori la verita‘, ormai avremo solo quella processuale”. Marina Conte, la mamma di Marco
Vannini, risponde cosi’, intervistata dall’agenzia Dire, alla
domanda se ci sia ancora spazio per la ‘verita” sulla tragica
notte del 17 maggio 2015 a Ladispoli quando, appena ventenne, il figlio Marco venne ucciso in casa della fidanzata, Martina
Ciontoli. La sentenza dell’appello bis ha condannato Antonio
Ciontoli, il suocero, a 14 anni per omicidio volontario, i due
figli, Federico e Martina, e la moglie di Ciontoli, Maria
Pezzillo, a 9 anni per concorso in omicidio volontario.
“I Ciontoli- dice ancora Marina- continuano a mantenere quella
linea difensiva e l’unico che poteva dire la verita’, oltre a
loro, e’ Marco che non c’e’ piu’. All’inizio chiedevamo giustizia
e verita’, oramai la verita’ l’abbiamo accantonata. Quando venne
Luciano Garofano – l’ex Generale dei RIS perito dei Vannini –
disse: ‘Finitela di pensare a quella notte o non avrete mai
pace’. Noi invece vogliamo trovarla una pace interiore-
sottolinea Marina- affinche’ anche Marco possa riposare in pace.
L’importante e’ che la giustizia abbia riconosciuto i diritti a
nostro figlio”. E proprio su questo papa’ Valerio aggiunge: “Ci
siamo sempre battuti per la condanna per omicidio volontario”
piu’ che per il numero di anni, come piu’ volte entrambi i
genitori hanno dichiarato a commento della sentenza. “Quando
hanno sparato a Marco- ribadisce Valerio Vannini- lo hanno
ferito, la morte e’ stata causata per la loro volonta’ di non
soccorrerlo, come e’ stato dimostrato nel processo”.
Sull’assoluzione di Viola Giorgini, l’ex fidanzata di Federico
Ciontoli e l’unica presente in quella casa a non essere stata
condannata, Marina Conte preferisce non commentare: “Quando
avremo le carte dell’appello bis vedremo”. Papa’ Valerio
aggiunge: “Lo ha detto il giudice in Aula” quel che pensa di lei.
Era stata proprio Viola Giorgini a rimproverare ai Vannini la
mediaticita’ e a dire ‘quanto il processo mediatico le avesse
rovinato la vita’. Tesi che l’avvocato della difesa ha ripreso
parlando di ‘sentenza mediatica’ e usata anche dallo stesso
Antonio Ciontoli in aula con l’affermazione di una ‘realta’
romanzata’ dai media.
“Siamo stati anche criticati perche’ siamo andati nei salotti
televisivi, ma noi non avremmo mai voluto. Avremmo preferito
stare a casa nostra, beati, con nostro figlio. Finalmente il 30
settembre e’ arrivata la sentenza che attendevamo da 5 anni. Il
mio e’ stato un grido liberatorio, di contentezza. Ebbene si’- ha
ammesso Marina- perche’ questa sentenza restituisce rispetto a
mio figlio. Quello che hanno detto i Ciontoli in questi anni gli
aveva tolto sia giustizia che rispetto. Dovrebbe essere palese
sin dall’inizio che la giustizia deve stare dalla parte delle
vittime e invece sembravamo noi i carnefici”.
La mamma di Marco Vannini ribadisce: “Attraverso i media
abbiamo potuto mettere tutti a conoscenza di quello che era
successo in quella casa. All’inizio si parlava di incidente
domestico e invece si e’ trattato di omicidio volontario e di
concorso. Bastava ascoltare le due telefonate al 118 e la
perizia”. “C’e’ stato clamore- aggiunge papa’ Vannini- non
perche’ noi siamo stati bravi a confondere la gente, i media
hanno fatto vedere quello che e’ successo, dalle intercettazioni
in poi, e ogni italiano ha ragionato sulle cose avvenute in
quella che era la casa della ‘seconda famiglia’, come sembrava,
di nostro figlio”.
In memoria di Marco nasceranno progetti e attivita’ per i
giovani, per chi e’ in difficolta’. Il libro ‘Mio figlio Marco’
scritto con Mauro Valentini (Armando Editore) e’ stato realizzato
anche per questo, come testamento per altri giovani: “Marco
continuera’ a vivere- dice sua madre- con la nostra parte dei
proventi a Cerveteri e Ladispoli si realizzeranno attivita’
sociali per i giovani. Se fosse ancora tra noi avrebbe voluto
aiutare chi era in difficolta’. Continueremo a coltivare questo
desiderio e poi vedremo con il tempo”.
Mamma e papa’ Vannini sono diventati per l’opinione pubblica
icone di coraggio. “Io mi sento solo una mamma che voleva
giustizia per il figlio“, dice Marina. “Sono sempre stata forte
di mio e di fronte alle bugie che ho sentito, in me e’ nata una
forza quasi disumana. A chi ha subito ingiustizia dico di non
demordere e di lottare”.
“La perdita di un figlio ti spezza il cuore- dice Valerio- se
non vai in depressione, come speravano, la forza di lottare per
la giustizia ti viene da dentro. Il processo non e’ ancora
finito- ricorda- e noi lotteremo fino alla fine. Lo abbiamo
promesso a Marco”.